Il summit Biden - Xi e l'arresto di Bannon

L’incontro tra Biden e Xi, tenutosi ieri in forma virtuale, è durato tre ore. E forse l’importanza del summit sta tutta in questa durata, che evidenzia la volontà dei due leader di dialogare su tutto. Riferiamo, in estrema sintesi, il resoconto del Washington Post.

I temi del summit

I due presidenti hanno discusso a fondo della controversia sul Mar cinese meridionale, sul quale Pechino chiede un’influenza che gli Usa e i suoi alleati regionali negano.

Quindi di Taiwan, con Biden che ha riaffermato che si atterrà alla tradizionale politica di “Una sola Cina”, in opposizione agli ambiti Usa che ne alimentano l’indipendentismo, e con Xi che ha ribadito la volontà cinese di riportare l’isola sotto il controllo di Pechino, ma in maniera “pacifica”.

Inoltre, hanno discusso dello Xinjiang, con Biden che ha rimproverato il suo interlocutore per i diritti umani degli uiguri che sarebbero negati e Xi a ribadire che Pechino non tollererà nessuna interferenze nei suoi affari interni.

Insomma, tutto secondo copione, con i due interlocutori che però hanno insistito sulla necessità di evitare che la competizione tra interessi diversi sfoci in un conflitto, accennando alla necessità di porre dei “guardrail di buon senso” per evitare incidenti di percorso (tema urgente quanto delicato).

Inoltre, hanno ribadito la necessità di trovare convergenza sul clima (peraltro già annunciata nel comunicato congiunto prodotto alcuni giorni fa dalle due potenze), come anche sulla pandemia, alla quale ambedue hanno dichiarato di voler “porre fine” (cenno molto importante, dato che va contro certe tendenze – niente affatto residuali – a far della pandemia un’emergenza provvisoriamente definitiva).

Ovviamente hanno parlato anche degli scambi commerciali tra le due potenze, con dettagli che resteranno riservati, anche perché il dialogo arriva il giorno successivo all’approvazione del piano di rilancio di Biden, con una manovra da oltre un trilione di dollari, che certo toccherà anche gli interscambi con Pechino.

Azzardare che gli Stati Uniti hanno bisogno anche della Cina per risollevare la propria economia può suonare strano, ma non è così, se si considera che Biden ha chiesto a Xi di “acquistare ulteriori prodotti dagli Stati Uniti”, in perfetta continuità con la linea avviata al tempo da Trump.

Insomma, il mondo può trarre un sospiro di sollievo, dato che le tensioni crescenti potevano produrre escalation.

L’arresto di Bannon

Da notare un particolare alquanto suggestivo: nel giorno dell’incontro tra Biden e Xi, Steve Bannon si è consegnato all’Fbi, ponendo fine all’impasse che aveva determinato non presentandosi al cospetto della Commissione d’inchiesta parlamentare che indaga sull’assalto a Capitol Hill.

Bannon deve rispondere del reato di oltraggio al Congresso, reato altisonante, ma di scarsa consistenza giuridica, come spiega Politico, che dettaglia sul fatto che i casi precedenti non hanno mai avuto un esito giudiziario.

Ma al di là degli sviluppi, la notizia del suo arresto ha fatto il giro del mondo, venendo interpretato come un colpo ferale a Trump, del quale è stato consigliere della prima ora.

In realtà, Trump lo ha allontanato dalla sua cerchia alquanto presto e, quando Bannon è stato incriminato per un’accusa di frode riguardante la costruzione del muro di confine col Messico, non gli ha risparmiato una battutina.

Nell’occasione, infatti, Trump, dopo aver negato il coinvolgimento nella frode, aveva specificato che voleva che il muro fosse eretto con fondi federali e non da privati, come sosteneva Bannon, e che probabilmente questi aveva intrapreso quell’opera per “mettersi in mostra” (Cbs).

In realtà, Trump non ha mai condiviso la linea di Bannon, ossessionato dal conflitto con la Cina, avendo egli invece tentato in tutti i modi – con le sue modalità a volte spiazzanti – di trovare a un accordo con Xi: esattamente quel che sta facendo Biden (1).

Una continuità che Biden ha dimostrato anche col ritiro dall’Afghanistan, e che sta mettendo l’attuale presidente in urto con gli stessi ambiti che hanno lottato, e vinto, contro Trump.

Così concludiamo con una nota di colore, citando una fonte che è stata bandita dai social per il suo estremismo e che spesso produce informazioni non accurate (come usa dirsi nel mainstream), cioè Alex Jones, cronista d’assalto e strenuo sostenitore di Trump.

In un video di ieri allarmava sul fatto che Biden sta deragliando dalle linee gradite a certi ambiti, “motivo per il quale il Deep State potrebbe assassinarlo per sostituirlo con la vicepresidente Kamala Harris o Pete Buttigieg [ex candidato alla Casa Bianca e attuale Segretario per i Trasporti ndr], incolpando i patrioti per l’orrendo crimine” (nella narrazione di Jones, i patrioti sono i sostenitori di Trump).

Una nota di colore, niente più, che però ci sembrava interessante riferire, anche per fotografare l’atmosfera conflittuale che sta vivendo l’America e per evidenziare come anche alcuni sostenitori di Trump guardino certe mosse di Biden – in particolare in politica estera – con malcelato interesse, pur non risparmiandogli critiche feroci a vari livelli.

(1) Non è da escludere, peraltro, che Bannon abbia scelto di consegnarsi all’Fbi ieri proprio per oscurare la notizia del vertice tra Xi e Biden, com’è, in effetti, avvenuto.

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