Di ritorno da Caracas, ecco come il Venezuela risponde alla guerra economica e alle sanzioni



Omar Minniti, collaboratore de "L'Antidiplomatico", ha partecipato all'incontro internazionale "Todos Somos Venezuela". A Caracas ha rappresentato i comitati ungheresi di solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana. Omar, calabrese di Reggio, ex consigliere provinciale del Prc, vive e lavora a Budapest da 6 anni, dove è attivo anche nella battaglia internazionalista per Siria, Palestina e Donbass.


E' stata la prima volta in Venezuela?

Sì. Anche la prima in tutta l'America Latina. Un viaggio breve ma assolutamente emozionante ed interessante sui piani politico ed umano.

Bene, cominciamo a parlare di quello umano.

Ho incontrato delegati provenienti da ogni parte d'Europa e del mondo. C'erano anche i compagni italiani. Ho lavorato fianco a fianco con storici amici del Venezuela e dell'America Latina, come il prof. Vasapollo e Gerardina Colotti. L'accoglienza dei venezuelani è stata meravigliosa e fraterna. Non solo quella del personale del protocollo e delle autorità. Mi riferisco soprattutto ai militanti di base del Psuv, agli attivisti delle reti sociali e dei movimenti, ai soldati semplici dei vari corpi dell'esercito, alla gente comune che abbiamo incontrato durante le attività. Eravamo per loro i veri amici che si vedono nel momento del bisogno. Erano abituati a visite internazionaliste come questa, ma per loro è stata indicativa la nostra presenza in un momento in cui il Venezuela e la Rivoluzione Bolivariana stanno subendo una feroce offensiva dai media occidentali. Un momento in cui certi falsi amici si sono defilati ed hanno fatto propri gli stereotipi della campagna imperialista contro il presidente Maduro.



Con che tipo di attivisti delle reti e dei movimenti sociali vi siete relazionati nei giorni dell'incontri? Come vi hanno descritto la situazione che sta attraversando il paese in seguito alle guerra economica e le sanzioni?

Abbiamo incontrato attivisti provenienti da ogni parte del paese. C'erano i rappresentati del mondo operaio, i contadini, i movimenti studenteschi, i leader delle comunità indigene e delle esperienze di autogestione. Alcuni di essi erano stati eletti in seno alla Costituente, ma la maggioranza era composta da attivisti di base. Abbiamo anche avuto l'opportunità di visitare alcune di quelle importanti realtà. Siamo andati nello stato di Vargas, storica roccaforte chavista, governata dal generale ed eroe della Rivoluzione Garcia Carneiro. Parliamo di uno stato federale che nel 1999 è stato quasi raso al suolo da un terribile alluvione, in cui sono morte più di 20 mila persone. Grazie all'intervento personale del presidente Chavez, tutte le attività produttive sono state ricostruite in pochi anni, sono state inaugurate migliaia di abitazioni, è stata realizzata una fitta rete di servizi pubblici statali ed autogestiti. Abbiamo visitato una spiaggia diretta da un collettivo comunitario ed un agriturismo nel cuore della foresta, quasi a 2000 metri di altezza. Riguardo gli effetti della guerra economica, del boicottaggio e delle sanzioni, certamente questi si sentono, ma la popolazione li affronta con coraggio, speranza e dignità encomiabili. Non abbiamo visto scene di povertà estrema, bambini malnutriti, mendicanti ed assalti ai negozi vuoti, come quelle che vengono descritte dai nostri pennivendoli prezzolati. Nemmeno a Caracas. Siamo stati nei mercati popolari ed abbiamo attraversato le vie dei barrios. Le bancarelle erano piene di frutta e verdura. C'erano beni di consumo di ogni genere. Spesso ci siamo imbattuti nei furgoncini della Mision Alimentacion, che vendono cibo a prezzi calmierati. Le uniche file erano quelle davanti ai bancomat, per accedere al contante, che però nella quotidianità è stato ormai quasi completamente sostituito dal pagamento elettronico. Gli attivisti venezuelani ci hanno parlato con franchezza ed onestà. Il momento che stanno attraversando è difficile, ma hanno espresso ottimismo. Contano soprattutto sulla diversificazione economica e la de-dollarizzazione, per essere più dipendenti dalle oscillazioni forzate del petrolio, nonché sulla battaglia per l'autosufficienza alimentare e la cooperazione internazionale con Russia e Cina, i cui effetti positivi già si vedono. Per esempio, abbiamo viaggiato sui nuovissimi, efficienti ed ecologici autobus cinesi.



