Afghanistan e guerre infinite. Il discorso di Biden, 'democristiano' statunitense

Il discorso alla nazione che Biden ha tenuto ieri è stato sbertucciato un po’ ovunque sui media. La critica più blanda è che sia stato un’accozzaglia di banalità senza costrutto, mentre per tanti non avrebbe risposto alle critiche sul ritiro dall’Afghanistan ed eluso in maniera riprovevole le tante domande poste sull’accaduto.

In realtà, il discorso di Biden è stato uno dei più importanti e più coraggiosi mai tenuti da un presidente degli Stati Uniti, almeno tra quelli diretti al popolo americano, quelli più istituzionali, nei quali l’Imperatore parla al mondo.

Coraggioso non solo perché ha difeso a spada tratta il ritiro dall’Afghanistan, ma perché ha dichiarato finita la guerra infinita, ben sapendo che queste parole sarebbero riecheggiate come una sfida al Potere occulto, quello vero, che ha grande influenza sull’apparato della Sicurezza (intelligence ed esercito) e sulla Tecnofinanza, e che ha imperversato nel mondo dal ’68 ad oggi. prendendo saldamente le redini del potere imperiale nel post 11 settembre, quando, profittando del Grande attentato, ha preso in mano tutto il potere degli Stati Uniti d’America e lo ha scagliato contro il mondo.

Tale la hubrys dei neocon americani, i quali, nati in seno alla sinistra, si sono riversati nel partito repubblicano portando in esso l’idea di rivoluzione. Così che la politica estera americana è diventata rivoluzionaria, da cui l’interventismo massivo, l’antiterrorismo militante (che ha alimentato il Terrore globale), le rivoluzioni colorate etc.

Proprio tale genesi progressiva ha fatto sì che tale ambito abbia avuto una sponda progressista, tanto che l’ala liberal dei democratici, dei quali Hillary Clinton è stata icona, nelle sue prospettive globali fosse indistinguibile dai neocon.

Le armonie nascoste

Un potere trasversale che non poteva essere arginato se non da un altro potere trasversale, così che alle elezioni del 2016 trovò il contrasto, a livello politico, da Sanders e Trump, non per nulla accomunati dalla stampa consegnata alla narrazione neocon come opposti populismi.

Un asse che si è riproposto alle ultime elezioni e nel corso della presidenza Biden, con Sanders e Obama che hanno portato sugli scudi l’anziano vice di Obama e l’hanno aiutato a formare l’amministrazione emarginando i liberal, come evidenzia il ruolo ancillare al quale è stata relegata, al momento, la Vice Kamala Harris.

Asse che ha in Trump, appunto, il suo supporto antagonista, con l’ex presidente che è riuscito nel capolavoro di emarginare a sua volta i neocon, ingaggiando con essi una lotta durissima, che ha avuto nella detronizzazione della figlia del guerrafondaio Dick Cheney, cacciata dal suo ruolo di speaker dei repubblicani alla Camera, il suo momento più simbolico.

Così Dana Milibank ha potuto scrivere sul Washington Post che “Biden ha perseguito un’agenda sorprendentemente trumpiana”, anche se questa è una mezza verità: in realtà tale armonia nascosta era già prima, con Trump che era riuscito a fare quel che a Obama era stato negato dallo strapotere neocon, cioè a frenare l’aggressività Usa nel mondo.

Gli interventi militari massivi appartengono al passato

Così riportiamo dal New York Times: Biden “ha detto che non farà interventi armati che richiedano grandi schieramenti di truppe, preferendo invece una strategia guidata più dalla competizione economica e dalla sicurezza informatica con Cina e Russia e focalizzata a contrastare le minacce usando la tecnologia militare, che consente di attaccare i terroristi evitando di dispiegare truppe sul terreno al modo dell’Afghanistan”.

“Biden l’ha definita una ‘nuova era’ dell’uso del potere americano, un’era nella quale gli Stati Uniti non cercheranno più di rimodellare i Paesi rivali […]. “il mondo sta cambiando”, ha detto Biden, e la leadership americana deve cambiare esso”.

Retorica a parte, il discorso di Biden apre una nuova prospettiva. Peraltro anche nel rapporto con Russia e Cina, nei confronti dei quali si apre un’era di competizione tra potenza, come suggerito da tanti analisti Usa.

Viene cioè a decadere la prospettiva dei neocon che vedeva in Russia e Cina degli ostacoli all’Unica potenza globale e, come tali, da abbattere anche a costo di una guerra globale.

Una prospettiva, quest’ultima, che abbiamo definito opzione apocalisse e che, seppure mai messa in pratica, è stata brandita più spesso di quanto si immagini, portando il mondo più volte sull’orlo della catastrofe.

Biden, il democristiano

Certo, quelle di Biden sono solo parole, ma il ritiro dall’Afghanistan, e la difesa strenua di tale decisione, sono fatti. Non vuol dire che non ci saranno più guerre, né che il futuro sarà necessariamente più roseo del recente passato.

Ma che la follia neocon, volta alla destabilizzazione globale, il caos creativo che avrebbe forgiato il nuovo mondo, ha trovato un freno reale, un katekon, per citare la parola cristiana usata per l’apocalisse.

La Politica ha ripreso, anche se solo in parte, il suo posto alla guida del mondo, così com’era prima della follia esoterica neocon, sempre che Biden riesca a perseverare sul cammino intrapreso (i presidenti Usa sono sempre a rischio).

Da ultimo, ci si consenta una digressione di colore, suggerita dalla religione cattolica del presidente, il secondo dopo JFK (a proposito di presidenze sfortunate).

La modalità con cui Biden si sta muovendo ricorda molto quel centrismo prudente e realistico, ma fermo sui principi, dispiegato in Italia dagli esponenti della democrazia cristiana (ricordo, sul punto, che a definire Obama un democristiano fu l’acuta Maria Giovanna Maglie per Dagospia, in una nota che purtroppo non ritroviamo).

Ecco la Dc, distrutta in Italia dai neocon de’ noantri e dai poteri a questi ancillari, perché eretica rispetto ai dogmi atlantici (la famosa anomalia italiana), sembra essere rinata, con tutte le distanze e differenze del caso, oltreoceano, riuscendo a esprimere addirittura un imperatore.

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