Salvini il 'pistolero' e la lobby delle armi



di Giorgio Cremaschi


Matteo Salvini non sbaglia un colpo nel presentarsi come se fosse tra i nazisti dell'Illinois, nel film I Blues Brothers.

Con il fucile, che maneggiava fin quando era guardia padana, che in campagna elettorale ha brandeggiato alla fiera delle armi, che da vecchio, immaginiamo, continuerà a mostrare, Matteo Salvini sarebbe una macchietta, una versione ottusa e minacciosa dell'americano del Kansas City di Alberto Sordi.



Non meriterebbero attenzione questa ed altre sue imbecillità, se non fosse che Salvini è vice presidente del consiglio e soprattutto ministro degli interni. Qui il suo pistoleggiare diventa pericoloso e incostituzionale. Pare addirittura che Salvini abbia firmato un patto di consultazione con l'industria delle armi, che così potrebbe ufficialmente intervenire sulle legge per la legittima difesa e per il possesso delle armi, che il governo ha in programma di varare. Così - mentre negli USA i governanti, persino Trump, si devono sempre più giustificare di fronte ad una opinione pubblica che, di fronte a tante vittime, ogni giorno di più ripudia la libertà di sparare - in Italia abbiamo un ministro di polizia che si pavoneggia tra le armi e con chi le produce. Nemmeno lo sceriffo in Alabama oggi Salvini riuscirebbe a fare incontestato, ma da noi sta diventando normale che chi comanda la polizia sponsorizzi sorridendo i fucili.

La nostra Costituzione antifascista non prevede un ministro degli interni pistolero, dunque dobbiamo darci da fare affinché Salvini emigri dove c'è la libertà di sparare e, soprattutto, di comprare armi. Così lui alla fine potrà realizzare il suo sogno, come lo spregevole vecchietto in foto, e noi uscire da un incubo.



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