José Muñoz Alcoholado. Cileno, chavista, ucciso dalla violenza fascista e dall'oblio dei media

di G. Granato

José Muñoz Alcoholado era a cena a Caracas. Non un semplice ritrovo tra amici, ma tra compagni, che erano convenuti in quel ristorante per una manifestazione a sostegno del processo bolivariano e del governo venezuelano.

Dopo un paio d’ore, due commensali, seduti ad un tavolo vicino, si sono alzati e hanno aperto il fuoco contro José. Gli hanno sparato diretto in faccia. Così l’hanno ammazzato. Le indagini sono ancora aperte, ma non è peregrino immaginare la parte da cui provengono gli assassini.

Cileno, figlio di un carabiniere membro del GAP (Grupo de Amigos del Presidente), che fu accanto ad Allende fino agli ultimi istanti della sua vita, prima che fosse troncata dal golpe fascista di Pinochet, il Chico Alejo, nome con cui era conosciuto dai compagni, ha dedicato la sua vita alla lotta, alla rivoluzione. Tra il suo paese, dove alla fine degli anni ’80 era stato tra i fondatori del MIR-EGP, una delle costole in cui si divise il MIR, e l’estero, dove a più riprese è stato costretto ad emigrare: Germania, Cuba, Nicaragua, Colombia e, ovviamente, Venezuela.

Anche i morti non sono uguali. Provate a scrivere il suo nome su un motore di ricerca e verificate quanti articoli hanno scritto “La Repubblica”, “La Stampa”, “Il Fatto”, “Il Sole 24 Ore” e tutti gli altri mezzi di informazione mainstream che pure paiono in queste settimane così attenti a cianciare di Venezuela.



Non troverete nulla perché non si dà pubblicità all’omicidio di un partigiano della “brutale dittatura chavista”. Per costoro un comunista deve morire due volte, anche nell’oblio dei mezzi di comunicazione.

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