La fatale attrazione dell'Asia meridionale alla nuova via della Seta cinese


L’Asia meridionale (o Asia del Sud), secondo la ripartizione del mondo effettuata dalle Nazioni Unite, comprende Afghanistan, Bangladesh, Bhutan, India, Maldive, Nepal, Pakistan e Sri Lanka [1]. Salta subito all’occhio la presenza di due attori geopolitici estremamente importanti, l’India e il Pakistan (entrambi paesi dotati di arma nucleare e membri della Shanghai Cooperation Organization (SCO) [2].

Risulta inoltre evidente il ruolo quasi egemonico che potrebbe esercitare l’India sia sotto l’aspetto economico (i PIL a parità di potere d’acquisto dell’India e della seconda economia dell’Asia meridionale, e cioè il Pakistan, sono rispettivamente 8,702,900 e 1,014,181 milioni di dollari [3]), sia sotto l’aspetto della popolazione (la popolazione indiana è di 1,325,110,000 abitanti, la popolazione del Pakistan, anche in questo caso secondo in classifica, è di 209,882,000 abitanti [4]),che la rendono di gran lunga l’attore geopolitico più importante dell’area.

L’atteggiamento ostile tenuto dal governo di Narendra Modi rispetto alla Belt and Road Initiative (BRI) promossa da Pechino, rischia però di mettere l’India in una posizione di parziale marginalità. Al Belt and Road Forum (BRF) di questo maggio, a parte il Bhutan con cui la Cina non ha rapporti diplomatici, l’India era l’unica assente di tutti i paesi dell’Asia meridionale [5][6].

A dimostrazione di ciò è sufficiente guardare gli eventi degli ultimi giorni per notare come la diplomazia indiana sembri essere in difficoltà nel voler ostacolare o, comunque, non aderire alla BRI.



Il Nepal, paese da sempre vicino all’India, ha deciso di affidare il governo del paese a due partiti comunisti [7] che non hanno mai fatto troppo mistero di voler approfondire le relazioni con la Cina e di incrementare il coinvolgimento del paese all’interno dell’iniziativa Belt and Road. Abdulla Yameen, presidente delle Maldive, altro paese storicamente vicino a Nuova Delhi, nei giorni scorsi ha firmato una serie di accordi con Pechino, tra cui un accordo di libero scambio tra i due paesi [8]. Altro paese vicino all’India, che però sembra non disdegnare Pechino, è lo Sri Lanka. Nei primi nove mesi di quest’anno la Cina è risultata essere il primo investitore nello Sri Lanka rappresentando il 35% degli investimenti esteri diretti nel paese [9]. Inoltre, nei giorni scorsi si è concluso il passaggio di gestione del porto meridionale di Hambantota alla Cina che ne ha preso possesso per 1,12 miliardi di dollari e potrà gestirlo per 99 anni [10].

Ma non sono solo i paesi dell’Asia meridionale a mettere in crisi la scelta della diplomazia indiana di non aderire alla Belt and Road Initiative. All’inizio di questo mese Shinzo Abe, primo ministro giapponese, ha annunciato che Cina e Giappone potranno collaborare alla realizzazione di quella che Pechino vorrebbe fosse la “Nuova Via della Seta” [11]. Ma il messaggio più chiaro probabilmente è quello che è arrivato dalla Russia. Il ministro degli esteri della Federazione Russa Sergej Lavrov, durante un vertice trilaterale con le controparti cinese e indiana, ha invitato Nuova Delhi ad unirsi alla Belt and Road Initiative [12].

L’adesione dell’India alla Nuova Via della Seta è solo questione di tempo, pena la marginalizzazione indiana. Prima il governo indiano ne prende atto e meglio sarà per tutti, a cominciare per la sua popolazione.

D. B.

[1] https://goo.gl/jh6HyV
[2] https://goo.gl/mjjkek
[3] https://goo.gl/c1pRuH
[4] https://goo.gl/wWFPDC
[5] https://goo.gl/DUqeVk
[6] https://goo.gl/bPVYMu
[7] https://goo.gl/g4bvic
[8] https://goo.gl/2Baj9N
[9] https://goo.gl/XEL54q
[10] https://goo.gl/E2DyrR
[11] https://goo.gl/XMjw9A
[12] https://goo.gl/iotgDF

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