L'invasione turca in Siria nel calderone Mediorientale


di Giuseppe Masala


Non è assolutamente possibile esprimere giudizi di merito sull'invasione turca del Rojava curdo-siriano senza tener conto dell'immenso calderone ribollente mediorientale. Per la verità l'analisi dovrebbe essere anche storica e non si può escludere né il piano economico (pensiomo all'importanza della produzione di petrolio di quest'area) né il piano culturale e religioso.

Io l'ambizione di fare un'analisi del genere non ce l'ho. Non ho le competenze. Però solo a livello cronachistico alcune cose le voglio elencare (senza esprimere giudizi personali), giusto per farvi rendere conto di cosa intendo per "calderone ribollente" mediorientale.


L'invasione turca avviene in un contesto politico che è il seguente:


1) La Russia ha vinto la guerra siriana lanciata da Obama (sul quale non esprimo giudizi, ma spero ardentemente che almeno gli levino il Nobel per la Pace. Per il poco che vale);

2) La Turchia prima nemica della Russia con una spettacolare giravolta né diviene alleata;

3) La Turchia lancia l'operazione in Siria con l'intento di costruirsi un cuscinetto oltre i suoi confini di una profondità pari a 30 Km. Forse addirittura l'operazione è segretamente concordata con i russi, i siriani e l'amministrazione Trump (ma la verità la sa solo Dio).


Nel frattempo il contesto generale è il seguente:


a) L'Arabia Saudita sta perdendo la guerra in Yemen e si ritrova, anzi, la guerra in casa visto che ormai gli yemeniti bombardano le loro raffinerie di petrolio a oltre 1000 km di distanza dal confine Yemen-Arabia.

b) La crisi Iran-Arabia Saudita è evidente visto che questi ultimi accusano apertamente l'Iran di armare gli yemeniti.

c) Oggi davanti al porto saudita nel Mar Rosso di Jedda due missili antinave hanno mandato a fuoco una enorme petroliera iraniana. Chi è stato non si sa ma non ci vuole Sherlock Holmes per intuirlo. L'unica cosa che conta è che le rotte petroifere sono ormia in pericolo. Questo può far schizzare il prezzo del petrolio con tutte le conseguenze del caso.

d) Potrei aggiungere che in Iraq c'è destabilizzazione contro il governo filoiraniano.


Note a margine ma di fondamentale importanza:

I) La Russia sta, in fretta e furia, costruendo una seconda pista nel loro aeroporto siriano di Latakia. Dunque prevedono che in futuro possa esserci traffico. Altro che fine della guerra, si preparano ad intensificarla se fosse necessario. Ma contro chi?

II) Gli Usa stanno aprendo una base navale in Grecia, ad Alessandropoli, ovvero a due passi dallo Stretto dei Dardanelli. Ma che interesse possono avere gli americani a controllare i Dardanelli? Forse la Turchia non è un paese alleato e membro della Nato?


Questi sono i fatti salienti che fanno pensare ad un Medioriente come ad un enorme calderone ribollente, dove io certamente non ho le competenze manco per capire chi è alleato con chi. Di sicuro è evidente che Trump vuole far uscire gli Usa dal pantano mediorientale. E attenzione, gli Usa sono indipendenti dal punto di vista energetico, quindi non hanno interesse a fare da guardia ai pozzi petroliferi. Voi direte, ma hanno l'interesse a difendere il petrodollaro. Non più, Trump vuole il saldo commerciale in pareggio, il che significa che sull'altro piatto della bilancia mette la fine del dollaro come moneta di conto del commercio internazionale, ovvio.

In questo contesto generale la situazione curda appare molto simile a quella degli irredentisti serbi nel 1913. C'e solo un problema: qui non si capisce manco chi siano i componenti della Triplice Alleanza e della Triplice Intesa in salsa mediorientale.

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