Il "racket" della guerra: gli enormi profitti del complesso militare-industriale Usa

27 Aprile 2022 07:00 Piccole Note

“La guerra è un racket”, scrisse nel 1935 il più alto generale degli Stati Uniti Smedley Butler che spiegò: “Un racket è descritto al meglio, credo, come qualcosa che non è ciò che sembra alla maggior parte delle persone. Solo un piccolo gruppo ‘interno’ sa di cosa si tratta. È a beneficio di pochissimi e a scapito delle moltitudini. Attraverso la guerra, un gruppo di poche persone cumula enormi fortune”. (Così inizia un articolo di Ron Paul pubblicato dal Ron Paul Institute, che traduciamo integralmente di seguito).

L’osservazione del generale Butler descrive perfettamente la risposta USA/NATO alla guerra in Ucraina.

La propaganda continua a descrivere la guerra ucraina come quella di un Golia non provocato che vuole uccidere un innocente David, a meno che noi, Stati Uniti e NATO, non contribuiamo a difendere l’Ucraina per sconfiggere la Russia con un’enorme quantità di equipaggiamento militare. Come sempre accade con la propaganda, questa versione degli eventi è manipolata per provocare una reazione emotiva a beneficio di alcuni interessi particolari.

A trarre enormi profitti dalla guerra è il complesso militare-industriale degli Stati Uniti. Il CEO di Raytheon, Greg Hayes, ha recentemente dichiarato a una riunione degli azionisti che: “Tutto ciò che viene spedito in Ucraina oggi, ovviamente, sta uscendo dalle scorte, dal Dipartimento della Difesa o dai nostri alleati della NATO; questa è una grande notizia! Alla fine dovremo reintegrare le scorte e avremo un vantaggio per l’azienda”.

Non stava mentendo. Raytheon, insieme a Lockheed Martin e a innumerevoli altri produttori di armi stanno godendo di una manna che non vedevano da anni. Gli Stati Uniti hanno impegnato più di tre miliardi di dollari in aiuti militari all’Ucraina. Lo chiamano aiuto, ma in realtà è welfare aziendale: Washington finanzia per miliardi i produttori di armi per armi inviate all’estero.

Secondo molti resoconti, queste spedizioni di armi come i missili anticarro Javelin (prodotto congiuntamente da Raytheon e Lockheed Martin) sono distrutte [dai russi ndr] appena arrivano in Ucraina. Ciò non disturba affatto Raytheon. Più armi fa esplodere la Russia in Ucraina, più ordini arrivano dal Pentagono.

Anche i paesi dell’ex Patto di Varsavia ora membri della NATO sono coinvolti in questa truffa. Hanno scoperto come smaltire le armi di fabbricazione sovietica, che anno ormai 30 anni, [stipate nei loro arsenali] e ricevere armi moderne dagli Stati Uniti e da altri paesi della NATO.

Mentre molti simpatizzanti dell’Ucraina esultano, questo pacchetto di armi multimiliardario farà poca differenza. Lo ha spiegato la scorsa settimana l’ex ufficiale dell’intelligence dei Marines degli Stati Uniti Scott Ritter sul Rapporto Ron Paul Liberty, “Posso dire con assoluta certezza che anche se questo aiuto arriverà sul campo di battaglia, avrà un impatto zero sulla guerra. E Joe Biden lo sa”.

Ciò che vediamo è che i russi stanno catturando a tonnellate le armi moderne prodotte dagli Stati Uniti e dalla NATO e le stanno persino usando per uccidere più ucraini. Che ironia…

Inoltre, quante opportunità verranno fornite ai terroristi grazie alle migliaia di tonnellate di armi mortali ad alta tecnologia che galleggiano in giro per l’Europa? Washington ha ammesso di non avere modo di rintracciare le armi che sta inviando in Ucraina per tenerle fuori dalle mani dei “cattivi”.

La guerra è un racket, certo. Gli Stati Uniti si sono intromessi in Ucraina fin dalla fine della Guerra Fredda, arrivando al punto di rovesciarne il governo nel 2014 e piantare i semi della guerra a cui stiamo assistendo adesso. L’unico modo per uscire da un buco è smettere di scavare. Non aspettarti che ciò avverrà presto. La guerra è troppo redditizia.

Fin qui Ron Paul, in una nota che forse necessita aggiunte. Anzitutto sull’incisività delle armi Nato nel conflitto, la cui mancanza di efficacia è forse esagerata dall’esperto citato da Ron Paul, per eccessiva schematizzazione.

In realtà, anche se è vero che gran parte delle armi sono incenerite all’arrivo in Ucraina, è vero anche che esse hanno avuto un’incidenza, altrimenti il Paese sarebbe caduto in una settimana.

Ma è presumibile che non abbiano l’efficacia propagandata, tanto è vero che il segretario della Difesa Lloyd Austin ha affermato che gli Stati Uniti intendono “indebolire” la Russia (New York Times); cioè non sperano di vincere, ma di fiaccare Mosca (in una guerra fino all’ultimo ucraino).

Sugli incassi dell’apparato militar-industriale ci sembra di interesse evidenziare i costi dell’arma che è diventata il simbolo del conflitto, il sistema anti-carro l’FGM-148 ATGM, noto come “Javelin”.

Così sul sito specializzato Top War: “Nonostante tutti i suoi vantaggi, l’FGM-148 ATGM non è privo di inconvenienti. Il principale è l’alto costo di tutti i suoi elementi […]. Da questo punto di vista, il Javelin ‘supera’ [per costo ndr] qualsiasi altro moderno sistema anticarro. Il bilancio militare degli Stati Uniti per il FY2021 prevede l’acquisto di missili in TPK al prezzo di 175mila dollari per unità. Il prezzo dell’unità di comando e lancio ha superato da tempo i 200 mila dollari”.

Con tutta la pubblicità che gli è stata fatta in questi giorni, è ovvio che le industrie belliche americane sperano di poterlo piazzare anche altrove, incrementando i già lauti incassi.

Mentre alcuni lucrano sulla guerra, essa porterà alla fame le moltitudini, come ha dichiarato lo stesso Biden (Bloomberg). Hunger Games, i giochi della fame, potrebbe così non essere solo il titolo di una nota serie cinematografica.

Per quanto riguarda, invece, il destino delle armi Nato galleggianti nel mare magnum ucraino, la conferma dell’Associated Press: “il rischio, affermano sia gli attuali funzionari dell’amministrazione statunitense che gli analisti della difesa, è che, a lungo termine, alcune di queste armi possano finire nelle mani di eserciti e milizie che gli Stati Uniti non intendevano armare”.

Tali armamenti, insomma, stanno creando/rafforzando eserciti ombra che faranno strame anche dei popoli di quei Paesi che li stanno allegramente armando, eserciti come al Qaeda e Isis (peraltro, il primo è nato dai mujaheddin afghani, il secondo si è armato grazie ai rifornimenti che gli Usa spedivano ai cosiddetti ribelli siriani).

Senza contare i movimenti neo-nazisti che attraversano in maniera carsica l’Occidente ai quali tali armi arrivano in via più diretta, che possono riservare cattive sorprese, come ha dimostrato in maniera esemplare Anders Brevnik, quello della strage di Utoya.

Primo ministro della Norvegia al tempo dell’eccidio era l’attuale Segretario della Nato Jens Stoltenberg, che ora rischia di armare di nuovi e più sofisticati giocattoli i Brevnik del futuro, come registrava il realistico report di Rita Katz sul Washington Post… bizzarrie della storia.

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