La dittatura finanziaria globale e il teorema di Thomas: che fare?

Non è che i vincitori scrivano soltanto la Storia passata; con altrettanta risolutezza scrivono quella futura, manipolando le aspettative e le speranze. Perché chi controlla il passato e il futuro controlla il presente.
Alla base c’è il teorema di Thomas, dal nome del sociologo che lo formulò quasi un secolo fa: “Se la gente definisce certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze”. Questo significa fare politica: trasformare ciò che non è reale (o perché ormai svanito o perché ancora non accaduto) in qualcosa in cui un sufficiente numero di persone possa credere con sufficiente determinazione in modo da indurne l’avveramento. La pubblicità agisce nello stesso modo: decine di migliaia di italiani fanno la fila per comprare la più recente cazzata proveniente dall’America perché televisione e social li hanno convinti che siano di moda, dunque indispensabili, ancor prima che lo siano diventati, e lo diventano grazie a quella fasulla convinzione.
È evidente che in questo gioco prevalgono coloro che possiedono e usano i grandi network dell’informazione e dell’intrattenimento: in una società che ha eliminato sistematicamente ogni regolamentazione statale (ringraziatene Pannella e i radicali) e ogni parvenza di par condicio (trovatemi un giornale o intellettuale che ancora osi parlarne), ciò significa dare un indebito vantaggio a miliardari e multinazionali. Ma non vuol dire che non si possa fare qualcosa e soprattutto che si debba, cadendo ancora una volta nel trabocchetto, considerare la situazione come irrimediabile, come un “destino manifesto” – che se non lo ricordate è il famigerato slogan che negli Stati Uniti dell’Ottocento giustificò, in nome di una presunta necessità storica, il genocidio di interi popoli e l’appropriazione delle loro terre da parte di gretti coloni mossi solo dall’egoismo e dal desiderio di diventare ricchi.
Ogni sistema dinamico, in natura e nella società, ha meccanismi di retroazione che tengono conto dei risultati ottenuti per verificare e correggere le proprie caratteristiche. I media e le tecnologie del neocapitalismo hanno il primario se non unico scopo di falsare quei meccanismi: da qui l’obsolescenza programmata (attraverso una retroazione negativa provocata artificialmente) di prodotti che avrebbero potuto e dovuto durare molto più a lungo; e viceversa la permanenza di situazioni potenzialmente dannose o catastrofiche (per esempio la sovrappopolazione o la distruzione dell’ambiente e della classe media) attraverso una fittizia retroazione positiva.
È imperativo che le forze politiche e sociali che ambiscano a contrastare la dittatura della finanza globale e del pensiero unico liberista imparino a servirsi anche loro di quei meccanismi: che in altre parole ricomincino a fare politica invece di limitarsi a fare la morale. Il M5S rischia di dissolversi precisamente per aver trascurato questo aspetto, come trent'anni fa la sinistra orfana dell’Unione Sovietica, quella che rinunciò alla visione di un futuro mondo migliore per sentirsi vincente accettando quello esistente, forse sospettando che fosse anch’esso una visione ma accontentandosi del fatto che i liberisti la spacciassero con convinzione come reale.
Che fare? Da un punto di vista pratico, dedicare ogni risorsa e ogni energia alla costruzione di un potente apparato di propaganda e controinformazione, inglobando qualsiasi struttura residuale ormai scartata dal neocapitalismo, a cominciare dalle tradizioni locali, culturali e religiose. Ma prima ancora e prima di tutto va riproposta una forte ideologia, un grande progetto che fondandosi sul passato (essenziale in quanto l’innovazione fine a sé stessa, senza radici, è inevitabilmente liberista) indichi gli obiettivi futuri da raggiungere, i valori per i quali vale la pena lottare e continuare a lottare anche nei momenti di difficoltà, anche quando non ci sia alcuna concreta prospettiva di successo in tempi brevi, in nome di una speranza resa tenace paziente, RESISTENTE, dall’ottimismo della volontà e dell’impegno, dalla fiducia in una Storia diversa da quella che i vincitori ci stanno raccontando.

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