L’attacco alla stazione di Kunming: “l'11 settembre cinese”


di Federico Nero

Nella notte di sabato scorso ha avuto luogo uno dei più letali atti di terrorismo che la Cina ha subito in tempi recenti, in modalità assai differenti da quelle che avvengono nel resto del mondo.
Alla stazione ferroviaria di Kunming, nel sud-ovest della Cina, 10 assalitori armati di coltello hanno attaccato i passanti, lasciando sul campo 29 morti e 130 feriti. La polizia ha aperto il fuoco uccidendo 4 assalitori e catturandone uno. Gli altri 5 sono in fuga. L’emittente di stato ha comunicato la notizia che due degli aggressori erano donne, una delle quali è stato uccisa dalla polizia. Le vittime dell'attentato descrivono gli assalitori come vestiti di nero e che hanno fatto irruzione nella stazione iniziando a colpire le persone a caso.
Le foto mostrano il pavimento macchiato di sangue della stazione cosparso di bagagli e il personale medico al lavoro sui feriti. Alcuni testimoni oculari hanno detto che gli assalitori usavano più di un coltello alla volta, colpendo anche ripetutamente le stesse vittime. I funzionari locali affermano che le prove identificano come responsabili i separatisti dello Xinjiang, in quello che viene definito “un premeditato attacco terroristico violento organizzato” che sarà “punito severamente ”.

L’attacco più grave prima di quello alla stazione di Kunming è stato lo scorso ottobre in Piazza Tiananmen, quando un uomo alla guida di un SUV è andato contro la folla e ha dato fuoco al mezzo. Questo attacco ha ucciso 5 persone e ne ha ferite altre 4 e nonostante il numero ridotto di vittme ha profondamente scosso la nazione. Anche in questo caso il governo cinese ha attribuito l’attacco al Movimento Islamico del Turkestan Orientale dell’etnia degli Uiguri. L'attacco di sabato arriva in vista della riunione annuale del parlamento cinese, durante un periodo in cui il livello di sicurezza è più elevato del solito.
Lo Xinjiang è una regione del nord-ovest della Cina, molto vasta e composta per lo più da deserti.
Il 43% della popolazione dello Xinjiang è di etnia Uigura, una minoranza musulmana e turcofona che da molti anni è ostile al governo centrale cinese. Gli Uiguri non accettano il costante e crescente afflusso dei cinesi di etnia Han (la maggioranza assoluta in Cina) e non sopportano le imposizioni del governo cinese in materia religiosa. Gli scontri etnici tra uiguri e Han proseguono da diversi anni, ed esattamente come succede con il Tibet, anche nello Xinjiang la politica portata avanti dal governo cinese per risolvere la tensione è quella di aumentare in maniera costante la presenza di cinesi han sul territorio favorendone l’insediamento, in maniera da rendere gli uiguri sempre di più una minoranza marginale. Anche la politica di investimenti economici è volta a favorire l’etnia Han e ad escludere gli Uiguri, rendendo la divisione etnica sempre più profonda e rancorosa. Non tutti gli Uiguri sono separatisti, e le loro istante si dividono tra chi vuole un trattamento più giusto, chi vuole l’autonomia e chi vuole la secessione e la lotta armata.
Fino a poco tempo gli incidenti sono stati in gran parte confinati all'interno dello Xinjiang, ma se anche l'attacco a Kunming è legato alla causa separatista dello Xinjiang questo potrebbe rappresentare un cambiamento nella strategia dei separatisti uiguri, andando ad aggravare ulteriormente le difficolta del governo cinese nella gestione della regione. Kunming è nella provincia Yunnan, a circa 4000 km dallo Xinjiang, una provincia dove risiede una significativa minoranza di Uiguri. Questa azione, dimostra che gli Uiguri — come i ceceni in Russia — intendono rivendicare la loro causa attraverso tutto il paese e non solo nel territorio di appartenenza.



Alcuni commentatori esperti di terrorismo internazionale pensano che le cause dell’aumento della tensione non derivino solamente dalla politica interna, ma anche dalla maggiore influenza economica cinese in Nord Africa e in Medio Oriente, in aree in cui l’aumento della presenza d’investimenti cinesi entra in conflitto con il controllo territoriale delle organizzazioni jihadiste estremiste. La Cina un tempo era vista come un padrino dei gruppi e movimenti di liberazione (compresi alcuni gruppi Palestinesi) e un contrappeso al potere degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, ma adesso la propaganda jihadista la disegna come una “testa di serpente” degli Stati Uniti e i separatisti Uiguri diventano quindi alleati nella jihad globale. La repressione cinese dei separatisti Uiguri ha portato queste organizzazioni a dover fuggire fuori dalla Cina, dove hanno stretto alleanze con gruppi operanti in Pakistan, con i Talebani e con organizazzioni affiliate ad Al Queda.
In Cina l’attacco a Kunming è stato chiamato dall’agenzia di stato per l’informazione “l’11 settembre cinese” e si è chiesto un piano anti-terrorismo e di sorveglianza in tutto il paese modellato su quello americano.
Fonti: qz.com, The Diplomat

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