Trump il barbaro. O no?



di Giuseppe Masala


Ha destato scalpore, e anche molta ironia, il discorso tenuto da Trump alla presenza di Mattarella nello Studio Ovale della Casa Bianca. Secondo i suoi detrattori, Trump avrebbe sostenuto che "Gli Usa e l'Italia alleati sin dai tempi dell'antica Roma". Lo avesse detto veramente sarebbe una enorme stupidaggine, che lo porrebbe al livello di un bambino di terza elementare poco sveglio. In realtà il Presidente americano ha detto che “The United States and Italy are bound together by a shared cultural and political heritage dating back thousands of years to Ancient Rome.". Che tradotto significa pressappoco quanto segue: "Stati Uniti e Italia sono uniti da un’eredità culturale e politica condivisa, antica migliaia di anni che arriva fino all'antica Roma". Insomma, Trump rivendica una comune radice culturale che affonda nella storia della Roma Imperiale. Una storia che, è giusto ricordare, è a sua volta l'amalgama tra la cultura greco-romana da un lato e quella giudaico-cristiana dall'altro.

Un'affermazione importante, preziosa. E sia detto per inciso, un'affermazione ancora più preziosa se fatta senza la consapevolezza della sua enorme portata perchè significa che è emersa dal profondo dell'anima. Infatti si riafferma la fratellanza culturale non tanto tra l'Italia e gli Usa ma tra il mondo anglosassone e quello latino e mediterraneo. Fretellanza culturale peraltro sempre presente, anche simbolicamente, sia a Washington che a Londra: basta pensare ai fasci littori (simbolo romano e imperiale non certamente fascista e mussoliniano) presenti nel Senato degli Stati Uniti d'America oppure alla statua di Traiano eretta dagli inglesi ai piedi della "London Wall" a Tower Hill.

Non è discorso di poco conto questo. E non ha nulla di sciovinistico, di revanscistico né tantomeno di campanilismo da strapaese. E' un discorso che porta dritti dritti ai drammi europei che si susseguono da centinaia se non migliaia di anni. Forse dalla battaglia della Foresta di Teutoburgo del 9 dopo Cristo. Già, perchè in Germania ancora oggi c'è un'altra statua: la statua della rivolta permanente ed eterna, dell'inimicizia perenne ed irriducibile tra cultura latina (greco-romana e giudaico-cristiana) e cultura germanica e norrena. Si tratta della statua di Arminio, l'eroe germanico della battaglia di Teutoburgo.

Lo spiegò bene un tedesco, Thomas Mann, sia nelle sue considerazioni di un impolitico sia nel Gran Discorso tenuto al Congresso degli Stati Uniti del 1946. Nelle Considerazioni, Mann, citando quel Dostoevskij figlio peraltro di quella cultura slava che rivendica Mosca come "Terza Roma", dice: "Da quando, egli dice, esiste una Germania il suo compito è stato quello di protestare. Non si tratta di quella formula di protestantesimo che si sviluppò ai tempi di Lutero, bensì del suo protestantesimo eterno, della sua protesta perenne, così come cominciò con Arminio contro il mondo romano, contro tutto quello che era romano e missione romana, e, in seguito, contro tutto quello che dall'antica Roma passò nella nuova e poi in tutti quei popoli che da Roma avevano accolto la sua idea, la sua formula e il suo elemento, la protesta contro gli eredi di Roma e contro tutto quello che costituisce tale retaggio". Nel Gran Discorso invece Mann si concentrò di più sulla figura di Lutero e sulla portata antiromana, antieuropea e violentemente antiebraica del suo pensiero. Una figura - disse - contemporaneamente liberatrice ma reazionaria che permea lo spirito tedesco: "“Egli fu un eroe di libertà, ma secondo lo stile tedesco, giacché non capiva nulla di libertà”. Ovvero la libertà intesa come la intendono i tedeschi, totalmente rivolta verso l'esterno, verso gli altri popoli: libertà di sopraffare gli altri. Non libertà, intesa verso l'interno ovvero al convivere civile tra i tedeschi nella loro nazione. Questo sostenne Thomas Mann nel suo Gran Discorso, non esattamente a torto.

Frau Angela Merkel non parlerà mai di comune eredità romana mentre Trump o Putin lo fanno - o lo farebbero - senza difficoltà anche se magari inconsapevoli del significato profondo di una simile affermazione. Differenza non da poco la cui spiegazione si trova tra le brume della Foresta di Teutoburgo.

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