Christopher Black, autodeterminazione dei popoli e rispetto della sovranità per il diritto internazionale: il caso della Catalogna


di Alessandro Bianchi


Christopher Black è uno dei giuristi penali internazionali più noti al mondo. Insieme a diversi altri giuristi, Black ha criticato pubblicamente l'arresto di Slobodan Miloševic da parte del Tribunale dell'Aja, sostenendo come fossero, al contrario, i leader della Nato che si sarebbero dovuti sedere davanti ad un tribunale per crimini di guerra. Con il Pofessor Michael Mandel e ad altri giuristi, Black ha presentato una serie di accuse formali di crimini di guerra contro tutti i leader dell'Alleanza Atlantica dopo i bombardamenti del 1999.

C. Black è oggi una delle voci più autorevoli nel commentare la politica internazionale su Toronto Star, Globe and Mail, Canadian Dimension, Counterpunch, Global Research, New Eastern Outlook, Z Magazine, Mediterranean Quarterly, Monthly Review, Izvestia, Politika, Sanders Research.

Da esperto di diritto internazionale, abbiamo rivolto a Black alcune domande sulle questioni più dibattute oggi nelle relazioni internazionali: Catalogna, Kurdistan e Corea in particolare.



L'intervista rilasciata all'AntiDiplomatico



Autodeterminazione dei popoli, rispetto dei confini e della sovranità di un paese. Uno dei temi più complessi per il diritto internazionale. Come articolarlo per il caso della Catalogna, la regione spagnola che ieri ha proceduto ad un referendum indipendentista contro il volere della Corte Costituzionale spagnola?

Si, è una questione molto complicata. E’ un principio fondamentale nel diritto internazionale che ogni nazione è sovrana e ha il diritto all’autodeterminazione. La battaglia per applicare questo principio contro l’imperialismo della Nato e dei suoi alleati ha generato diverse crisi in Asia, America Latina, Nord Africa, Ucraina. Con le “democrazie” liberali che distruggono le politiche sociali rimanenti, la crescita del nazionalismo è una conseguenza diretta del desiderio delle forze del capitale di aumentare il livello di sfruttamento del lavoro. La massa di persone che devono lavorare per sopravvivere vedono che sono costretti a lavorare di più per sempre meno, mentre i loro capi si arricchiscono. I lavoratori capiscono che c’è una relazione diretta tra il movimento di denari che esce dai loro portafogli e che entrano in quelli dei capi.
I capitalisti utilizzano tutti i metodi da propaganda per portare questa rabbia delle masse lavoratrici fuori dalla giusta causa e così nasce la campagna antirussa negli Usa, o l’isteria contro la Corea del Nord, o, infine, la crescita dell’estrema destra in Europa.
Veniamo al caso della Catalogna. In Spagna, la crisi economica ha creato problemi profondi per i lavoratori ma ha anche creato tensioni tra capitalisti di differenti regioni e ora vediamo questa tensione aumentare al livello raggiunto da questo referendum. Ci sono alcune forze di lavoratori che l’hanno sostenuto ma non molte. La forza motrice dell’indipendenza catalana è la borghesia catalana, anche quella piccola che spera di fare più soldi nella regione dopo aver preso il pieno controllo delle finanze e non dover più trasferire fondi di compensazione al governo centrale. Ripeto, non c’è dubbio che ci siano alcune forze lavoratrici che sostengono la secessione nella speranza di poter beneficiare qualcosa dal tavolo. Ma l’indipendenza spaccherebbe ancora di più le forze lavoratrici spagnole come blocco e indebolirebbe le loro rivendicazioni in termini di diritti e Welfare.






Passiamo quindi dal diritto alla politica…

Esatto, queste mie ultime sono considerazioni politiche, non di diritto. Se una regione ha il diritto legale di staccarsi da uno stato nazionale è una questione della Costituzione interna di quel paese o può avvenire in seguito ad uno scontro violento. A differenza del caso delle Repubbliche del Donbass in Ucraina e la loro battaglia per l’indipendenza dal regime di Kiev, a Barcellona la Gardia Civil ha lanciato proiettili di gomma, mentre Kiev ha utilizzato forze militari ingenti che hanno commesso ogni sorta di crimine di guerra. In Canada, per fare un altro esempio, la richiesta d’indipendenza della provincia del Quebec è ancora forte e un referendum è stato indetto e si è celebrato, ma senza che generasse il supporto necessario. Esiste un diritto legale di secessione in alcune circostanze, ma la domanda secondo me da porsi è proprio politica: si tratta di un desiderio della classe operaia o della borghesia nazionalista? Sulla Catalogna, io vedo il secondo caso.


C’è chi ha anche fatto l’esempio e il parallelo con la Brexit in queste ore…

Nel Regno Unito le persone hanno votato per lasciare l’Unione Europea. Il referendum è stato sostenuto da moltissimi all’interno delle forze lavoratrici perché in questo voto hanno visto una chance di rompere con quest’organizzazione sovranazionale creata per promuovere gli interessi delle borghesi europee e americane contro gli interessi delle forze lavoratrici in Europa. In questo caso la classe operaia ha ritenuto che la perdita della sovranità nazionale avesse creato una situazione in cui la classe operaia rimanesse bloccata in catene, mentre la borghesia nazionale aveva la libertà d'azione. Così hanno votato per fuggire. Ma all'interno della Gran Bretagna ci sono altre divisioni nazionaliste tra Scozia, Galles e Irlanda. E non è solo il caso del Regno Unito. Negli Stati Uniti ci sono voci crescenti di indipendenza in Texas, California e altri esempi nel mondo si potrebbero fare nel mondo. Ognuno di questi casi, ripeto, deve essere esaminato da un punto di vista di classe o rischia di perdersi in un labirinto di emozioni, slogan, confusioni e delusioni.


