In Yemen è strage di bambini per il massacro saudita. "Muore un bambino ogni dieci minuti"


PICCOLE NOTE



Da quando è iniziata la guerra, in Yemen muoiono circa 50.000 bambini l’anno, «una media di 130 al giorno, o un bambino ogni dieci minuti». Sono dati di Save the Children, resi ufficiali il 15 novembre scorso.

Inutilmente cercherete nelle pagine dei giornali questa notizia. Semplicemente non esiste. Come non esistono quei bambini morti di fame e malattie. E di guerra, ché i bombardamenti della coalizione a guida saudita non fanno distinzioni tra obiettivi militari e civili.


Già, la guerra. Si combatte in Yemen, uno dei Paesi più poveri del mondo, dal 2015, da quando c’è stata la sollevazione degli sciiti di etnia houti contro il presidente Mansour Hadi.


Una ribellione alla quale l’Arabia Saudita ha risposto creando una coalizione internazionale per riportare Hadi al potere e il Paese del Golfo sotto la sua influenza, accusando l’Iran di sostenere gli straccioni che avevano osato ribellarsi.






Da allora la guerra si è trascinata in un crescendo di orrori e di imprevisti. I sauditi pensavano di avere la meglio facilmente sui loro avversari, stante l’invincibile armada che aveva messo su, ma non è andata così. Gli houti hanno resistito e la “stupida” guerra, come da definizione del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, continua.


Peraltro il povero Hadi, riconosciuto dalla comunità internazionale come presidente dello Yemen è prigioniero in Arabia Saudita (vedi Piccolenote), dal momento che il suo partito, al Islah, dopo aver contribuito alla “liberazione” di Aden dagli Houti, è considerato inaffidabile dagli Emirati Arabi Uniti che controllano il Sud del Paese.


È uno delle conseguenze della disputa che oppone Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti al Qatar, stante che al Islah è un ramo della Fratellanza musulmana che ha in Doha il suo punto di riferimento.


Peraltro nel Paese è attiva anche al Qaeda e l’Isis, che di fatto conducono una guerra parallela a fianco dei sauditi, tanto che i loro ruoli si sovrappongono e si intrecciano.


Ma al di là degli interna corporis del conflitto, tanto complicato che i sauditi ne sono rimasti invischiati senza – ad oggi – alcuna possibilità di uscita, agghiaccia il problema umanitario accennato all’inizio dell’articolo. Sul quale conviene tornare.


«Quest’anno quasi 400 mila bambini avranno bisogno di cure per malnutrizione acuta grave in Yemen», continua Save the children, mentre nel Paese è scoppiato «il più grande focolaio di colera nella storia moderna» e tanti sono gli «ostacoli alle forniture di cibo e aiuti».


Secondo le stime di Save the Children il 20-30% di questi bambini moriranno. Il fatto è che l’inferno in cui è precipitato il Paese dal 2015 in questi mesi ha conosciuto un nuovo orrore: la coalizione a guida saudita dal 6 novembre ha chiuso tutti i porti e gli aeroporti del Paese, impedendo l’accesso a cibo e medicine.


La decisione è stata presa dopo che gli houti avevano lanciato un missile contro l’aeroporto di Ryad (intercettato), per evitare l’arrivo di armi ai ribelli. Ma la misura draconiana ha suscitato critiche nella comunità internazionale, Onu compresa.


Molto duro il ministero degli Esteri britannico, che in una nota sintetizzata dal Guardian ha deprecato «che l’embargo sulle armi possa essere applicato tanto ferocemente da privare lo Yemen da ogni aiuto umanitario».


E continuano a piovere bombe sui civili, che spesso fanno strage di bambini (questi sono seiquesti sono dieci – qui si dettaglia, fonte Onu, che più della metà dei morti del 2016 sono bambini – e che tre quarti degli attacchi a scuole e ospedalisono ad opera della coalizione – si potrebbe continuare…).


Inutile accennare alla conquista, che ha del surreale, dell’Arabia Saudita di un seggio alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite: serve solo a sorridere dell’ipocrisia del mondo.


Val la pena accennare ad altro. C’è infatti da rammentare il conflitto siriano e la battaglia di Aleppo, quando il governo di Damasco ha attaccato i quartieri in mano ai terroristi che per anni hanno fatto piovere bombe sui civili, bambini compresi, che abitavano le zone della città controllate dal governo.


Per mesi e mesi, martellanti ed efficaci (hanno ottenuto varie tregue umanitarie servite a rifornire i terroristi di armi), si sono susseguiti appelli accorati per fermare Assad.


Tante le personalità agghiacciate per gli orrendi crimini di Damasco. Quanti appelli allora… quotidiani, incessanti. Verrebbe da fare un elenco di nomi e cognomi, ma sarebbe davvero lungo.


Gli è che quasi tutti gli scandalizzati di allora osservano un distaccato silenzio riguardo la macelleria a ciclo continuo in cui si è trasformato lo Yemen. Tanto qui, a morire, non sono i ribelli più o meno “moderati” armati ed equipaggiati dall’Occidente. Muoiono pezzenti e figli di pezzenti…


Oggi tacciono, sì. E, chissà perché, viene da rammentare che a massacrare gli yemeniti sono gli stessi per i quali si susseguivano gli accorati appelli di allora, ché i tagliagole che hanno dilagato in Siria, come sanno tutti, erano al soldo dai sauditi.


Ma così va il mondo… Eppure vogliamo finire ripetendo, per non dimenticare: 50mila bambini l’anno, 130 al giorno, uno ogni dieci minuti. Ciò significa che tra cinque minuti, dopo aver finito di leggere questo articolo, ne morirà uno…


E questo nelle normali condizioni di questa “stupida”, sporca guerra. Se il blocco aeroportuale perdura sarà peggio. come afferma Save the children. Molto peggio.

Ps. Non ci piace pubblicare foto esplicite. Descriviamo l’orrore, certo, spesso non possiamo sottrarci dato il mattatoio mondiale; ma ci sembra una forma di rispetto non ostentare. Così non pubblichiamo le immagini strazianti che riserva il web. Per rispetto dei lettori, ma soprattutto di quei poveri bambini, travolti da un orrore indicibile.

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