Bolivia: dietro le elezioni aleggiano gli spettri delle ingerenze USA e di una rivoluzione colorata come in Ucraina

Alcuni spettri agitano le operazioni di conteggio dei voti per determinare il prossimo presidente della Bolivia. Le ingerenze degli Stati Uniti e uno scenario da rivoluzione colorata in stile Ucraina o Georgia. A evocarli è Ivan Lima, come riporta Prensa Latina.

L'interferenza degli Stati Uniti sull'esito delle elezioni generali in Bolivia e le pressioni dell'opposizione per forzare oggi una votazione confermano le accuse di un piano contro la rielezione del presidente Evo Morales.

"Non si può ancora parlare di brogli o cambiamento dei risultati, ma ci sono ancora un milione di voti da contare nell'area rurale, dove il MAS ha un maggiore sostegno", ha affermato l'analista politico Iván Lima in un'intervista rilasciata al canale televisivo statale Bolivia TV.

Giurista di professione, Lima ha chiarito che le cifre diffuse domenica sera sono preliminari, non definitive, quindi non si ha la certezza se il paese andrà o meno al secondo turno il prossimo dicembre.

"Penso che ci dovrebbe essere un'opposizione responsabile e, in realtà, l'intero paese", ha detto l'avvocato, "se c'è una denuncia che qualcosa non va, deve essere documentata da un atto".

Secondo i risultati preliminari offerti dal Sistema de Trasmisión Rápida y Segura de Actas del Tribunal Supremo Electoral (TSE), chiamato TREP, l'83,76 percento dei voti validi sono stati esaminati e secondo questi il MAS ha ottenuto finora Il 45,28 percento dei voti validi, mentre la Comunidad Ciudadana, guidata da Carlos Mesa, registra 37,84 punti percentuali.

La legge elettorale della Bolivia concede la presidenza al primo turno al candidato che raggiunge oltre il 50 percento delle votazioni o almeno il 40 percento dei voti rispetto al secondo posto e il 10 percento di vantaggio.

Data la situazione esistente, il presidente Morales e il suo Movimento per il Socialismo hanno espresso fiducia nel fatto che il voto rurale deciderà la vittoria alle elezioni generali al primo turno e ha esortato ad attendere che l'ultimo conteggio continui e continui "il nostro processo di cambiamento".

Le accuse di brogli (vedi Venezuela) sono un'alternativa ampiamente usata contro i governi progressisti nella regione e la Bolivia non sfugge a questa strategia progettata dagli Stati Uniti e attuata dai suoi alleati del Gruppo Lima con la complicità dell'Organizzazione degli Stati Americani (OSA).

In ossequio a questo copione, Mesa ha dichiarato oggi che il TSE ha già i risultati al 100% del TREP e che ha bloccato la sua diffusione con l'obiettivo di favorire il MAS per evitare un ballottaggio in cui si presume che l’intera destra si compatterebbe.

A questo proposito, ha esortato i suoi seguaci a mobilitarsi alle porte dei tribunali elettorali dipartimentali, nello stile di ciò che è accaduto in Georgia, Ucraina e altri paesi nelle fase precendenti alla cosiddette Rivoluzioni Colorate.

Intanto, secondo quanto segnala il quotidiano El Deber, ci sono tensioni all’esterno dell’edificio del TSE tra i sostenitori di Mesa e quelli di Morales.

Gli Stati Uniti intervengono attraverso il segretario di Stato ad interim per gli affari dell'emisfero occidentale, Michael Kozak, che esorta le autorità boliviane a "rispettare la volontà degli elettori".

"Gli Stati Uniti stanno osservando da vicino il round delle elezioni in Bolivia, in particolare l'improvvisa interruzione della tabulazione elettronica del voto", ha scritto il funzionario sul suo account Twitter.

Presa Latina spiega che a causa delle caratteristiche geografiche della Bolivia, l'accesso ad alcune aree rurali è molto difficile e ciò rende difficile l'arrivo dei risultati delle votazioni.

Pertanto, la Bolivia rimane in attesa delle cifre definitive. Da un lato, c'è chi vede il processo di cambiamento del MAS come un modo per continuare ad avanzare con prosperità verso il futuro.

Dall'altro, coloro che sostengono un candidato appoggiato dagli Stati Uniti, che maschera con un linguaggio demagogico le terapie neoliberali che oggi oscurano paesi come Argentina, Cile ed Ecuador.

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