Il "Green Pass" funziona benissimo (a questo)

05 Gennaio 2022 13:00 Savino Balzano

Pretendere il green pass per accedere ai luoghi di lavoro era, è e sarà un abominio: semplicemente incostituzionale. A fronte dell’assenza di un obbligo alla vaccinazione, impedire a coloro i quali liberamente e secondo la legge decidano di non vaccinarsi è ingiusto, illecito, illegale, illiberale, antidemocratico.

Soltanto mediante una legge è possibile introdurre un obbligo vaccinale: a stabilirlo è l’art. 32 della nostra Costituzione.
Costringere surrettiziamente le persone a piegarsi, inducendole alla fame, dopo averle private di fondamentali diritti alla socialità, è sbagliato, subdolo, infame.
E se questo valeva per il green pass allora è ancora più vero per il super green pass, che non consente neppure il ricorso al tampone (peraltro a carico del cittadino). È sempre e comunque inammissibile la privazione di fondamentali diritti costituzionali, come libertà e lavoro, ma lo è ancora di più se tale azione avviene mediante il ricorso a misure evidentemente illecite sotto il profilo costituzionale.
A questo si aggiunga poi una considerazione che appare oggi paradossalmente quasi marginale: il green pass non funziona, non serve ad un tubo. Il sistema era “pensato” (attribuire la prerogativa del pensiero a taluni che ci governano appare quasi comico) per garantire luoghi sicuri, salubri: col green pass non si contagiava nessuno (non si uccideva, diceva Draghi) e si aveva la garanzia di non essere contagiati. Sono gli stessi ideatori oggi a confermare quanto questo non sia vero e lo dimostrano i numeri dei contagi che ogni giorno registriamo.
E dunque al danno si aggiunge la beffa: uno strumento sorretto da regole incostituzionali, che peraltro non serve assolutamente a nulla. E il tutto perde la sua logica.
O forse no?
Ogni volta che mi confronto sulle questioni di cui mi occupo quotidianamente, mi incupisco quando qualcuno in buona fede sottolinea come i vari interventi succedutisi (le porcate tipo il “Pacchetto Treu”, la “legge Biagi”, il “decreto Sacconi”, la “legge Fornero”, il “decreto Poletti”, il “Jobs Act”) siano stati dei “fallimenti”: mi viene fatto notare come mediante quegli interventi di “flessibilizzazione” non sia stata creata occupazione e non sia stata rilanciata l’economia.
E grazie al ciufolo! Mi viene sempre da rispondere (Per la verità sono meno elegante nel ribattere).
Il punto è che argomentare in quel modo significa riconoscere una certa “onestà”, una sorta di “buona fede”, a chi quelle scelte le ha fatte. Ed è profondamente sbagliato: nessuno voleva creare più occupazione (non fosse altro perché la disoccupazione è utile a indebolire contrattualmente i lavoratori) e nessuno voleva rilanciare l’economia (si volevano piuttosto favorire i grandi gruppi industriali e le multinazionali). Quelle erano riforme di potere e hanno funzionato alla grandissima, altro che fallimenti! Volevano indebolire la comunità del lavoro, per favorire le élite finanziarie globalizzate: ci sono riusciti perché erano perfidi, non fessi.
E dunque io penso che la stessa cosa si debba sospettare nella attuale fase: a questi di contenere i contagi non interessa assolutamente nulla! Vogliono semplicemente tenere alta “la tensione” (espressione non casuale), mantenere forte il “vincolo esterno sanitario” (Preterossi ha ragione quando dice, semplifico, che il covid è come l’euro). La gestione emergenziale in atto è utile a disinnescare le dinamiche conflittuali democratiche che dovrebbero animare un paese “sano”.
È questa la vera malattia, una malattia che affligge da molti anni il nostro paese, una malattia che affligge la nostra democrazia, un virus “esploso” già in piazza Fontana per fermare un cambiamento che era cominciato e che correva veloce, troppo veloce. Un virus che non ha mai smesso di circolare e di tormentarci: e contro di esso che occorre trovare un vaccino, un vaccino costituzionale.
SONO AUTORE DI “CONTRO LO SMART WORKING” (LATERZA 2021):
https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788858144442...

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