Si Cobas: Fedex Piacenza chiusura per ritorsione contro lotta al caporalato

24 Ottobre 2021 14:41 La Redazione de l'AntiDiplomatico

Le chiusure aziendale fatte passare per ristrutturazioni. E' il caso della Fedex di Piacenza, dopo il vero motivo della chiusura è la ritorsione contro chi lotta con coraggio, resistendo alla repressione e gli arresti, sacrificando anche la vita, come Adil, contro precarietà e paghe da fame.

Si Cobas Nazionale

In questi giorni i licenziati Fedex di Piacenza hanno ripreso in maniera incessante i presidi fuori ai magazzini di Peschiera Borromeo e San Giuliano Milanese (Zampieri holding, nota per aver ripetutamente assoldato mazzieri e picchiatori di professione contro gli scioperanti).
La ripresa della lotta è in risposta allo stallo totale delle trattative con la controparte e al complice silenzio del ministro del lavoro Orlando, che a giugno aveva garantito un intervento per la risoluzione della vertenza ma è venuto completamente meno a quest'impegno.
I leoni del SI Cobas, supportati da numerosi lavoratori e solidali, stanotte hanno ancora una volta dovuto fare i conti con l'assedio delle forze dell'ordine, giunte a sostegno dei padroni senza scrupoli di Fedex per sgomberare il presidio di Peschiera Borromeo.
Non possiamo più accettare che la lotta di questi lavoratori e gli scioperi in corso in tutti i luoghi di lavoro dove si licenzia, vengano gestiti unicamente come un problema di ordine pubblico!
Per questo riteniamo che sia giunta l'ora di denunciare con forza i reali motivi della chiusura dell'hub di Piacenza nello scorso marzo.
Nella prima foto, si può vedere la busta-paga di un facchino che operava presso l'hub TNT nel mese di marzo 2010: una busta-paga chiaramente "farlocca", in cui l'unico numero reale era il netto in busta: poco più di 600 euro al mese in cambio di una condizione di semischiavitù, con orari di lavoro che arrivavano fino a 14 ore al giorno, senza alcun riconoscimento di straordinario, ferie, indennità di malattia e senz'alcun istituto contrattuale, ma soprattutto col ricatto del lavoro "a chiamata", in base al quale al lavoratore veniva comunicato nel cuore della notte e a poche ore dall'inizio del turno se doveva recarsi al lavoro oppure restare a casa (ovviamente senza salario!).
Si tratta delle stesse buste-paga da fame che oggi si vedono recapitare ogni mese milioni di lavoratori (precari e non) privi di tutele sindacali oppure sistematicamente svenduti dai vertici sindacali parassitari e corrotti di Cgil-Cisl-Uil!
Nella seconda foto, invece, la busta-paga dello STESSO lavoratore emessa a gennaio 2021, poco prima della chiusura del sito e quando la Fedex era già subentrata a TNT.
Come si può vedere, grazie a 10 anni di lotte e di mobilitazioni, i lavoratori di Piacenza erano riusciti ad imporre ai padroni non solo il rispetto integrale del CCNL trasporto-merci e logistica, ma anche ad ottenere il riconoscimento di condizioni di miglior favore: riconoscimento, quest'ultimo che non era certo il frutto della benevolenza dei padroni, bensì di una lotta sacrosanta tesa a riconoscere una serie di benefit a una categoria costretta a lavorare di notte, a svolgere mansioni invalidanti e ad operare in condizioni di rischio come dimostrato solo qualche giorno fa dalla tragica morte di Yaya nel sito SDA di Bologna.
La seconda foto parla chiaro: grazie alla loro lotta i lavoratori Fedex di Piacenza erano riusciti a strappare un salario di circa 1900 euro al mese, cioè circa il triplo dello stipendio da fame elargito dalle cooperative dieci anni prima: ed è solo grazie alla lotta iniziata a Piacenza nel 2011 che oggi, in tutta l'attuale filiera Fedex, il caporalato è stato spazzato via.
E' quindi chiaro ed evidente che l'operazione messa in campo da Fedex con la chiusura del sito di Piacenza non ha nulla a che vedere con un "piano di riorganizzazione aziendale", bensì risponde unicamente alla volontà del colosso americano di colpire al cuore l'epicentro del movimento di riscatto dei lavoratori, al fine di avviare una controffensiva padronale su larga scala, tesa a tagliare i salari, a scardinare le conquiste e a restaurare, poco a poco, quelle condizioni di semischiavitù che hanno dilagato per anni nei magazzini della logistica.
Ciò è dimostrato dallo stesso "piano di internalizzazione" portato avanti in questi mesi nei principali hub italiani di Fedex: da un lato con la disdetta unilaterale degli accordi di secondo livello e delle condizioni di miglior favore strappate in questi anni dal SI Cobas; dall'altro con l'imposizione di un accordo "tombale" a tutti i lavoratori sulle controversie retributive pregresse come precondizione per l'assunzione in Fedex, quindi con una modalità che non può non definirsi a tutti gli effetti di stampo ESTORSIVO.
In queste ore i licenziati di Piacenza hanno dimostrato ai padroni di Fedex e ai loro sgherri di Zampieri Holding che anche a distanza di mesi essi non sono disposti a cedere di un millimetro, che non temono la repressione di uno stato complice di chi sfrutta e licenzia per mero spirito di vendetta, e che in assenza di ripresa delle trattative la lotta proseguirà senza sosta anche nel periodo natalizio, ed è la stessa identica lotta che in queste ore sta proseguendo senza sosta alla GKN, alla Unes di Truccazzano, all'Alitalia, alla Logista di Bologna, alla Whirlpool di Napoli e in decine di altre aziende: la stessa identica lotta che a febbraio del 2020 portò all'incredibile arresto dei nostri compagni Arafat e Carlo, e che lo scorso 18 giugno ha portato alla tragica morte di Adil Belakhdim per mano di un crumiro!
Il SI Cobas non solo sarà al loro fianco, ma sta già lavorando alla costruzione di un movimento di massa che unisca in una sola lotta tutte le mobilitazioni in corso sui luoghi di lavoro a seguito dello sblocco dei licenziamenti e quelle portate avanti dalle migliaia di disoccupati prodotte dalla crisi pandemica e ai quali il governo Draghi sta già pensando di sottrarre persino il reddito di cittadinanza.
Per questo il prossimo 7 novembre ci incontreremo in assemblea presso la sede SI Cobas di Bologna al fine di costruire un agenda di lotta che dia continuità e sostanza allo sciopero generale dello scorso 11 ottobre.
Perchè con 600-700 euro al mese non si può vivere!
Toccano uno- toccano tutti!
SI Cobas nazionale

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