Hai partecipato a due incontri con il presidente Maduro, uno dei quali alla presenza di Evo Morales. Che connessione c'è tra la base chavista ed i vertici della Rivoluzione Bolivariana?

Maduro è tutto tranne che un presidente isolato e debole. Ha parlato con autorevolezza, razionalità e cognizione di causa, evitando la facile retorica. Quello che mi ha stupito positivamente è la sua capacità di fare autocritica e di comprendere gli errori ed i limiti della fase. E' una tendenza molto diffusa anche tra i dirigenti intermedi e la base della Rivoluzione. Le critiche sono serrate e pubbliche. Non c'è alcuna censura. Ma si tratta di critiche costruttive, finalizzate a proseguire sulla strada della costruzione della via bolivariana al socialismo. Durante la manifestazione di martedì scorso davanti palazzo Miraflores, Maduro è stato durissimo contro la corruzione. L'ha definita come il principale serpente che, dopo le minacce di aggressione di Trump e le sanzioni, insidia il Venezuela. Senza peli sulla lingua, ha puntato l'indice anche contro i falsi chavisti infiltrati nella pubblica amministrazione e nelle aziende statali, che usano il ruolo di cui la Rivoluzione li ha onorati per fare affari personali, minare la produttività e l'economia e tradire la fiducia del popolo. Ha annunciato misure straordinarie per sradicare il fenomeno, dicendo che non ci saranno remore nei confronti di nessuno, inclusi i vertici governativi. Sono state parole che hanno infiammato la folla, che aspettava proprio un indirizzo chiaro su questo tema. Un altro tema che Maduro ha toccato con forza è quello del consumo della coca naturale. Se, da una parte, la lotta al traffico di stupefacenti continuerà ad essere intransigente, dall'altra il Venezuela sosterrà la battaglia intrapresa da tempo dalla Bolivia del presidente Morales, per legalizzare e sfruttare al massimo a livello alimentare, medico e scientifico le proprietà di questa pianta miracolosa. Una pianta utilizzata da millenni dagli indios, che non c'entra nulla con l'uso perverso che ne fanno i trafficanti ed i narcostati come la Colombia. In Venezuela verranno presto aperte delle fabbriche per produrre tisane, caramelle, farmaci ed altri prodotti a base di coca naturale.



Durante le giornate dell'incontro, si è svolto un Forum Antimperialista in difesa della Patria, organizzato dalle forze armate, che sono uno dei pilastri della Rivoluzione. Di cosa si è discusso?

La lealtà dell'esercito, della guardia nazionale, della polizia e degli altri corpi armati verso il governo è assoluta. Non solo tra gli ufficiali. I soldati sono molto ideologizzati e fanno parte, nella maggioranza dei casi, della prima generazione nata dopo la Rivoluzione. Si tratta di ragazze e ragazze tra i 18 e i 25 anni, che hanno la faccia degli ex schiavi neri, degli indios, delle popolazioni che si sono mescolate nei secoli, degli abitanti dei barrios. E' un esercito del popolo composto da figli e figlie del popolo. Ho ascoltato con attenzione le relazioni dei vertici dell'esercito sui piani di difesa in caso di aggressione Usa, ma, se devo essere sincero, ho gradito di gran lunga dialogare con i soldati semplici e i graduati di truppa delle forze armate, della guardia di onore del presidente Maduro e con i componenti della Milizia bolivariana. Quest'ultimi sono degli straordinari volontari - operai, studenti, contadini, pensionati, tra cui tantissime donne - che partecipano ad operazioni di difesa territoriale e protezione civile. E' un vero e proprio braccio armato e di massa della Rivoluzione. Come molti esponenti della sinistra italiana ed europea sono cresciuto con una forte diffidenza verso l'esercito e le forze di polizia, ma qui parliamo di un'altra cosa. In Venezuela ogni soldato è a sua volta un militante politico. Mi è capitato di parlare con essi di Gramsci, dello stato dell'arte delle forze progressiste in Europa, ma anche di problematiche connesse alla costruzione del socialismo in Venezuela. Nella nostra delegazione c'erano degli attivisti Lgbtq e con i soldati e i miliziani si è discusso anche di diritti civili. Il loro livello di cultura ed umanità è incredibile. Forse è una delle cose che mi ha colpito di più durante questo viaggio in Venezuela.









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