Il lato oscuro della vicenda Lopez e le spudorate menzogne dei media mainstream sul Venezuela



di Fabrizio Verde

Media mainstream e menzogne spudorate. Siffatto binomio appare inscindibile, in maniera particolare quando viene affrontato il tema Venezuela. La scarcerazione del golpista Leopoldo Lopez, a cui sono stati concessi gli arresti domiciliari, ha riportato con forza a galla questo grave problema che pregiudica il diritto dei cittadini italiani a ricevere un’adeguata informazione.

Su tutti svettano i due articoli dedicati alla vicenda dai principali quotidiani italiani: ‘La Repubblica’ e ‘Il Corriere della Sera’. In entrambi balza all’occhio in maniera palese il forte pregiudizio negativo nei confronti della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Cotroneo dalle colonne del quotidiano di via Solferino arriva a definire Lopez «il prigioniero politico simbolo della fase terminale del chavismo». Quest’ultima affermazione esula il campo dell’analisi ed è collocabile nell'ambito del wishful thinking.

Perché Leopoldo Lopez non è un prigioniero politico

La narrazione tossica post-veritiera dei media mainstream continua a definire il leader di Voluntad Popular un prigioniero politico. Andiamo quindi ad appurare, avvalendoci della popolare enciclopedia online Wikipedia, quando un detenuto rientra in questa ben precisa categoria: «Un prigioniero politico è una persona detenuta, o agli arresti domiciliari, in quanto le sue idee sono considerate una minaccia o una sfida all'autorità dello Stato». A questo punto possiamo definire prigionieri politici personaggi come MIlagro Sala in Argentina o Leonard Peltier negli Stati Uniti.

E Leopoldo Lopez? L’ex sindaco del municipio Chacao è stato condannato perché giudicato responsabile di gravi crimini quali l'incendio doloso (art. 343 del Codice Penale), l'istigazione alla violenza (art. 285 del Codice Penale), danneggiamenti alla proprietà pubblica (art. 83, 473 e 474 del Codice Penale), e associazione a delinquere (art. 37 del Codice Penale), con l'aggravante di aver infranto la Legge Organica contro il Crimine Organizzato e il Finanziamento al Terrorismo, in occasione delle violente proteste da lui capeggiate nell'anno 2014, quando con la destabilizzazione delle piazze l'opposizione cercò di provocare il rovesciamento del legittimo Presidente Maduro. Il piano era denominato 'La Salida'.

'Protesta' cruenta caratterizzata dalle cosiddette guarimbas: barricate composte da chiodi e fil di ferro che provocarono una morte tremenda a diverse persone innocenti. Tragico il bilancio: 43 morti e 878 feriti. Insomma, tutt’altro che reati di opinione come si vorrebbe far credere. Lopez è sicuramente un simbolo. Rappresenta il golpismo e la violenza devastatrice.

Per tracciare un termine di paragone con l’Italia, vediamo che considerando solo due dei reati commessi come l’incendio doloso e l’istigazione alla violenza, sarebbero costati al ‘prigioniero’ Lopez oltre 10 anni di reclusione nelle nostre patrie galere, decisamente meno confortevoli del carcere di Ramo Verde a Caracas.

Molto si è speculato anche sulle condizioni di detenzione, che come i lettori potranno constatare, attraverso la foto e il video sottostante, sono state effettivamente tremende. Nella foto si vedono Lopez e altri ‘prigionieri’ come Ceballos e Scarano sadicamente torturati: bevono e suonano strumenti musicali all’aria aperta!

Chi è Leopoldo Lopez?

A questo punto, è bene ricordare chi è Leopoldo Lopez e la sua traiettoria politica. Attuale Coordinatore Nazionale dell’organizzazione d’opposizione «Voluntad Popular», si presenta come leader di un gruppo che promuove «un conciliante messaggio di pace, benessere e progresso, che s’impegna per la costruzione di un’alternativa per il paese dove i diritti sono per tutti i venezuelani».

Leopoldo Lopez è il rampollo di una potente e ricca famiglia venezuelana. Suo zio è stato ministro durante il mandato di Eleazar López Contreras, presidente che esiliò politici e persone comuni solo per il sospetto che avessero simpatie comuniste o anarchiche.

Suo padre è stato accusato di frode e riciclaggio di denaro, secondo un’investigazione dell’Interpol, per lo spostamento di decine di migliaia di dollari verso Singapore.

Sua madre è stata vicepresidente del gruppo Cisneros, uno dei principali finanziatori e sostenitori, attraverso la catena Venevision, del colpo di Stato nel 2002. Rimase coinvolta in uno scandalo per conflitto di interessi, quando emersero trasferimenti di fondi pubblici a favore di suo figlio, allorquando ricopriva un ruolo manageriale nella compagnia petrolifera statale PDVSA.

Leopoldo Lopez ha studiato presso la Kennedy School of Government, dell’Università di Harvard, sito che è di particolare interesse per la Central Intelligence Agency (CIA).

Mentre in precedenza ha studiato presso il Kenyon College, nello stato dell’Ohio, dove la CIA ha inserito alcuni suoi elementi tra gli insegnanti, il cui compito è quello di individuare tra gli studenti, quelli che possono essere utili alla propria causa.

Una volta fatto ritorno in Venezuela si è legato all’International Republican Institute (IRI) del Partito Repubblicano statunitense, che gli ha concesso tutto il suo supporto strategico e finanziario.

A questo proposito, dal 2002 ha condotto frequenti viaggi presso la sede dell’IRI a Washington per sostenere incontri con funzionari del governo di George W. Bush.

L’11 aprile del 2002 si trovava in testa alla marcia dell’opposizione golpista diretta al Palacio de Miraflores, che provocò la morte di decine di persone, oltre al sequestro del presidente Hugo Chávez.

Una volta terminato il suo mandato come sindaco di Chacao, è stato interdetto dalla Corte dei Conti del Venezuela a causa della malversazione delle risorse pubbliche che erano a sua disposizione.

Lopez è stato uno dei padrini politici di Lorent Saleh, meglio conosciuto come simpatizzante neonazista venezuelano, che con l'aiuto dei militari colombiani ed esponenti dell’opposizione pianificava di realizzare atti terroristici in Venezuela con cecchini, bombe, e la creazione di un gruppo paramilitare.

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