Questo è il momento di stare con Lula


di Giusi Greta di Cristina

13 marzo 1979. In pieno regime dittatoriale, il sindacato dei metallurgici indice il primo sciopero generale dal 1964.

80.000 operai si danno appuntamento allo stadio di calcio di Vila Euclide, per ascoltare la voce del leader (eletto un anno prima con il 98% dei voti), Luís Inacio da Silva, detto Lula.

Da quel momento, questo nome cambierà le sorti del Paese.

Sappiamo, bene o male, tutti com’è andata: Lula creerà – assieme ad altri – il PT, diventerà (solo nel 2003, dopo ben quattro sconfitte) il primo Presidente Operaio della storia del Brasile, appronterà politiche economiche che faranno uscire dalla fame milioni e milioni di brasiliani, dando loro la possibilità di “mangiare almeno tre volte al giorno”, di avere un medico, un tetto, una scuola.

Lula ha dato ai brasiliani non solo un sogno, una utopia, ma un futuro reale, concreto.

Non ha mai sbagliato? Certo che sì. In miei precedenti articoli (https://www.ilpartitocomunistaitaliano.it/2016/09/01/golpe-in-brasile-il-ruolo-della-memoria-la-necessita-dellazione/ https://www.ilpartitocomunistaitaliano.it/2018/01/26/linaccettabile-condanna-la-rabbia-del-suo-popolo-pci-lula/) ho più volte ribadito gli errori commessi dal PT, che si è fatto sicuramente condizionare – e non sempre nelle sue forme lecite – dal potere acquisito. Condanniamo, in Brasile come altrove, i vizi propri della socialdemocrazia, incapace spesso di una vera politica socialista, troppo spesso lusingata dalle sirene dei poteri forti.

Ciò tuttavia, come altrove specificato, le vicende che investono l’ex Presidente Luiz Ignacio Lula da Silva sono inaccettabili in uno Stato di Diritto, e vanno inquadrate all’interno delle vicissitudini che stanno travolgendo il subcontinente americano.

Lula, a parte la non sotto valutabile politica interna, ha permesso al Brasile di sganciarsi dal ruolo di subalternità economica agli Usa, ha fatto aderire il Paese al blocco dei BRICS, dando la possibilità al Brasile di divenire una potenza mondiale. Tutto questo, lo ripeto, non dimenticando le politiche sociali all’interno del Paese, investendo sulla Ricerca, facendosi promotore delle relazioni tra i vari Paesi dell’America Latina.

Fermare Lula significa fermare tutto questo.

Ecco perché tanto affanno per fermarlo, a pochi mesi dalle elezioni nel Paese, i cui sondaggi lo confermano nuovo Presidente del Brasile: l’impegno è doveroso per la destra oligarchica che, servendosi della magistratura (noti sono i rapporti con essa del giudice che ha confermato la prigione per Lula) manda in carcere un uomo senza prove, con l’accusa di “corruzione passiva”, un reato creato ad hoc contro Lula, per non permettergli di continuare con la sua già vittoriosa campagna elettorale. In questi mesi l’ex Presidente Operaio ha girato il Paese raccogliendo consensi ovunque: la destra ha dunque pensato di dover stringere la morsa, con un processo farsa, in cui non si sono mai mostrate le prove – perché non si sono mai trovate – e si è liberamente messo in carcere un uomo che “dato che a quel tempo era presidente deve per forza aver rubato anche lui” (rimando nuovamente ai link sopra per conoscere tutta la vicenda giudiziaria che ha riguardato Dilma Rousseff e Lula da Silva).

Sembrerebbe la trama di una commedia degli equivoci, se non si trattasse di quel che sta realmente accadendo.

E il mondo che dice?

Come si è espresso l’OEA, sempre così puntuale quando si tratta di accusare il Venezuela di perpetuare crimini contro l’umanità? E Amnesty Internacional, che di solito gli fa da eco? Tute le varie associazioni umanitarie, i giornalai della sinistra al caviale?

In Italia si è sentito di dover parlare nientepopodimenoche Salvini, che si è congratulato con la magistratura per aver portato in carcere un corrotto. Eppure è strano: lui che i corrotti li conosce bene dovrebbe capire chi lo è e chi no.

Ci ha aggiunto pure l’augurio che finalmente venga riportato in Italia Battisti, ex brigatista in esilio in Brasile, alla cui estradizione i governi socialisti di Lula e Dilma si sono sempre opposti. E anche qui varrebbe la pena fare un piccolo elenco di tutti gli appartenenti al terrore nero non solo a piede libero nel nostro Paese, ma occupanti ruoli politici più o meno di rilievo.

Ma ancora più offensivi sono i comportamenti della cosiddetta sinistra italiana: il silenzio da una parte, dall’altra un comunicato da parte di gente come Bersani, Errani, D’Alema che erano al governo fino all’altro ieri e non hanno mosso un dito – e avrebbero potuto farlo – per far arrivare una denuncia istituzionale nei confronti del golpe finanziario che ha spodestato la legittima presidente del Brasile e l’accanimento giudiziario contro lei e Lula.

Parrebbe che adesso, fuori dal Governo, tentino malcelatamente di recuperare qualche simpatia nella sinistra, quella operaia, quella vera, che si erano scordati fino a ieri.

Ma non tutti soffriamo di una memoria così labile, per fortuna.

E nell’unirci alla sofferenza e alle richieste del popolo brasiliano che rivuole indietro e libero il proprio prossimo Presidente, ci uniamo a loro anche nella lotta che stanno conducendo per la strade del Paese latinoamericano. Molti di loro sono già stati feriti e imprigionati dalla polizia al soldo del Governo (non tutti i soldati sono stati educati alla lotta di classe come quelli venezuelani), ma non si arrenderanno.

È già stato convocato il corteo del Primo Maggio per la liberazione di Lula: chiedo esplicitamente a tutte le forze sinceramente comuniste, che hanno a cuore la sconfitta dell’imperialismo di unirsi, in ogni parte del mondo, a questo corteo.

Se è vero che Lula è un socialdemocratico, che i suoi errori e quelli del suo partito sono errori tipici della socialdemocrazia, a difendere Lula in Brasile si sono unite tutte le forze comuniste e di sinistra dotate di consapevolezza della lotta di classe e delle lezioni sull’antimperialismo.

Lo chiedo, innanzitutto, alle compagne e ai compagni in Italia.

Questo è il momento di stare con Lula.

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