2011-2021: "Il decennio maledetto". Intervista a Sergio Cararo

25 Giugno 2021 16:00 La Redazione de l'AntiDiplomatico

E' con grande orgoglio che annunciamo l'uscita - oggi sulla piattaforma Youcanprint e da lunedì in tutti gli altri store - del libro di Sergio Cararo, direttore di Contropiano, edito dal Gruppo L.A.D.: "Il Decennio Maledetto. 2011-2021: i 10 anni che hanno sconvolto il nostro mondo".

Un segnale della cooperazione sempre più forte tra le due realtà editoriali e il giusto premio a chi ha fatto in questi anni grande giornalismo di qualità contro le migliaia di fake news con cui il mainstream ha coperto crimini sociali e guerre.

L'INTERVISTA

"Decennio maledetto. 2011-2021”. Inizia con la letterina di Draghi e finisce con l'ex presidente Bce a chiudere il lavoro in Italia...

La scansione politica e temporale su cui è articolato il libro non è affatto casuale. In questi dieci anni si è definito e realizzato il commissariamento dell’Italia parte degli apparati europei. L’Italia è troppo grande, popolosa, ricca per essere tenuta al di fuori di un vincolo esterno come quello messo in atto dal 1992 e pienamente realizzato tra il 2011 e il 2021. Il fatto stesso che il protagonista dell’operazione sia sempre Draghi, offre un quadro esaustivo di questo processo. Indubbiamente il decennio si è concluso nel pieno di una sindemia/pandemia che segna uno spartiacque tra il “prima” e il “dopo”. E qui si gioca una partita che possiamo definire “sistemica”. Draghi sta usando ancora una volta il bazooka, ma potrebbe non bastare.

Nel libro si segue una tripartizione in cui Nato, Ue e zona euro come gli avversari veri delle classi lavoratrici. Perché a sinistra in molti non riescono ancora a capirlo?

Perché occorre avere piena consapevolezza di due fattori: uno è il vincolo esterno e la perversione dei suoi automatismi, sia sul piano economico che militare. In questo senso Nato e Ue/Eurozona agiscono sul nostro paese allo stesso modo. Secondo che a sinistra si è continuato a negare la natura imperialista dell’apparato che la Ue ha costruito sull’Europa. Ci si è adagiati più sulle contraddizioni tra i vari Stati europei che sulle convergenze strategiche comuni che invece venivano crescendo. Anche sulla visita di Biden in Europa molti hanno accettato acriticamente la versione della nuova alleanza euro-atlantica mentre sul piano economico le divergenze tra Usa e Ue sono rimaste rilevanti e niente affatto risolte. Infine, ma non per importanza, a sinistra persiste una visione comunque “progressista” dell’Unione Europea che, a mio modesto avviso, non ha più alcuna ragione d’essere dalla fine del bipolarismo Usa/Urss nel 1991. Da allora le classi dominanti europee hanno avviato un processo di concentrazione e gerarchizzazione per rendere l’Unione Europea un soggetto con proprie ambizioni nella competizione globale che già all’inizio del XXI Secolo ha sostituito la globalizzazione.

Nella nostra prefazione abbiamo definito il libro il primo veramente "sovranista" proprio per la capacità di analizzare nel dettaglio tutti i vincoli esterni che attanagliano il paese. Il treno del sovranismo non è l'ennesimo perso dalla sinistra italiana?

La questione è diventata rognosa per almeno due motivi. Ci sono alcune categorie che ormai hanno bisogno di essere declinate proprio perché se ne sono impossessati i nemici. Il capitalismo si è appropriato della democrazia e dei diritti umani, la destra della sovranità, l’intreccio tra apparati religiosi e liberisti del mutualismo. E solo per citarne alcuni. Questi termini ormai vanno declinati per non essere confusi e strumentalizzati. Il risultato è che una questione, a mio avviso parte integrante del movimento operaio, internazionalista e rivoluzionario come la sovranità nazionale, popolare, democratica, sono diventati un tabù anche a sinistra. E’ una regressione e una subalternità culturale francamente inspiegabile e lì dove viene motivata non condivisibile.

Dai crimini di guerra in Jugoslavia a quelli contro la Siria, il libro nell'ultima parte analizza i massacri della Nato negli ultimi dieci anni. Sempre fondati su fake news da parte di quei giornali che vogliono censurare le voci critiche. Come fare cartello a livello di "controinformazione" e quali modelli usare?

La manipolazione mediatica, le fake news, le menzogne di guerra sono ormai parte integrante di quelle che possiamo definire come “guerre ibride” e che sono già in corso. Non è uno strumento di guerra iniziato in questo decennio ma già sperimentato nella guerra nella ex Jugoslavia e nella prima Guerra del Golfo in Iraq nel 1991. Lì sono stati fatti i primi esperimenti di flussi di menzogne di guerra organizzati che poi sono stati affinati negli anni successivi. Contrastare questo aspetto delle “guerre ibride” è decisivo come contrastare i bombardamenti veri e propri. In realtà in alcune occasioni le fonti di informazione alternativa hanno saputo tenere testa agli apparati di guerra mediatici dell’imperialismo. Mi riferisco alle radio libere negli anni Novanta e adesso tramite la rete. Ma proprio perché il controllo delle multinazionali sulla rete è diventato un macigno che occorre pensare a sinergie efficaci a chi opera nel campo dell’informazione alternativa.

Se questo è stato il decennio maledetto, il prossimo come sarà?

In realtà la fase storica che si è aperta appare di straordinario interesse per le contraddizioni che ha rivelato nel sistema capitalista dominante. La recessione globale nei paesi occidentali a capitalismo avanzato era cominciata ancora prima della pandemia. Quest’ultima ha acutozzato sia le contraddizioni interne a questi paesi sia un nuovo multipolarismo a livello internazionale. I governi e le classi dominanti in occidente si vedono costretti a mostrare il loro vero volto, brutale anche se nascosto dietro retoriche liberali e progressiste. Diciamo che dopo dieci anni di odio di classe dall’alto verso il basso, adesso tra i settori popolari comincia a serpeggiare una indisponibilità a continuare ad essere “carne da macello”, sia nella pandemia che nell’accettazione di disuguaglianze sociali ormai insopportabili. A mio modesto avviso il prossimo decennio sarà un periodo di lotta di classe, vera e senza le mistificazioni che fin qui ne hanno depotenziato la spinta. Ma molto dipenderà dalle soggettività politiche, sociali, sindacali, intellettuali che sapranno sincronizzarsi a questa nuova fase. Guardare al futuro e ai processi in corso come se tutto fosse sempre uguale e come prima sarebbe un errore imperdonabile.

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