Guerra, c'è del metodo nelle follie delle cancellerie occidentali e si chiama TTIP

01 Marzo 2022 18:00 Pasquale Cicalese

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Domenica, vedevo un pò di siti, media italiani, ma li scartavo, tutti che invitavano alla guerra.

Poi sono andato su facebook. E ho visto due post. Uno, di Gudo Salerno Aletta, allarmato dalla follia delle cancellerie occidentali, l’altro, dell’analista Pierluigi Fagan, che mi ha fatto riflettere molto. Guarda caso alle 5:30 di stamane mi arriva un messaggio vocale di un direttore di una multinazionale asiatica, business advisor, Spatto, che, sulla base di un articolo di visualcapitalist.com, dice le stesse cose. Ho trascritto di tutta fretta, prima di iniziare a lavorare, il file audio, potrebbero esserci degli errori per la qual cosa mi scuso. Lo lascio parlare: “ciao, ti mando un messaggio, cerco di fare un intervento un po’ analitico; leggo su molti giornali stranieri e italiani soprattutto voci che danno per scontato un passaggio e cioè l’unione della Russia alla Cina ma non danno per scontato l’altro passaggio, l’unione dell’Europa agli Stati Uniti. Allora è su quest’altro passaggio che io vorrei soffermarmi, magari se tu non la pensi come me può intervenire, possiamo fare un dibattito. Il problema è molto semplice, non credo che l’escalation verbale e di baggianate che dicono le cancellerie europee sia dettato dalla follia e basta, ovviamente gioca anche l’impreparazione, ovviamente gioca anche il basso profilo culturale di questi personaggi, penso Di Maio, penso anche il ministro degli esteri inglese che sbaglia le mappe non conosce neanche la geografia, ma ovviamente tutte queste componenti agiscono come agivano durante la gestione pandemica, dove tutti si erano trasformati in improvvisati virologi da bar sport. Oggi ci sono ministri degli esteri che hnnoa una cultura da bar sport e in questo senso bisogna rimpiangere i grandi della Prima Repubblica italiani e i grandi che hanno fatto l’Europa nel dopoguerra dai Curchill a De Gaulle fino arrivare alla Merkel, giganti al confronto di questi nanetti. Quindi si può che ci sia la follia, puoi esserci l’impreparazione ma non credo.

Questa escalation di parole, mandiamo le armi centomila Hardy dice il cancelliere tedesco, su la spesa militare tedesca, mandiamo 500 milioni di armi letali 450 armi letali, 50 milioni di euro di carburanti all’Ucraina, quindi praticamente in entrata in guerra; che differenza ci sarà mai tra un Ucraina nella Nato e Ucraina armata dalla Nato, non credo che vi sia molta differenza, quindi mi sto interrogando sul questa escalation fino arrivare al blocco della banca centrale russa, al blocco dei pagamenti internazionali fino a qualcuno che delira su blocco delle carte di credito dei circuiti visa master card a tutti i cittadini russi per mettere pressione su Putin. Allora se invece guardiamo da un punto di vista razionale potrebbe essere che dietro questa escalation verbale ci sia in atto un piano e qual è il piano? Il piano è staccare l’Europa dalla Russia indubbiamente, costruire il Ttip, praticamente il risultato è che gli europei in questo trattato economico si vanno a collegare con l’altro che fu lavorato da Obama e poi portato avanti dai giapponesi per l’Asia, praticamente la costruzione di un’area economica che ha quasi miliardo e 300 milioni di abitanti ma che rappresenta il 60% del gdp mondiale. Ora le ultime statistiche danno intorno a 94 trilione la somma tra gli Stati Uniti e l’Europa, poi bisogna aggiungerci appunto l’Australia, la Nuova Zelanda, il Canada, l’Inghilterra e così via fino arrivare quasi 60%, quindi l’idea io penso che sia quella di costruire nel mondo una cortina di ferro economica divisa in 2: da un lato il capitalismo occidentale, dall’altro lato qualunque altra roba sotto il concetto ombrello di dispotismo autoritarismo dittatoriale ecc. Certo, ora a questo passaggio corrisponderebbe un rientro dell’industria delocalizzata in paesi esteri in Europa e questo avrebbe come passaggio obbligato la spinta sul mercato interno . E’ chiaro che un’area che presenta 60% del gdp ha un potere di pressione enorme nei confronti non so di un paese del nordafrica non schierato, di un paese del mediterraneo tipo l’Egitto, pensiamo un paese tipo l’Indonesia, Singapore, la Tailandia, pensiamo a un paese tipo il Pakistan . Paese tipo l’india avrebbe il potere di ricatto fortissimo se venisse detto o tu stai con noi o tu stai contro di noi ed esci da circuito finanziario, esci dalle possibilità di pagamenti, esci da tutto Cioè potrebbe che su questo che mi sto ponendo ci sia una logica in questo che a noi pare una follia delle cancellerie”

Sul mercato interno come la mettiamo? Lui risponde: “Ogni mercato interno a una propensione al consumo, dettato dalla mediana demografica. Il Ttip ha una media alta, ma non altissima, rispetto alle aree “dittatoriali”, ma con l’entrata nell’area di paesi come Turchia o Egitto la mediana si abbasserebbe. In più farebbero rientrare le produzioni.”

In Europa dovrebbero abbassare il rapporto export/pil, mentre la Cina ha un rapporto export pil al 17%, il più basso al mondo. Come faranno?

“Devi ragionare come macroarea, Ttip non come Europa. Se il piano americano andasse in porto la Cina non avrebbe più la forza di essere il polo della crescita mondiale ma soltanto della sua area di riferimento geopolitica.
E così il piano americano avrebbe ottenuto quello che si voleva. Fermare la perdita di centralità in questo secolo. Fermare o rallentare la propria decadenza. La Cina collassa perché la sua borghesia creata da Deng è legata ai circuiti finanziari mondiali e alla logistica mondiale. Senza di essa la borghesia cinese collasserebbe e porrebbe problemi di tenuta alla dirigenza cinese. Ci dobbiamo aspettare 20–30 anni di arretramento della Cina, questo penso. Ma siamo sicuri che la Cina starà al gioco americano .Cosa potrebbe fare di alternativo nel mercato mondiale? Questi sono i temi attuali per un pensiero strategico alternativo al metodo americano”.

Il dibattito è aperto, chiunque volgia intervenire è ben accetto.

P. s. Pasquale Cicalese ha aperto un suo blog Pianocontromercato.it dove raccoglierà tutti gli scritti della sua lunga produzione scientifica.

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