"Democratici" pronti a golpe e caos in caso di vittoria di Trump?



di Antonio Di Siena


Molto interessanti le notizie sulle presidenziali americane provenienti da oltre oceano.

Illustri analisti, ex procuratori distrettuali, professori e giuristi anticipano con una sicurezza quantomeno sospetta quello che sarà l'esito delle elezioni USA.

Nonostante una campagna elettorale anonima e ignorata praticamente da tutti Joe Biden vincerà le elezioni presidenziali.

Un risultato, dato praticamente per scontato, che si verificherà in ogni caso e a prescindere dal formale esito elettorale.

Nel caso in cui il candidato democratico esca vincitore dall’urna, infatti, si dà per certo che lo sconfitto Trump, quello che al contrario di Biden fa bagni di folla ovunque vada, non riconoscerà la vittoria del suo sfidante.





Attraverso questo “sgarbo istituzionale” si metterebbe infatti nelle condizioni di sfruttare a suo vantaggio il periodo di interregno fra l’esito elettorale e il giuramento (circa due mesi e mezzo) tentando così qualunque strada, più o meno costituzionale, per sovvertire l’esito del voto direttamente dalla scrivania della Casa Bianca. Riconteggi, ricorsi, sentenze addomesticate. Fino alle rivolte di piazza.

Ma non è tutto.

Perché negli U SA sono preparatissimi anche all’ipotesi peggiore: quella in cui la notte del 3 novembre Trump viene democraticamente rieletto dal popolo americano.

In questo secondo scenario si danno per certi brogli elettorali, tentativi di revoca del diritto di voto all'ultimo minuto e ovviamente compravendita di voti. Una pratica molto simile a quanto fatto in queste ore da Michael Bloomberg, il miliardario democratico che pochi giorni fa ha pagato di tasca su 16 milioni di $ di multe e spese giudiziarie in favore di centinaia di pregiudicati della Florida per consentir loro di votare alle presidenziali. Per Biden ovviamente.

Su alcuni media tecnicamente molto autorevoli si afferma con certezza che Donald Trump abbia pronto da tempo un piano molto dettagliato per sovvertire il “naturale” esito delle elezioni, un progetto articolato su più livelli. Da una parte impedire, o quantomeno rendere molto difficoltoso, il voto per corrispondenza (modalità di cui il Presidente USA è acerrimo nemico, e chissà come mai viene da chiedersi..) e quindi sfruttare tutte le falle e i ritardi delle procedure di voto a distanza per accreditarsi come vincitore la notte stessa del voto. Ben prima quindi dell'esito ufficiale (un po' come accadde nel 2000 fra Bush e Gore).

Dall’altra organizzare disordini grazie alla collaborazione dei suoi sostenitori, i famosi “suprematisti bianchi”, incaricati di scatenare risse fuori dai seggi, mettere a ferro e fuoco le strade e per far dichiarare lo stato d'emergenza.

Uno stato di cose che potrebbe addirittura “costringere” gli Stati a sospendere le operazioni di voto e nominare direttamente i grandi elettori, purché siano pro Trump s'intende. Violenze che, ovviamente, dovranno proseguire incessanti per giorni. Diventando tanto più cruente tanto più due candidati saranno vicini nelle percentuali di consenso.

In ogni caso quindi il legittimo presidente dovrà essere Joe Biden. Povera vittima di una antidemocratica strategia golpista degna dei peggiori regimi dispotici.

Un colpo di stato in piena regola del cui verificarsi sono certi, manco a dirlo, nella redazione di un magazine considerato autorevole, equilibrato e indipendente come The Atlantic (la rivista che ha “diagnosticato” a Trump psicopatia, disturbi narcisistici e un'altra decina di patologie mentali). Un periodico che, insieme a tanti altri “organi d’informazione”, diffonde da mesi queste speculazioni destituite di ogni fondamento spacciandole per verità.
Ma con quale obiettivo?

Che si voglia orientare l’elettorato spingendolo verso il voto democratico è fin troppo evidente. Il timore però è che sotto ci sia dell’altro, qualcosa di molto più inquietante e pericoloso.

La prima volta che ho sentito ipotizzare lo scenario in cui il candidato perdente non riconosce la sconfitta, l’ho sentito da Hillary Clinton. Il politico più potente e maggiormente rappresentativo dell’establishment degli Stati Uniti.

È stata proprio lei ad affermare pubblicamente che Biden non dovrà in nessun caso riconoscere la vittoria di Trump, perché questa sarà per certo viziata.

Una frase fortissima che contiene due verità. I dem sanno che Trump vincerà (e lo farà regolarmente). I dem sanno che per tornare alla Casa bianca dovranno fare qualcosa che si pone al di fuori dell’ordinamento giuridico e costituzionale. O quantomeno della sua prassi secolare.

Come farlo legittimamente agli occhi dell’opinione pubblica americana?

Come hanno sempre fatto in giro per il mondo. Accusando il politico sgradito di turno di essere un dittatore antidemocratico che trucca le elezioni. Niente di più facile.

Solo un tonto quindi può non avvedersi di quello che sta per succedere. A Washington qualcuno sta da tempo (e meticolosamente) preparando il terreno per una gigantesca operazione di delegittimazione democratica. Per conto di quell'establishment che ritiene sacrosanto riprendersi ciò che è suo per diritto naturale: il governo del Paese più potente del mondo.

E stavolta sembrano davvero pronti a tutto.

Quattro anni fa furono presi alla sprovvista e persero. Oggi le cose potrebbero realisticamente prendere una piega ben peggiore. Fino a far sprofondare gli Stati Uniti nel caos. Le avvisaglie lungo le strade ci sono già tutte, e da molti mesi.

Per questo, a differenza del 2016, non sono così sicuro di come andrà a finire. Capiamoci, esattamente come quattro anni fa, sono assolutamente certo che Trump vincerà le elezioni. Il problema è che questa volta non è detto che la cosa sia sufficiente per governare. Sembra gli si stia per scatenare contro una violentissima tempesta di fuoco.

Forse è davvero arrivata la resa dei conti. Un redde rationem dall’esito incerto che potrebbe trascinare il paese in una seconda guerra civile.

Per questo motivo, e pur detestando le iperboli, credo davvero che le presidenziali 2020 siano le più importanti della storia americana.

Uno spartiacque che potrebbe cambiare profondamente - e definitivamente - il volto degli USA e per riflesso quello del mondo intero.

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