Milei come Draghi: la vittoria del capitalismo selvaggio

09 Gennaio 2024 23:02 Fabrizio Verde

Populista. Questo è il termine preferito dai media mainstream per definire il nuovo presidente dell’Argentina, il fanatico ultra liberista Javier Milei. L’obiettivo è ben chiaro, immergerlo nello stesso calderone populista in cui i media mainstream inseriscono chiunque si allontani dalla classica politica liberale e liberista vigente negli Stati Uniti e nell’Unione Europea. Quindi per i grandi media tradizionali sono populisti i presidenti di sinistra dell’America Latina, Fico e Orban nell’est Europa, Trump, Bolsonaro e appunto Javier Milei.

In realtà, in base alle politiche economiche che porta avanti - di svendita dell’Argentina sostanzialmente - Milei è praticamente uguale a un politico europeo. Altro che Trump, Bolsonaro e compagnia bella.

A tal proposito sono davvero notevoli i punti di contatto e le somiglianze con un certo Mario Draghi.

A prima vista potrebbe sembrare che il neo-presidente argentino Javier Milei e Mario Draghi, ex presidente del Consiglio italiano e della Banca Centrale Europea, abbiano ben poco in comune. Tuttavia, un’analisi più approfondita delle loro convinzioni e azioni rivela sorprendenti punti di contatto e somiglianze tra queste due figure accomunate dal fanatismo neoliberista. Sono tre le aree chiave in cui Milei e Draghi convergono: le loro opinioni sulla politica economica, la loro difesa della liberalizzazione del mercato e la loro passione smodata per la stabilità monetaria.

Milei e Draghi condividono opinioni simili sulla politica economica. Entrambi gli ‘economisti’ rifiutano la nozione di un’economia pianificata centralmente e favoriscono i principi del libero mercato. Sia Milei che Draghi sostengono l’importanza della libertà individuale e il ruolo dei mercati nel guidare una fantomatica crescita economica, che in ambito neoliberista nel migliore dei casi è impoverente. A tal proposito si veda il caso del Cile di Pinochet. Entrambi affermano che le forze di mercato sono più efficienti nell’allocare le risorse e nel determinare i prezzi rispetto all’intervento statale. La loro convinzione comune nelle politiche orientate al mercato dimostra che condividono una visione simile.

Poi, sia Milei che Draghi sono forti sostenitori della liberalizzazione del mercato. Milei, noto per le sue dichiarazioni audaci e controverse, è un convinto sostenitore del libero scambio e della deregolamentazione come confermato nel suo primo decreto presidenziale. Sostiene che la riduzione delle barriere all’ingresso e la promozione della concorrenza sono essenziali per favorire l’innovazione e la crescita della produttività. Allo stesso modo, Draghi, durante il suo mandato come presidente della Banca Centrale Europea, ha spinto per riforme strutturali nei paesi membri per ‘migliorare’ la competitività economica. I suoi sforzi per migliorare la flessibilità del mercato del lavoro - leggi precarizzare - e ridurre la burocrazia riflettevano il suo impegno per la liberalizzazione del mercato. Attraverso il loro continuo sostegno a queste politiche, Milei e Draghi dimostrano la loro fiducia condivisa nel potere di trasformazione dei mercati aperti. Una fiducia che però risulta essere inversamente proporzionale all’efficacia reale di questi fantomatici mercati aperti.

Infine, entrambi gli economisti sono fervidi sostenitori del raggiungimento della stabilità monetaria. Milei e Draghi credono che una valuta stabile sia il fondamento di un’economia sana. Entrambi sostengono l’importanza del controllo dell’inflazione e del mantenimento della stabilità dei prezzi per garantire la crescita economica e la prosperità. Milei sottolinea spesso la necessità di una banca centrale indipendente – fino al termine della campagna elettorale prometteva di chiuderla - che dia priorità alla stabilità monetaria a lungo termine rispetto agli obiettivi politici a breve termine. Allo stesso modo Draghi.

In conclusione, sebbene Milei e Draghi possano provenire da background diversi, condividono significativi punti di contatto e somiglianze nelle loro convinzioni e azioni economiche. Il loro accordo sulla politica economica, la difesa della liberalizzazione del mercato e la passione per la stabilità monetaria dimostrano il loro agire in un terreno comune, quello del neoliberismo nudo e crudo. Un ambito dominato dalle privatizzazioni selvagge, la svendita dei paesi, la precarizzazione del lavoro sacrificato sull’altare del profitto capitalistico.

Prima di definire in maniera sciatta e superficiale Milei un ‘populista’, i media mainstream farebbero bene ad analizzare le proposte e misure economiche di questo personaggio fanatico e ultraliberista. Forse si accorgerebbero che si tratta di quelle stesse politiche applicate in Italia negli ultimi trenta anni e che hanno affossato il paese.

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