Hanieh Tarkian (Università al-Mustafa) a l'AD: "Il popolo, il paese e le forze militari iraniane sono pronte a qualsiasi scenario"



di Francesco Fustaneo

In Medio Oriente la tensione non accenna a diminuire, mentre continua comunque incessante il massacro ordito dal governo Netanyahu ai danni dei palestinesi. Abbiamo contattato in Iran, dove si trova al momento, la dottoressa Hanieh Tarkian per intervistarla sui recenti accadimenti nella regione. Tarkian, ha conseguito un dottorato in Scienze islamiche presso il Jamiat az-Zahra, il più importante centro femminile di studi islamici dell’Iran e un Master in Relazioni Internazionali e Studi Strategici; attualmente è docente e coordinatrice del Master in lingua italiana in Studi Islamici organizzato dall’Università internazionale al-Mustafa (Iran). Scrive di politica, religione e geopolitica. Ha pubblicato "Studio comparativo sulla figura di Maria. La madre di Gesù nella tradizione cristiana e islamica" (2013) e "Coraggio e fede. L'esempio del generale Qassem Soleimani nella lotta contro il terrorismo internazionale" (2022).


L'INTERVISTA

- Ci potrebbe riassumere quanto accaduto nelle ultime settimane, a partire dalle dinamiche dell’attacco israeliano all’ambasciata iraniana in Siria e la conseguente rappresaglia di Teheran?

Il primo aprile 2024 il Ministero della Difesa siriano dichiarava che intorno alle 17:00 “il nemico israeliano aveva lanciato un'aggressione aerea dalla direzione del Golan siriano occupato, prendendo di mira uno degli edifici legati al Consolato iraniano a Damasco”. L'aggressione aveva portato alla distruzione dell'intero edificio e al martirio e al ferimento di tutti coloro che si trovavano al suo interno. Tra i martiri uno degli importanti comandanti della Forza Qods dei pasdaran, il generale Mohammad Reza Zahedi e sei consiglieri militari iraniani. Ricordiamo che i pasdaran sono presenti in Siria su richiesta del legittimo governo siriano per offrire sostegno logistico alla lotta contro i gruppi terroristici. Probabilmente il gesto è da interpretare come una dimostrazione di forza per calmare l’opinione pubblica israeliana, in particolare quella più estremista che non è contenta dei risultati dell’esercito di occupazione a Gaza, dove l’unica cosa che sono stati in grado di fare è stato uccidere civili, nessun risultato strategico è stato ottenuto. Fin da subito l’attacco è stato condannato dai Ministeri degli Esteri iraniano e siriano, e dai gruppi di resistenza palestinesi. Come esempio cito il Fronte popolare per la liberazione della Palestina che ha affermato che “l’entità sionista agisce come uno stato gangster canaglia, calpestando tutti i trattati e le convenzioni internazionali, sottolineando che l’entità sionista è intenzionata a trascinare la regione in una significativa escalation, pienamente consapevole che pagherà un prezzo pesante per questi crimini. Farà precipitare i suoi cittadini in un bagno di sangue e in disastri che non potranno sopportare;porterà la regione verso una significativa escalation ed esplosione”. Anche Russia e Cina hanno condannato il gesto come violazione dei trattati internazionali.

La sera del primo aprile gli iraniani si sono riuniti nelle piazze chiedendo una reazione forte da parte dello stato, a ciò sono seguite le dichiarazioni nei giorni successivi, sia di funzionari politici sia militari, che l’Iran avrebbe risposto al crimine israeliano e inutili sono state le mediazioni, soprattutto da parte dei governi occidentali, per evitarla. In particolare la Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Khamenei, ha affermato che l’entità sionista andava punita. Per questo la sera del 13 aprile è iniziata l’operazione di rappresaglia iraniana, consistente di varie fasi. Rappresaglia inevitabile, principalmente in considerazione del fatto che la cosiddetta comunità internazionale è stata del tutto incapace di condannare l’aggressione israeliana e di garantire che eventi di questo genere non succedano più. I molteplici attacchi di droni e missili sono stati preceduti da una serie di attacchi hacker alla rete elettrica e ai sistemi radar del regime sionista, che hanno portato a massicce interruzioni di corrente, e poi nel pomeriggio dal sequestro di una nave container legata a Israele, tuttavia i pasdaran hanno subito dichiarato che tale sequestro non aveva nulla a che vedere con la rappresaglia.


Come si è sviluppato l'attacco?

Nella prima fase sono state lanciate decine di droni a cui è seguito il lancio di una serie di missili da crociera e balistici. L’obiettivo era di colpire le postazioni militari israeliane, droni e missili da crociera avevano lo scopo di distrarre e saturare i sistemi di difesa israeliani e confondere le idee su quali fossero i bersagli, e i missili balistici miravano a colpire le basi di Ramon e Nevatim, dove si trovano i caccia F35 che hanno bombardato il Consolato iraniano a Damasco. Secondo alcune fonti dodici missili hanno colpito i bersagli prefissati, è difficile determinare l'efficacia degli attacchi considerata la riluttanza di Israele a rivelare i danni subiti. In ogni caso l’attacco a due basi aeree, di cui almeno una ospita i jet F-35, segna un duro colpo alle capacità militari israeliane. Nonostante gli imponenti sforzi di difesa, l’uso da parte dell’Iran di armi economiche e di produzione nazionale sottolinea la sostenibilità della sua strategia offensiva, mentre Israele ha speso enormi risorse nella difesa. Secondo alcune fonti, Israele ha bruciato 1,4 miliardi di dollari, mentre la produzione di un drone iraniano Shahed costa meno di 5.000 dollari. Inoltre, molti dei droni utilizzati appartenevano alla generazione di droni precedente e dovevano prima o poi essere rottamati. Nessuno dei potenti e avanzati missili ipersonici iraniani è stato utilizzato.

