I 'raffreddori' di Hillary: l'ennesima figuraccia dei media internazionali


PICCOLE NOTE

«Un colpo di calore». Questa la spiegazione data dallo staff di Hillary Clinton al maloreche l’ha colta ieri durante la cerimonia commemorativa delle vittime dell’11 settembre a Ground Zero.

Una boutade, subito messa in dubbio dalla diffusione del video relativo alla vicenda (cliccare qui), che rimanda a qualcosa di più grave. Così si è corsi ai ripari, spiegando che aveva avuto una polmonite (giustificazione data precedentemente per un attacco di tosse compulsivo che l’aveva costretta a interrompere un comizio). E che il collasso di ieri era appunto dovuto a una combinazione del caldo e della debilitazione pregressa (versione ulteriormente modificata: ha la polmonite).

Da tempo si parla della salute precaria della Clinton. E da tempo i media mainstream bollano come complottisti quanti si interrogano sulle reali condizioni della candidata alla Casa Bianca più amata dall’establishement statunitense ed europeo.


Il malore di ieri, perché avvenuto in mondovisione, ha costretto i media a correggere il tiro: non più tesi complottiste, ma realtà conclamata.

E però da narrare attraverso una lettura più che minimalista, che la circoscrive a episodio trascurabile.

Non solo: fioriscono sui media articoli dedicati a precedenti presidenti Usa, da Roosevelt a Kennedy, affetti da gravi patologie eppure in grado di reggere la barra del timone ben salda. Insomma, anche se fosse davvero ammalata, la Clinton resta un’ottima candidata.

Tra i tanti che hanno scritto articoli sul tema, spicca quello di Paolo Mastrolilli sulla Stampadi oggi, che oltre a ricordare la caduta della Clinton nel 2014, che gli procurò un edema cerebrale causa di tante illazioni o pseudo tali, ricorda però anche un indizio che vari complottisti, veri e presunti, hanno letto in chiave diversa da quella minimalista.

Si tratta dell’uso da parte della candidata di occhiali “fresnel prism”, che servono quando si «vede doppio», indicatori di un danno cerebrale (particolare che Mastrolilli non esplicita). Articolo peraltro correlato da una fotografia che ritrae una guardia del corpo, o forse un medico travestito da bodyguard, che stringe in pugno un iniettore da utilizzarsi in caso di malori improvvisi in pubblico.

Cenni ai quali va aggiunto, per dovere di cronaca, quanto documenta un video, ripreso anche dal Corriere della Sera, che vede la povera donna in preda a convulsioni non spiegabili certo come sintomo di una polmonite (cliccare qui).

Insomma. qualcosa non quadra. Tenendo conto anche che la trasparenza non è il punto forte della campagna elettorale dell’ex segretario di Stato americano, tale minimalismo assume un significato ancora più enigmatico.

Non si tratta di speculare in chiave politica sulla malattia di questo o quel candidato, ché il male non si augura a nessuno (anzi). Ma forse gli americani avrebbero il diritto di essere informati su eventuali problemi neurologici di una donna alla quale potrebbe essere affidata la tutela della valigetta nucleare,

E colpisce non poco la campagna banalizzante su tale malattia. Ricorda da vicino quanto avveniva attorno ai leader dell’Unione sovietica, affetti da misteriosi “raffreddori” che spesso ne causavano il decesso.

Una banalizzazione contraria al complottismo ma della stessa natura (ne rappresenta l’altra faccia della medaglia) che è un ulteriore indizio dell’involuzione di cui è preda l’Occidente.

Una involuzione politica, dal momento che la candidatura della Clinton, sotto questo profilo, ricorda quanto avveniva in Unione sovietica o nei Paesi del blocco comunista, dove la vecchia nomenclatura usava a volte eleggere capi di Stato di salute precaria pur di conservare il proprio potere (motivo per il quale tutto il partito democratico ha avversato la candidatura di Sanders, nonostante fosse sicuro vincente contro Trump).

E una involuzione mediatica, laddove i media, invece di investigare sulle notizie, in questo caso sulle reali condizioni di salute della Clinton, cercano di accreditare in tutti i modi la versione ufficiale. Un po’ come faceva la Pravda in epoca sovietica. Altro segno dei tempi.


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