Venezuela: Dieci letture politiche essenziali sul 10 gennaio

da aurorasito


Franco Vielma, Mision Verdad 10 gennaio 2019

Il Presidente Nicolás Maduro prestava giuramento per il secondo mandato. Tale evento di estrema notorietà, ha connotazioni ampie, estremamente diffuse e deducibili da posizioni divise. Questo momento di grande particolarità politica lascia una scia di conseguenze e considerazioni che è opportuno capire dalla visione venezuelana del mondo.

1. Dopo il giuramento del Presidente Maduro, la reazione dell’opposizione in Venezuela era perfettamente coerente con l’agenda volta a ignorare le istituzioni venezuelane e le regole del gioco democratico. Come fa dal 2013, dichiara Maduro “illegittimo” e “usurpatore”. Sette mesi prima delle elezioni del maggio 2018, l’opposizione si astenne boicottando il suo candidato Henri Falcón e facendosi guidare da seguaci delusi emigrati dal Venezuela, oggi usa il giuramento di Maduro per richiedere sanzioni, blocco, colpo di Stato e intervento militare degli Stati Uniti, sperando di beneficiare di quote di potere una volta capitalizzato l’abbattimento del chavismo. Tali eventi espongono chiaramente la logica erratica e amara di tale settore politico.

2. Quando annuncia l’autonomina di Juan Guaidó a responsabile di un futuro “governo di transizione”, l’opposizione venezuelana usa la risorsa del parastato e reagisce secondo l’agenda di destabilizzazione e promozione del caos istituzionale chiaramente coerente con le violenze del anni 2014 e 2017. Alcuni settori incoraggiano la riproduzione di un nuovo ciclo di violenze, che significherebbe la legittimazione di avventure interventiste in Venezuela.

3. A causa di eventi significativi nella realtà venezuelana, è noto che l’opposizione in Venezuela è come una filiazione e club di impiegati della Casa Bianca. Sono attori di terzo livello irrilevanti nella politica locale. Non agiscono da soli e la linea dell’opposizione a Maduro è dettata dall’estero, da funzionari come Donald Trump, Luis Almagro e certi capi del Gruppo di Lima.

4. Nonostante ciò che si dice sul fronte interno venezuelano, ciò che effettivamente accade in relazione al Venezuela è delimitato dal fronte estero. Vale a dire, sono gli interessi stranieri che governano il dinamismo e la fluidità degli eventi che collocano il Venezuela oggi al centro dell’interesse mondiale. Il Venezuela è la pietra angolare di una disputa per le risorse ed è esso stesso perno dell’influenza subregionale che negli ultimi 20 anni si contrappone al potere di Washington in ciò che crede sia il suo “cortile”.

5. Osservando i media internazionali e le voci politiche, è indiscutibile che la narrativa anti-Venezuela sia chiaramente interventista, flirta con la fine della pace e promuove la guerra in Venezuela. Una politica pericolosa per la governance regionale, a cui oggi si concedono certi attori latinoamericani, incoraggiati dalla caotica presentazione della politica estera statunitense. I guerrafondai sono dovunque.

6. Nella proliferazione della retorica negli attori politici del Gruppo di Lima, ci sono promozioni camuffate della guerra in Venezuela o della ripresa del blocco economico, affermando che tali atti possono aiutare il popolo venezuelano a superare la crisi interna. È evidente quindi che siamo di fronte alla promozione di assurdità politiche nel senso comune. Come in ogni contesto bellico, cercano di eliminare la verità.

7. Le relazioni internazionali in questa regione del mondo sono divise in Paesi che sostengono o meno l’interventismo sul Venezuela. Non è Maduro ad imporre tale manicheismo. Pertanto, non è il Venezuela che promuove il proprio isolamento. Sono gli Stati Uniti che l’ordinano. Ed è noto che non sono guidati dall’interesse del popolo venezuelano, ma da appetiti egemonici. Quindi tali carte gettate nella politica regionale creano le ferite che Maduro sana convocando un “faccia a faccia”, un summit latinoamericano e caraibico. Sforzo lodevole per cercare di fermare l’agenda della disintegrazione e del conflitto nella regione.

8. Il discorso della “dittatura in Venezuela” viene smantellato dal semplice fatto che Maduro giura per un mandato che 6 milioni di elettori gli davano nel maggio 2018. Quindi è un esercizio istituzionale. Non è lui che ad essere fuori della Costituzione. Al contrario, i venezuelani che fanno pressione sul governo supportati da governi stranieri ne sono al di fuori.

9. Di fronte a un mondo turbolento, dove gli Stati Uniti hanno ovunque conflitti e attuano la strategia per soggiogare gli Stati-nazione, l’assunzione di un presidente del mandato contro tale “logica” e intimidazione è un fatto
eccezionale. Un atto del genere è audace, sovrano e politicamente corretto. Un atto coerente contro il vortice che consuma e degrada la governance globale. Se i gringos ordinano un indirizzo e se il Venezuela prende la rotta opposta, allora il Venezuela è sulla strada giusta. Se qualcuno in Venezuela dubitava che ci fosse qui un Paese cjhe si autodetermina, i fatti glielo spiegano.

10. La maggior parte degli abitanti del Venezuela, qualunque sia il loro partito, vuole vivere in pace. E la pace non è un dono, si conquista. Maduro inizia un altro periodo dopo aver combattuto, sopportato, parlato e fatto praticamente tutto, andando contro le loro convinzioni, in modo che oggi i venezuelani possano godere della pace. Sebbene non abbia realizzato molto, Maduro ha ottenuto la pace contro ogni previsione. Il popolo venezuelano ha il dovere di non permettere che glielo di tolga e Maduro assume il mandato corrispondentemente a questo fine. Il contrario sarebbe la consegna del Paese ai teppisti globali che premono per imporre la loro agenda di odio, orrore e persecuzione. I venezuelani hanno una lunga strada da percorrere per raggiungere la pace e il 10 gennaio è un giorno importante.


Traduzione di Alessandro Lattanzio

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