Azovstal, la debacle della propaganda ucraina emerge nei media filo Nato

24 Maggio 2022 11:00 Piccole Note

La resa del Battaglione Azov a Mariupol è stata un duro colpo per l’Ucraina, tanto che si è tentato in tutti i modi di dissimulare l’accaduto, sia limando il numero dei prigionieri che evitando di parlare esplicitamente di resa, preferendo il termine evacuazione.

Così, quanto avvenuto alle Azovstal va in controtendenza rispetto alla narrativa dominante, nella quale i successi della resistenza ucraina obliterano del tutto quelli russi. Insomma, un’incrinatura della narrativa occidentale.

Ciò non tanto per il dato in sé, dal momento che l’insuccesso delle Azovstal poteva benissimo essere compensato dai successi, veri o asseriti, conseguiti altrove e ad altri livelli (Svezia e Finlandia nella Nato etc).

Invece, avendo Kiev caricato quanto accadeva alle Azovstal di un significato eccessivo, parlando di una resistenza irriducibile e facendola assurgere a simbolo di tutta la resistenza ucraina, piuttosto che parlare di un assedio che non lasciava vie di scampo, ha dato alla resa un significato altrettanto simbolico, anche se ovviamente niente affatto definitivo.

Questo il senso di un articolo di Francesco Battistini sul Corriere della Sera, con tesi analoga a quella di Domenico Quirico che, sulla Stampa, annota che quanto avvenuto alle Azovstal è “in primo luogo una disfatta nella comunicazione [ucraina], loro che finora l’hanno utilizzata con perizia”.

In più, Battistini s’interroga sul perché Zelensky, che finora aveva sostenuto la resistenza a oltranze degli “eroi” di Mariupol, si sia convinto a dare l’ordine di arrendersi (ovviamente dopo il 9 maggio, per non alimentare la propaganda russa, che in quella data ha celebrato la vittoria sul nazismo, vedi Piccolenote).

Non si spiega, cioè, perché ordinare la resa, dal momento che gli assediati potevano rimanere asserragliati ancora del tempo, forse molto (avevano scorte di viveri). Un tempo che potevano usare per continuare a trattare con i russi, come fatto finora.

Secondo Battistini, al di là del fumo della propaganda, tale ordine si spiegherebbe dalla volontà di Zelensky di far fronte – e superare – la pressione dell’esercito ucraino, che avrebbe voluto attaccare le linee russe per liberare gli assediati. Un attacco che sarebbe risultato suicida e avrebbe favorito solo i nemici…

Spiegazione che non convince molto, dal momento che anche i sassi sanno che l’esercito ucraino fa quel che dice la Nato, senza la quale non avrebbe la minima possibilità di difesa né di offesa contro l’aggressore, E la Nato non avrebbe mai dato il placet a un simile suicidio collettivo, né i generali ucraini avrebbero potuto esercitare pressioni in tal senso su di essa.

C’è un’altra spiegazione, più logica, che spiegherebbe perché offrire sul piatto d’argento questa vittoria ai russi: un passo tanto decisivo potrebbe esser dovuto alla necessità di salvare i tanti combattenti stranieri, Nato e israeliani, che avevano trovato rifugio nelle acciaierie.

Tale presenza, di cui abbiamo accennato in precedenza, sembra indicata anche da un altro piccolo indizio. Nel suo articolo, Battistini riferisce del dolore di Zelensky per la morte “del 90 per cento dei nostri elicotteristi che hanno provato a portare aiuti all’acciaieria”.

Cenno che suona incongruo, perché non si comprende come degli elicotteri possano portare “soccorso”. Non certo attaccando i russi asserragliati d’intorno, perché missione suicida, né portando armi, ché nelle acciaierie ne erano pieni, né portando cibo, invero difficile da scaricare senza incorrere nel frattempo nel fuoco di sbarramento nemico.

È lecito supporre, invece, che tali elicotteri, come si usa normalmente, siano stati inviati in missione di esfiltrazione, cioè per portare via i capi della Azov e magari, anzi forse più ragionevolmente, la legione straniera o parte di essa. Missioni che prevedono un mordi e fuggi rapido e invisibile, che invisibile non è risultato.

Così, data la missione impossibile, dopo la telefonata tra i due capi di Stato Maggiore, Gherasimov e Milley, le controparti di sono presumibilmente accordate per un compromesso sulle Azovstal, così come Usa e Russia si erano in precedenza accordate per un analogo compromesso riguardante i combattenti americani – dopo la telefonata tra Shoigu e Lloyd. I vari Stati cui faceva riferimento tale legione straniera, per risolvere la questione, hanno cioè deciso di usare un canale che aveva funzionato in precedenza.

A di là dei retroscena, solo ipotizzabili, resta che l’Ucraina sta cercando di riavere indietro i suoi soldati, anche perché è la Brigata più attrezzata e risoluta, il cui addestramento ed equipaggiamento è costato negli anni milioni di dollari. Ma proprio per questo, e per le accuse che inseguono gli appartenenti a tale Brigata, la Russia per ora ha detto niet. Vedremo.

Da segnalare che mentre la Russia rivendicava la sua vittoria alle Azovstal, e l’Occidente ricordava i suoi fallimenti altrove, un incendio ha devastato il Centro aerospaziale di Mosca, sabotaggio altamente simbolico, che indica la profondità con la quale possono attaccare gli antagonisti della Russia.,

Dal momento che è irreale ipotizzare che l’azione sia ascrivibile agli ucraini, dà la misura di quanto l’Occidente sia coinvolto nel conflitto, con i rischi conseguenti.

Infine, resta da registrare che Zelensky ha intenzione di varare una legge per dare ai cittadini polacchi gli stessi diritti concessi agli ucraini rifugiati in Polonia, cioè “residenza legale, lavoro, istruzione, assistenza sanitaria e prestazioni sociali” (Ukrinform).

I polacchi, cioè, diventeranno de facto anche cittadini ucraini… dati i precedenti relativi alla Polonia, la cui aggressione generò la Seconda guerra mondiale, l’iniziativa potrebbe portare sfortuna (dei polacchi potrebbero essere uccisi in Ucraina, la Polonia potrebbe intervenire a fianco dell’Ucraina… e la Nato?).

Tutto resta in fieri, mentre si segnala che più persone dell’establishment iniziano a rendersi conto dei rischi insiti nella crisi. Abbiamo scritto dell’editoriale del New York Times, in altra nota riferiremo dell’articolo di The Atlantic….

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