La disparità nel rapporto costo-efficacia tra le misure offensive iraniane e la difesa israeliana evidenzia un chiaro squilibrio strategico. Qualora l'Iran aumentasse l'intensità dell'attacco, risulterà evidente che la sostenibilità dei meccanismi di difesa israeliani nei conflitti prolungati fallirà. Inoltre Israele si è difeso con il sostegno delle più grandi potenze come Stati Uniti, Inghilterra e Francia, mentre l’Iran ha attaccato da solo e utilizzando solo parte delle sue potenzialità. Le strategie difensive israeliane sono state usate al massimo e sono state svelate. Per diversi giorni, i sionisti e l’Occidente avevano accresciuto le aspettative sulla risposta iraniana per farla apparire debole dopo la sua esecuzione, eppure le sirene hanno suonato settecento volte nella Palestina occupata e Israele ha dimostrato l’insostenibilità strategica e in termini di costi della sua difesa, che in una guerra di lunga durata porterebbe a una sconfitta definitiva.

- Sul Jerusalem Post si è parlato dell’intervento in aiuto di Israele (tra gli altri) dell’Arabia Saudita? Come è da inquadrare tale intervento che sembra un andare in direzione contraria alla recente distensione avviata tra i sauditi e gli iraniani grazie alla mediazione cinese?

Purtroppo la rappresaglia ha dimostrato l’impotenza e la sudditanza di alcuni paesi arabi, come la Giordania che ha partecipato all’abbattimento dei droni, l’Arabia Saudita e gli Emirati arabi, che hanno dato sostegno di intelligence: un tradimento di lunga durata nei confronti della causa palestinese. Questa ennesima pugnalata alle spalle è solo l'ultima di una serie che avrebbe dovuto portare alla definitiva normalizzazione dei legami diplomatici di tutti i paesi arabi con Israele e avrebbe messo fine per sempre al sostegno alla causa palestinese con il pretesto che Israele è invincibile; invece l’operazione dei gruppi di resistenza palestinesi, Tempesta di al-Aqsa del 7 ottobre e ora la rappresaglia iraniana hanno dimostrato che il mito dell’invincibilità di Israele è un castello di carte che può crollare.

Pertanto questo comportamento dell’Arabia Saudita non ci deve sorprendere, ma questo non è in contraddizione con l’accordo e il riavvicinamento con l’Iran: infatti l’Iran è consapevole che è necessario mantenere la stabilità nell'area e non dimostrare ostilità nei confronti degli altri paesi della regione, perché ciò andrebbe solo a vantaggio di Israele e degli Stati Uniti. Tuttavia l’Iran è stato chiaro riguardo alle proprie linee rosse: qualsiasi paese che dia sostegno di qualsiasi tipo a Israele o agli Stati Uniti in un eventuale attacco all’Iran, riceverà una forte reazione da parte dell’Iran.


- Come hanno reagito i principali paesi arabi e del Medio Oriente in generale all’intervento iraniano? Ancora, in caso di ulteriore escalation quali alleati scenderebbero in campo realisticamente a supporto dei pasdaran?

Tutti i gruppi di resistenza senza eccezione, sia i gruppi palestinesi, sia Hezbollah in Libano, Ansarullah nello Yemen e i gruppi di resistenza irachena, hanno dichiarato che l’operazione è stata un successo e che ha cambiato gli equilibri a livello regionale e globale. È stato distrutto il mito dell’invincibilità dell’esercito israeliano ed è stato il primo attacco di grande portata contro Israele dal 1967. Questi stessi gruppi senza dubbio sosterebbero l’Iran in caso di escalation.


- Lei mentre stiamo realizzando questa intervista si trova in Iran: può dirci come vive la gente l’annuncio dell’imminente contro risposta iraniana? Cosa scrivono i giornali locali come le autorità iraniane si stanno preparando a tale eventualità?

Il popolo iraniano è un popolo molto orgoglioso e coraggioso, lo ha dimostrato durante la guerra imposta all’Iraq durata otto anni, nella quale Saddam aveva l’appoggio di tutte le grandi potenze, e l’Iran non aveva risorse militari avanzate, eppure nemmeno un centimetro del territorio iraniano è andato perso. È proprio in quegli anni che l’Iran ha iniziato a sviluppare tattiche militari complesse e a produrre armamenti in modo indipendente, quest’esperienza è stata poi condivisa con gli altri gruppi di resistenza e nella lotta al terrorismo in Iraq e in Siria. Quindi il popolo, il paese e le forze militari sono pronte a qualsiasi scenario e tutti i funzionari hanno ribadito che la risposta dell’Iran sarà molto più ampia della rappresaglia.

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