Reddito di inclusione: una redistribuzione di soldi tra i poveri



di Giorgio Cremaschi

La fanfara del governo, de La Repubblica e della Cisl, saluta il nuovo reddito di inclusione. 190 euro al mese al persona per 18 mesi elargiti ad uno su cinque dei poveri ufficiali, che sono molto meno di quelli reali. Il tutto con una gestione burocratica oppressiva e selettiva che servirà a selezionare i poveri a favore di quelli più capaci di disbrigare montagne di pratiche e di dimostrare non si sa che a non si sa bene quali servizi formativi.

Una miseria, che diventa però una vera e propria truffa quando poi si scopre che non un centesimo di questi soldi vengono dai ricchi, o da spese ingiuste come quelle militari, o allargando le maglie dell'austerità. No il Reddito di inclusione è finanziato completamente con i fondi (pochi) già stanziati per la lotta alla povertà e l'assistenza ai disoccupati. Ai quali viene tolto l'ASDI, il vecchio assegno di disoccupazione. In pratica è un rimescolamento di carte all'interno dei poveri, qualcuno ci perde, qualcun altro ci prende qualcosa, lasciando tutto come prima.

Questa è la politica sociale caritatevole dei governi liberisti obbedienti alla UE. Sono i disoccupati che finanziano i centonovanta euro, altro che non alimentare le guerre tra i poveri. Il governo Gentiloni, come i suoi predecessori, gestisce le risorse pubbliche solo mettendo giovani contro anziani, disoccupati contro lavoratori, attivi contro pensionati, privati contro pubblici. La guerra tra i poveri è la ragione di vita dei governi che ubbidiscono alla austerità UE, banche, finanza, multinazionali ricchi non si toccano, anzi per loro sì che ci sono aiuti. E si dicono progressisti, ma dove?

Neanche Maria Antonietta era così sfacciata.

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