Al Baghdadi ucciso dai russi? L'occidente schizofrenico censura la notizia e "insegue" il ministro che l'annuncia

PICCOLE NOTE


Il 16 giugno il ministero della Difesa russo annunciava che in un raid compiuto a Raqqa a fine maggio, la sua aviazione aveva ucciso circa trecento terroristi dell’Isis, tra cui molti dei suoi dirigenti. E forse lo stesso al Baghdadi, il capo dei capi.


Mosca non dava certezze in proposito, dal momento che la sua intelligence stava verificando le proprie fonti; resta che si trattava di un annuncio più che esplosivo.


Certo, il Califfo era stato dato per morto tante volte in passato e poi era risultato vivo e vegeto. Ma tali annunci erano sempre giunti da fonti di secondo piano: un funzionario iracheno o siriano, un media arabo o altro del genere. Stavolta a parlare era stato il ministero della Difesa russo, che ha altra autorevolezza, come riconoscevano anche tutti i cronisti e analisti internazionali.


E però la notizia era stata riportata dai media occidentali con certa sufficienza. Pochi gli articoli, più necessitati che altro. Tutti, infatti, si sono limitati a riportare la nuova, mettendone in evidenza l’incertezza e riportando la reiterazione delle smentite precedenti.


In realtà i russi avevano accennato a verifiche in atto. Nessuno ha incredibilmente pensato di chiedere all’intelligence occidentali, che pure ha occhi e orecchi affinati e presenti in loco quanto se non più dei russi, se stava compiendo verifiche analoghe,


Sottolineiamo quell’incredibilmente perché è davvero impensabile che la sorte del Califfo del Terrore non interessi affatto ai servizi di informazione e alle autorità civili e militari occidentali, che peraltro, anche in questo caso incredibilmente, hanno evitato ogni commento alla notizia, come fosse qualcosa che non li riguardava.


Già, come se i russi avessero notificato la neutralizzazione di un qualche ladro di polli e non di quello che a detta dei massimi esponenti della politica occidentale rappresenta il più temibile nemico dell’Europa e degli Stati Uniti. L’uomo che ha sulla coscienza le stragi di Orlando, di Nizza, di Parigi, di Manchester, solo per citarne alcune delle più efferate.


Una ritrosia dovuta all’incertezza della notizia? Siamo alquanto certi che se la nuova fosse stata recata dal ministero della Difesa americano avrebbe avuto ben altro rilievo. Né l’incertezza spiega l’inerzia e l’afasia occidentale.


Peraltro l’apatia si è ripetuta un giorno fa, allorquando il vice ministro degli Esteri russo Oleg Syromolotov, in un’intervista a Ria Novosti, ha ribadito che la morte del Califfo è «altamente probabile», anche se non ancora del tutto accertata. Dichiarazioni che hanno destato ancora meno interesse delle precedenti in Occidente.


Peraltro val la pena sottolineare che i russi hanno parlato solo una quindicina di giorni dopo il bombardamento, quindi dovevano aver già fatto dei riscontri e aver deciso che si trattava di un’informazione quantomeno probabile. Non solo: in tutti questi giorni il Califfato non ha ancora smentito, come sarebbe lecito attendersi in caso di notizia del tutto infondata.


Certo, potrebbe farlo domani, ma una smentita credibile deve essere fatta necessariamente via video: un filmato nel quale appaia lo stesso al Baghdadi. Perché la smentita risulti convincente, infatti, non basta una semplice dichiarazione.


E in caso di avvenuta eliminazione, sarebbe pericoloso usare un sosia, dal momento che esperti analisti potrebbero scoprire il trucco.


Il silenzio dell’Isis insomma risulta alquanto strano, anche perché più i giorni passano più il dubbio che la notizia sia vera può far circolare incertezza tra le sua fila.


C’è chi ha rilevato che in ogni caso l’eventuale uccisione del Califfo cambierebbe poco, ché morto un al Baghdadi se ne fa un altro. Vero, ma fino a un certo punto, dal momento che l’Agenzia risulterebbe comunque più vulnerabile (e sicuramente “vulnerata”) di prima.


Ma al di là della considerazione, non si vede come la vera o presunta adattabilità dell’Isis a una nuova situazione dovrebbe relativizzare la notizia, che invece resta di primo livello.


Insomma, l’apatia dell’Occidente di fronte alla notizia dell’eventuale neutralizzazione del Califfo resta alquanto inspiegabile. O forse spiegabilissima: non si vuole riconoscere un eventuale merito dei russi nella lotta contro il terrorismo.


O forse la verità è ancora più oscura e indicibile. Tempo fa riportammo la tragica affermazione del senatore americano John McCain, secondo il quale per l’Occidente la Russia è un nemico peggiore dell’Isis.


McCain può essere un pazzo esaltato, ma il clima di caccia alle streghe (sorta di maccartismo di ritorno), che si respira in questi mesi in Occidente lo rende meno molto meno isolato di quanto appaia.

Sono tanti gli ambiti politici, militari e finanziari nonché i media e gli analisti che, se anche non potranno mai ammetterlo pubblicamente, concordano con le idee di McCain.


Da questo punto di vista appare alquanto significativo l’incidente avvenuto tre giorni fa, quando un caccia della Nato ha inseguito l’aereo sul quale viaggiava il ministro della Difesa russo (vedi Piccolenote), allontanandosi solo dopo l’arrivo di un caccia russo.


Un incidente più che simbolico, dacché il caccia della Nato ha minacciato proprio il ministro russo che ha dato al mondo l’annuncio della probabile morte di al Baghdadi. E proprio nei giorni in cui il Terrore colpiva in Europa (attentati a Londra, Parigi, Bruxelles).


C’è qualcosa, anzi tanto, di schizofrenico in tutto questo. Il Terrore non potrà essere battuto se l’Occidente non si lascia alle spalle tale schizofrenia, ponendo un freno agli ambiti internazionali che la stanno disseminando a piene mani attraverso giornali e Tv.

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