Tra guerra ibrida e razzismo: la nuova politica dei visti dell'UE verso la Russia

13 Dicembre 2022 18:00 Alberto Fazolo

La guerra ibrida si combatte con tanti strumenti e alcuni non sembrano nemmeno tali, il più recente esempio è la nuova politica dei visti dell’Unione Europea: alle persone che hanno passaporto russo e provengono da aree che la UE non riconosce come parte della Federazione Russa, non verrà concesso il visto d’ingresso.

Si tratta di un nuovo grave caso di confinamento su base etnica che colpirà in maniera discriminatoria le persone con passaporto russo che vorranno entrare nei paesi dell’Unione Europea e che provengono da territori rivendicati da altri stati. Adottando in maniera universale questo scriteriato approccio, non potrebbero più entrare nel territorio della UE neanche tutti gli israeliani, i kossovari, i ciprioti, i taiwanesi, etc. Tuttavia la discriminazione sarà ancora più grave perché non riguarderà lo specifico status di determinate persone che rispondono al requisito di essere nate o vivere in un territorio conteso, ma sarà espressamente contro i russi. Quindi, una nuova norma che discrimina uno specifico gruppo etnico.

L’Unione Europea millanta una inesistente superiorità morale in termini di diritti ed integrazione, in pochi sanno che al suo interno ci sono dinamiche in tutto e per tutto analoghe a quelle del Sud Africa ai tempi dell’Apartheid. Nelle repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania) vige il segregazionismo, con cittadini che hanno dei diritti e altri che ne hanno meno o addirittura non hanno proprio la cittadinanza. Questi stati aspirano a divenire “etnicamente puri” e quindi a prescindere dalle politiche xenofobe contro gli emigrati, perseguitano e vessano le persone di etnia russa. A questi spesso non viene riconosciuto nemmeno lo status di “cittadini” e vengono considerati apolidi. Gli viene consegnato un passaporto di colore grigio con il quale possono viaggiare, ma non hanno tutti i diritti degli altri cittadini. Si badi che non si parla di cittadini russi emigrati nelle repubbliche baltiche, ma di persone che vivono lì da sempre.

Di tutto ciò non dice nulla chi sulle questioni migratorie specula politicamente ed economicamente, il doppio standard adottato mostra chiaramente quanto sia ipocrita certa retorica.

Qualora l’Unione Europea decidesse di proseguire nella criminale politica di vessazione su base etnica, dovremmo levare alte le nostre voci di condanna e -ancora più forte- dovremmo far sentire la nostra solidarietà a chi è colpito dalla discriminazione razzista.

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