Situazione diversa rispetto a questi esempi fatti in parallelo con la Catalogna. Ma altro tema fondamentale oggi per le relazioni internazionali è la celebrazione del referendum del Kurdistan iracheno che rischia di divenire la nuova miccia pronta ad esplodere in Medio Oriente. Sarà il nuovo Israele nell’aerea come sostiene più di un esperto?

Se un Kurdistan indipendente dovesse diventare uno stato cuscinetto sotto l'influenza degli Stati Uniti e dei suoi alleati, allora si verrebbe utilizzato per seminare il caos in tutta la regione. Usa e alleati hanno già un’influenza diretta e forniscono supporto ad alcune fazione curdi. Se quest’ultime dovessero salire al potere ci sarebbero problemi seri da affrontare per il Medio Oriente. Ma permetteranno al PKK di andare al governo? Molto difficilmente. Ocalan è ancora in prigione, il cessate il fuoco con la Turchia è finito, sono sotto attacco in Iraq. E quindi se nascerà una nuova Israele dipenderà dal carattere politico che il nuovo stato del Kurdistan eventualmente assumerebbe.


Veniamo ora alla questione del momento nelle relazioni internazionali: il nucleare nord-coreano e una possibile escalation bellica nella penisola coreana. Come giudica la strategia di Kim e quali i rischi concreti per il resto del mondo?

La Repubblica Popolare di Corea sta portando avanti l’unica azione in suo possesso per cercare di difendersi. Pyongyang ha affermato più volte di essere pronto ad eliminare tutte le sue armi nucleari a patto che gli Stati Uniti concludano un trattato di pace, si impegnino ad un trattato di non aggressione a cui far seguire la rimozione delle armi nucleari statunitensi presenti nell’area. Gli Usa si rifiutano e la Corea del Nord conclude, molto probabilmente a ragione, che gli Stati Uniti vogliono attaccarli e un giorno lo faranno. La risposta isterica della leadership Usa è la risposta di ogni tiranno che viene sfidato.
Che la Russia e la Cina siano con gli Stati Uniti in questo momento, è tragico per il popolo coreano, costretto ad affrontare la guerra economica da quelli che dovrebbero essere i loro alleati. La giustificazione per questo sostegno all’imperialismo nord-americano - cercare di fermare la guerra - è debole perché la Corea del Nord non si piegherà e gli Stati Uniti non torneranno indietro. Anzi la leadership americana ha utilizzato il sostegno della Russia e della Cina come prova che siano nella giusta direzione e che questo li renda solo più aggressivi.



Per Pyongyang, quindi, l’atomica sta diventando sempre più vitale, perché il paese teme sempre di più di fare la fine dell’Iraq e della Libia. Non crede, quindi, che le sanzioni delle Nazioni Unite, siano totalmente inefficaci e controproducenti perché alimentano questa escalation?

Si. E penso di più, ritengo che siano del tutto illegali, dato che la Corea del Nord non è in violazione di nessuna legge o trattato e si sta solo armando per difendersi dallo stesso nemico di sempre, gli Usa. Le “sanzioni” – guerra economica – sono basate su risoluzioni auto-generate che sono non valide in legge e nei fatti. Le “sanzioni” stanno solo spingendo Pyongyang in un vicolo cieco e incoraggiano, allo stesso tempo, l’aggressione degli Usa.
La Corea del Nord, come ho affermato in precedenza, non rappresenta una minaccia. Non attaccherebbe nessuno e il suo arsenale serve solo come difesa e deterrente contro gli Usa, che, loro si, minacciano il mondo con una guerra nucleare ogni giorno. E, chissà perché non lo ricorda mai nessuno, sono l’unico paese al mondo che ha utilizzato quest’arma per massacrare cittadini e intere città di un’altra nazione.



Le Nazioni Unite a luglio hanno adottato l’importante Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. L’Onu viene spesso utilizzato a giorni e paesi alterni: questo Trattato infatti viene ignorato da tutte le potenze nucleari, dai membri della Nato con armi nucleari Usa (Italia compresa). La Nato ha vietato addirittura ai Palamenti dei paesi membri di ratificarlo. Può l'occidente fare la morale a chi persegua un deterrente per non finire come Saddam e Gheddafi?

No. La loro ipocrisia e la loro immoralità è palese e visibile all’intero mondo ogni giorno.


Il mondo sta comunque cercando alternative all’unilateralismo che ha prodotto il caos e le destabilizzazioni della nostra epoca. Russia e Cina (con Iran, Venezuela e tanti altri paesi), ad esempio, stanno intensificando il cosiddetto processo di de-dollarizzazione nei loro scambi reciproci. Quali sono le sue previsioni in termini di finanza internazionale e quali ripercussioni geopolitiche?

Si, insieme al fatto che gli Stati Uniti continuano ad aumentare il proprio debito a livelli talmente astronomici che la sua moneta non può essere più sostenuta da nessun tipo di asset. Si tratta di un'Himalaya di debito. Vediamo già gli effetti nella povertà reale. I cittadini statunitensi sono in difficoltà e persino le forze militari stanno scivolando nel decadimento, tanto che il paese sarà costretto a basarsi sempre più sulle sole forze nucleari. Hanno perso diverse guerre in successione, hanno creato molta morte e distruzione, ma non hanno ottenuto nulla in cambio, ad eccezione di una perdita di benessere per la popolazione. La loro influenza sul mondo sta diminuendo, anche se è ancora forte e potrà produrre altre trame pericolose nel futuro recente.

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