Decreti legislativi sulla pelle dei lavoratori degli appalti e dei subappalti

di Federico Giusti

Un pacchetto di norme che acuiranno la disuguaglianza salariale e il sistema delle deroghe a favore di contratti territoriali a solo vantaggio delle associazioni datoriali

Abbiamo letto in rete la bozza del “decreto Pnrr”, i primi commenti a caldo di alcuni giuslavoristi [1] e ci sembra di ravvisare fondati motivi di preoccupazione.

Dalla proroga di contratti a tempo determinato senza mai risolvere la precarizzazione dei rapporti di lavoro alla patente a punti per le imprese che nei fatti trasformerà la morte di un lavoratore o infortuni con danni permanenti in una sorta di penalizzazione fittizia delle aziende. Fino ad oggi negli appalti e nei subappalti esisteva una giungla contrattuale applicando Ccnl con paghe orarie inferiori e innumerevoli tutele collettive perse per strada, in futuro potremmo avere un contratto collettivo nazionale o territoriale maggiormente applicato nel settore eo per l’area geografica di riferimento.

Ora sappiamo bene che non discernere tra contratto nazionale e territoriale rappresenti già un problema perché a livello territoriale esistono contratti decisamente sfavorevoli applicati con la compiacenza di alcuni sindacati.

Non pensiamo che applicando contratti siglati dai sindacati rappresentativi troveremo la soluzione del problema consapevoli che una buona parte degli stessi prevedono paghe oraria di 67 euro. Anche sigle rappresentative si sono rese complici nello stipulare contratti con poche tutele e paghe orarie irrisorie.

Ma non distinguere tra contratti nazionali e territoriali lascia ai datori un eccessivo margine di discrezionalità senza applicare una soglia minima salariale sotto la quale non scendere.

Dopo il dibattito acceso nei mesi scorsi al Cnel c’era da aspettarsi una iniziativa del Governo atta a disinnescare definitivamente la minaccia del salario mimino accordando agli accordi di secondo livello e territoriali un potere decisamente maggiore del passato.

In Italia non esiste una norma legislativa sul salario minimo e regole che impediscano ai datori di scegliersi il contratto per loro vantaggioso, nel caso dei riders si applica il Ccnl sottoscritto da Ugl e dai datori del del food delivery contro il quale si vanno mobilitando da mesi i lavoratori del settore. Non ci interessa parteggiare per i contratti nazionali dei rappresentativi in antitesi a quelli prodotti dalla “contrattazione pirata”, il problema è a monte ossia che entrambi le tipologie contrattuali determinano salari da fame e ben poche tutele collettive. Siamo in presenza dell’ennesimo regalo alle associazioni datoriali mentre si presenta alla opinione pubblica un cambio di passo in materia di salute e sicurezza, quel cambio che nei fatti non ci sarà.

Così facendo si raggiungeranno tre obiettivi:

  • presentare il governo Meloni come l’Esecutivo che combatte la insicurezza nei luoghi di lavoro
  • favorire l’applicazione di contratti sfavorevoli e a mera discrezione delle associazioni datoriali
  • equiparare contratti nazionali e territoriali andando a rafforzare la contrattazione di secondo livello e il variegato sistema delle deroghe rispetto ai ccnl in materia di orari e produttività

Numerose e recenti sentenze dei Tribunali del Lavoro hanno sancito deroghe peggiorative e sarà sufficiente che qualche sindacato compiacente sottoscriva dei contratti territoriali per vederli applicati erga omnes, da qui è ipotizzabile il ripristino delle gabbie e salari differibili da regione a regione nell’interesse dei datori che vogliono solo contenere il costo del lavoro e di conseguenza abbassare la attenzione verso le normative in materia di salute e sicurezza

[1] https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/02/26/lavoro-un-comma-del-decreto-pnrr-incentiva-i-contratti-pirata-il-giuslavorista-martino-dopo-il-salario-minimo-una-precisa-strategia/7460003/

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