Video shock che ha fatto il giro del mondo: 57% degli israeliani contrari all'arresto del soldato killer


di Paola Di Lullo
Due uomini. Un Palestinese, un israeliano. Il primo, armato della sua videocamera, il secondo del suo mitra. Il primo, minacciato di morte dai coloni israeliani che hanno giurato di dare fuoco alla sua casa, il secondo in attesa di giudizio da un tribunale israeliano. Il primo, barricato in casa con la famiglia e con alcuni attivisti, palestinesi ed internazionali dell'ISM, che si danno il cambio per non lasciarli soli; il secondo, a piede libero da ieri.

Sono Imad Abushamsiya ed Elor Azarya. La mattina dello scorso 24 aprile, a Tel Rumeida, uno dei cinque insediamenti israeliani presenti in Khalil, caso unico di tutta la Palestina, dove gli insediamenti illegali si trovano al di fuori delle città, si consuma un duplice omicidio.

Le foto ed il video che arrivano dalla zona mostrano un palestinese a terra, presumibilmente morto, in una pozza di sangue. Si scoprirà che si chiama Ramzi Aziz Alqasrawi, che ha 21 anni e che avrebbe ferito un soldato dell'IDF. In realtà le foto mostrano un soldato israeliano, a torso nudo, che riceve le cure dai medici e paramedici dell'ambulanza. Sarà dichiarato "leggermente ferito". Ma a terra, lì a Tel Rumeida, dove abita Imad Abushamsiya, c'è un altro palestinese, ferito, ma vivo. È Abdul Fattah Alsharif, 21 anni anche lui, accusato dello stesso reato. Da annotare che, sulla scena, verrà rinvenuto un solo coltello.

Ma è guardando il video che, d'un tratto, si sobbalza. L'inquadratura si sofferma sul giovane Abdul, sulla sua testa. Sta per passare un furgone. Poco distante, il tenente colonnello David Shapira del Battaglione Shimshon parla con il suo soldato Elor Azarya, indicando il giovane palestinese a terra, ferito e disarmato. Il soldato carica il mitra e spara. Il furgone passa. La videocamera inquadra la testa di Abdul, ormai morto, che perde sangue e materia cerebrale. Perché? Perché, non solo Abdul non è stato soccorso dai medici e paramedici delle ambulanze di cui la zona era piena, ma soprattutto, perché è stato ucciso a bruciapelo?



L'udienza, tenutasi ieri, a carico di Elor Azarya ha stabilito che il soldato sarà processato per omicidio colposo e non volontario, perché ha agito senza intenzionalità. Il colpo da lui sparato, quel colpo con cui, a sangue freddo, è stato giustiziato Abdul, è stato considerato un atto di autodifesa. Elor Azarya aveva paura che Abdul avesse indosso una cintura esplosiva e stesse per azionarla. Ma la cintura non c'era. La decisione non ha tenuto conto nemmeno delle testimonianze di alcuni soldati presenti al momento dell’uccisione del palestinese che, in questi giorni, avevano riferito alla corte di aver sentito il loro collega dire "Il terrorista è vivo e merita di morire".

Il video, girato da Imad Abushamsiya, e diffuso dall'associazione israeliana non governativa B'Tselem, fa il giro del web e del mondo. Imad, diventa, suo malgrado, famoso. Tristemente famoso per la sua lucidità a mano ferma. Per il suo coraggio. Tutti lo cercano. Rilascia interviste. Qui, il link della sua intervista ad Al Jazeera.
Ma la telefonata anonima "daremo fuoco alla tua casa, con te e la tua famiglia dentro, come è avvenuto per la famiglia Dawabsheh" non si fa attendere. La sua foto, con su impresso WANTED, comincia a circolare sulle bacheche sioniste, dove viene definito "cane".



Da Khalil giungono richieste di aiuto per proteggere Imad e la sua famiglia. Attivisti locali e membri del Team di Khalil dell'ISM si danno il cambio nella sua casa, dove, nella notte tra martedì e mercoledì scorso, i soldati israeliani fanno addirittura irruzione per controllare i documenti di tutti i presenti.

Intanto, in Israele, aumentano le azioni in supporto del militare, sospeso ed arrestato. La destra insorge contro Netanyahu che aveva condannato l’uccisione sommaria del palestinese e approvato l’arresto del militare. Un eroe, per la maggior parte degli israeliani.

Da Gerusalemme, Michele Giorgio dà notizia di un sondaggio della rete televisiva Channel 2, secondo il quale il 57 % degli israeliani è contro l’arresto del soldato ordinato dalla procura militare. La pluralità degli intervistati, il 42 %, descrive la sua azione "responsabile", mentre il 24 % pensa che l’uccisione del palestinese sia stata una reazione naturale. Solo il 19 % ha detto che il soldato è andato oltre gli ordini ricevuti e appena il 5 % parla di omicidio e approva la posizione presa da Netanyahu e dall’esercito. Numeri allarmanti. Numeri di un paese che dell'odio razziale ha fatto la sua bandiera. Così come dell'occupazione, dell'apartheid, della negazione dei diritti umani ed internazionali. Un paese che non rispetta alcuna legge né convenzione. Un paese con facoltà di uccidere.

Ben diversa la posizione palestinese che, dall'inizio dell'Intifada di Gerusalemme, lamenta che la maggior parte dei veri o presunti attentatori, sono stati immotivatamente uccisi sul posto, mentre avrebbero potuto e dovuto essere disarmati, qualora fossero stati armati, arrestati e processati. Non solo. In questi mesi, anche esponenti di governi stranieri, di istituzioni internazionali e dei centri per i diritti umani hanno accusato Israele ed il suo esercito di "esecuzioni extragiudiziali".
Lo stesso capo di stato maggiore israeliano, il generale Gadi Eisenkot, a febbraio, aveva detto di essere contrario all’uccisione sommaria, sul posto, di palestinesi responsabili di attacchi. Le attuali regole d’ingaggio, diceva, sono "soddifacenti e corrette". Le truppe "possono agire solo se c’è pericolo di vita". Ed aggiungeva che "L’Esercito non può agire per slogan del tipo ‘se qualcuno vuole ucciderti, uccidi tu per primo’ o ‘chiunque porti delle forbici dovrebbe essere ucciso’… Non voglio vedere un soldato svuotare il suo caricatore su ragazzine con le forbici". Parole cadute nel vuoto.
Il link del video di Imad per B'Tselem :
https://www.youtube.com/watch?v=S8WK2TgruMo&feature=youtu.be
Fonti : Middle East Monitor
Mondoweiss
Palestine News Network
Nena News Agency

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