Paolo Ferrero e la politica estera di Rifondazione Comunista: poche stonature dallo spartito del Pd


di Fabrizio Verde

«Dobbiamo obbligare l'Europa a cambiare le sue politiche», comincia parlando di moneta unica ed Unione Europea la nostra chiacchierata con Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista. Secondo l'opinione dell'ex ministro durante il governo di centrosinistra guidato da Romano Prodi, il punto non è l'insostenibilità dell'euro per i paesi dell'Europa meridionale, ma «il vero problema sono i trattati». Mentre le politiche implementate dal presidente della Banca Centrale Europea, il cosiddetto Quantitative Easing, «dimostrano che i soldi ci sono, ma vengono destinati alle banche. Dovrebbero invece essere investiti per creare lavoro e sviluppo». Quindi quel di cui abbiamo bisogno non è un'uscita dall'Europa «per tornare agli stati nazionali», ma avanzare verso una «rottura con le politiche neo-liberiste». Pensare ancora oggi che sia possibile riformare l'Europa, pensare che ci sia un euro che non sia neo-liberale e che esista un tavolo delle trattative con il regime di Berlino, Bruxelles e Francoforte lascia esterrefatti.

Tra i temi 'caldi' affrontati anche quello relativo alla nuova guerra fredda scatenata dagli Stati Uniti d'America contro la Russia, utilizzando la questione ucraina come un'arma puntata verso Vladimir Putin. «Gli Stati Uniti vogliono ricostruire la vecchia cortina di ferro contro una Russia che ha recuperato la sua autonomia – ha affermato Paolo Ferrero – utilizzare l'Ucraina come cuneo per dividere l'Europa dalla Russia».

Il segretario di Rifondazione Comunista nonostante lo svilupparsi degli eventi in Libia e Siria, rivendica con forza le posizioni espresse dal suo partito in occasione delle 'rivolte' che diedero il via nel caso della Libia agli attacchi che causarono la caduta di Gheddafi, mentre nel caso della Siria all'avanzamento di forze apertamente terroriste come Al-Nusra e Isis, che adesso sono in rotta grazie anche all'intervento deciso della Russia sul campo. «Rifondazione Comunista – precisa Paolo Ferrero – ha sempre sostenuto quelle forze che chiedevano la democratizzazione di Libia e Siria. Rivendico in pieno le nostre posizioni. Non abbiamo mai sostenuto la lotta armata, che è stata ed è ampiamente foraggiata dai paesi occidentali. Vorrei ricordare che Rifondazione Comunista fu l'unica forza politica a organizzare una manifestazione contro la guerra in Libia». E' noto come le bandiere di Rifondazione Comunista sventolassero nel febbraio del 2011 il giorno dell'assalto all'ambasciata libica a Roma poco prima del criminale attacco della Nato del marzo seguente. Dall'intervento russo ad oggi tutti i castelli di carta inventati sulla guerra per procura in Siria sono venuti giù e ben due partiti comunisti sostengono la guerra di liberazione dal terrorismo da parte della Repubblica araba siriana, ma Ferrero è ancora per «le forze che chiedevano la democratizzazione di Libia e Siria» come un Pd qualsiasi.

Filo conduttore di questa chiacchierata sulla politica estera è stato, inevitabilmente, il ruolo giocato sullo scacchiere internazionale dagli Stati Uniti d'America, adesso alle prese con le primarie da cui scaturiranno i candidati alla carica presidenziale dei partiti principali: repubblicani e democratici.

La novità è sicuramente rappresentata da Bernie Sanders, da noi definito in maniera netta e forte come un socialista che odia i socialisti' dopo che ha definito Chavez «dittatore comunista morto», ha pesantemente attaccato la Cina e ha più volte parlato del bisogno di rafforzare la cooperazione con la Nato. «La novità è che Sanders riporta la lotta di classe in Usa. Non possiamo aspettarci da lui che innalzi la bandiera dell'antimperialismo. Il punto da salutare positivamente è il ritorno della lotta di classe nel dibattito statunitense, in un paese dove la classe operaia è stata distrutta dalla prima guerra mondiale e poi dal maccartismo. Dietro Sanders vi è il movimento sindacale, ci sono i giovani, i movimenti militanti. Non possiamo ridurre la questione a tifo da stadio» la posizione di Ferrero.

In conclusione, abbiamo chiesto al leader di Rifondazione Comunista del tremendo attacco portato nei confronti dell'America Latina che si vorrebbe far tornare ai tempi di quando era considerata alla stregua del 'patio trasero' degli Stati Uniti. «Contro l'America Latina e i suoi leader progressisti viene portato un attacco poderoso. La situazione è difficile, basti pensare al Brasile dove media e magistratura cercano il colpo di stato istituzionale contro il governo di Dilma Rousseff. A tal proposito, Rifondazione Comunista terrà una un presidio di solidarietà presso l'Ambasciata brasiliana a Roma per esprimere il proprio sostegno». Secondo Ferrero, bisogna che i governi si attrezzino per combattere al meglio la battaglia mediatica: «Nonostante il grande seguito e la capacità di mobilitazione dei governi progressisti, vi è la necessità di compiere passi in avanti dal punto di vista mediatico dove le oligarchie e le grandi corporations ancora hanno posizioni dominanti. Emblematico il caso di TeleSur in Argentina, dove l'emittente è stata oscurata per volere di Mauricio Macri»

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