Il cordone sanitario intorno all’Urlo e alle future proiezioni

Dopo la splendida proiezione di Trento lo scorso 14 ottobre organizzata da “Uniamoci Trentino” e CUB Trento, novembre vedrà di nuovo “L’Urlo” solcare la penisola.

Qui di seguito le date per ora sicure (maggiori informazioni in seguito).

13 novembre, Perugia

16 novembre, Pordenone, ore 20,30, Auditorium comunale, Zoppola (PN)

17 novembre, Napoli, ore 18,30, Gridas



22 novembre, Ferrara

24 novembre, Bologna, ore 20,15, Centro Sociale “G. Costa”

25 novembre, Modena, ore 15,00, Bocciofila Modenese

26 novembre, Carpi.




Tuttavia, a un anno di distanza dall’uscita del libro “L’Urlo - schiavi di petrolio”, omonimo del film, e a quasi un anno dagli eventi di Napoli dove lo squadrismo buonista di alcuni attivisti delle Ong bloccò la proiezione dopo 20 minuti durante il Festival dei Diritti Umani, sentiamo che il cordone sanitario intorno a questo lavoro è attivo ed efficiente più che mai.

La prima censura arriva dal produttore che impedisce ogni distribuzione o messa in onda del film.

Tuttavia la legge sul diritto d'autore ci consente di proiettare sempre il film in pubblico alla presenza dell'autore ed è per questo che nell'ultimo anno abbiamo portato il film in ogni angolo d'Italia con oltre 40 proiezioni.

Ma esiste ormai un lungo elenco di episodi sconcertanti di cui in questi mesi siamo stati fatti oggetto e di cui abbiamo preso meticolosamente nota.

Ne vogliamo citare un paio, per provare a dare un’idea di cosa significhi vivere “sotto censura” oggi in Italia.

Perché vediamo in molti parlare di censura, ma pochi prendersi fattivamente carico delle conseguenze.

Si è diffusa in poche parole tutta una letteratura diffamatoria in questo ultimo anno, che ha creato pareri e opinioni intorno a questo lavoro, prodotta da persone che non hanno né visto il film né letto il libro. E pertanto pareri e opinioni sono fuori mira. Ma minano la diffusione dell’opera (e per inciso, delle voci dirette in Libia).

Questo crea, insieme all’indifferenza della maggioranza, un cordone sanitario che circonda l’opera e impedisce alle prove e alle testimonianze di circolare.

Ma impedisce anche a chi scrive di porre il proprio ragionamento là dove meriterebbe di essere posto. E questo non perché non sia fondato, ma proprio per il suo contrario, e cioè perché poteri forti e deboli non ne reggono il confronto e pertanto lo silenziano.

Sto aspettando dal luglio del 2022 che qualcuno risponda all’interrogazione parlamentare “Legislatura 18a - Atto di Sindacato Ispettivo n. 4-07202, pubblicato il 28 giugno 2022, nella seduta n. 445”, in cui si sottopone (così come all’interno del libro “L’Urlo”) un documento ufficiale del cosiddetto governo di Tripoli che riscrive la storia.

In pratica si dichiara che i soldi ricevuti dall’Italia non sono mai stati spesi per la gestione (o il respingimento) dei migranti, ma per altre “esigenze del governo”.

Davanti alla mia richiesta di approfondire questo documento, è fuggita la destra di Governo che mi aveva inizialmente proposto tappeti rossi, non meno della sinistra di governo e di movimento: tutti scomparsi terrorizzati.

Insomma, concittadini, vogliamo farci una riflessione su questo documento e sulle prove presentate da questa ricerca, o no?

Ma che questa domanda non trovi spazio nel dibattito pubblico non disturba, anzi, una voce in meno crea spazio per il personalismo dei pochi che possono ancora parlare.

“Insomma se L’Urlo non gira, se alla fine nessuno l’ha visto, vorrà dire che non ne vale la pena”, pensano alla fine i più.

Intanto questa è la risposta che un’attivista di un’associazione di una città del nord si è vista rispondere dal cinema cui si era rivolta per chiedere la disponibilità della sala:



<<Buongiorno XXX,

mi stavo informando sull'Urlo online e ho trovato alcune informazioni problematiche. Per esempio quella secondo cui il regista, a detta degli stessi intervistati, ha travisato/mal tradotto alcune loro dichiarazioni per sostenere la sua tesi (vedi articolo qui). Alla luce di questo diventa per noi difficile programmare un documentario che ha queste accuse>>.

Bene, l’articolo cui conduce il link indicato nel messaggio è questo: https://torino.corriere.it/notizie/cultura/22_dicembre_13/lo-strano-caso-de-l-urlo-di-michelangelo-severgnini-il-film-che-non-si-riesce-a-vedere-7e4ad81e-90ab-4df0-83b0-ef11ff825xlk.shtml

Nell’articolo, tra le altre, è contenuta questa frase: “Salta fuori che il regista non solo ha usato interviste ai migranti senza chiedere la liberatoria, ma ha anche forzato montaggio e traduzione per fargli dire il contrario di quello che intendevano”.

Il “salta fuori” è usato perché, come ammesso, il Davide Ferrario non aveva ancora visto il film all’epoca in cui ha scritto l’articolo. Ma, al tempo stesso, si è guardato bene dal scrivere una rettifica dopo averlo visto, in prima fila, dopo avermi stretto la mano, durante la proiezione poi avvenuta a Torino lo scorso 12 marzo.

Si è guardato bene, perché le accuse esposte senza aver visto il film appaiono ridicole dopo averlo visto.

L’articolo in questione, pubblicato lo scorso 22 dicembre 2022, da allora tra i primi risultati proposti dal motore di ricerca, è tutto ciò su cui si basa la campagna diffamatoria dell’Urlo.

Eppure questi soggetti non escono allo scoperto, non propongono un confronto pubblico, o perlomeno sostenuto ad armi pari e non dalle pagine del Corriere della Sera.

Agiscono nell’ombra, nel “salta fuori”.

Ed è in quest’ombra che si nascondono tutte quelle persone che non hanno visto il film e si accontentano dei resoconti diffamatori.

Ma c’è un altro episodio che voglio denunciare. E’ un messaggio ricevuto da uno studente universitario che si era inizialmente mobilitato per organizzare una proiezione.

<<Per quanto riguarda la possibile proiezione in università, non si è presa una vera e propria decisione ma ne abbiamo parlato, ti anticipo questo:

chiacchierando con il gruppo di XXX, l'interesse in sé ci sarebbe anche... qualche ragazzo con più esperienza, però, ha detto che nell'ambiente universitario proporre questi contenuti è praticamente infattibile (conoscendo anche l'uni di XXX). O comunque, se portiamo una cosa del genere con qualche sotterfugio (magari restando vaghi nel compilare la richiesta etc...) dopo non ci fanno più prenotare le aule in università ecco.

Per questo motivo, visto che usare le aule universitarie per gli eventi per noi è gratis, non vorremmo correre il rischio di non poterle più usare come XXX se l'università si incattivisse il nostro nome a causa di ciò. Spero di essere riuscito a spiegarmi>>.



Secondo me si è spiegato benissimo.

Per battere la censura basta scrivere una mail a lurlo.thescream@gmail.com e organizzare una proiezione sul proprio territorio.

Io ci sono. Urliamo insieme.

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