ThyssenKrupp. Corte di cassazione conferma le condanne ai manager, ma i colpevoli sono liberi in Germania


di Giorgio Cremaschi


Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007 un terribile incendio distrusse lo stabilimento ThyssenKrupp di Torino condannando ad una morte orribile 7 operai.

Grazie al lavoro instancabile e minuzioso del procuratore Guariniello i colpevoli di quella strage furono individuati, incriminati, condannati. E, caso raro per gli omicidi sul lavoro, le sentenze, pur attenuate, hanno retto fino alla Corte di Cassazione. Che pochi giorni fa ha voluto anche sottolineare la gravità del non rispetto delle norme di sicurezza, che proprio per la sua dimensione assegna la responsabilità della strage ai manager aziendali. Di essi quelli italiani stanno già scontando la pena, ma i due principali responsabili - l'amministratore delegato Harald Espenhahn (condannato a nove anni di reclusione) e il direttore generale Gerald Priegnitz (condannato a sei anni) - sono liberi in Germania.





Attenzione non si tratta di ritardi o sviste, perché, già nel 2016, dopo la prima conferma delle condanne, la magistratura italiana aveva spiccato un mandato di cattura europeo per i due manager. Mandato di cattura che le autorità tedesche hanno semplicemente ignorato. Ora il ministro Orlando dice che chiederà la consegna dei colpevoli al suo collega di Germania.

Buffonate.

La verità è che il governo dovrebbe fare una campagna contro l'impunità dei manager tedeschi e far valere con tutti i mezzi le regole di giustizia europee.

Che però come al solito valgono solo per i paesi deboli e con una classe politica asservita e mai, mai per la Germania. Questa è la realtà della Unione Europea, un sistema autoritario e truffaldino di diseguali, ove se sei manager tedesco sei automaticamente immune dalla giustizia di uno dei paesi che in Germania chiamano PIGS.

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