15 anni di Putin: il Pil russo è cresciuto dieci volte


di Eugenio Cipolla

Era il 26 marzo del 2000 quando Vladimir Putin, allora già presidente ad interim della Federazione russa dopo le dimissioni di Boris Eltsin del 31 dicembre 1999, vinse le elezioni presidenziali, battendo con il 52% dei consensi Gennady Zjuganov, capo del partito comunista russo. Oggi sono quindici anni esatti da quella data. Una ricorrenza che induce a diverse riflessioni.

Nel corso di questi anni, per dirla in maniera gergale, di acqua sotto i ponti russi ne è passata tanta. Non è facile tirare un bilancio dell’attività di Putin senza subire l’accusa di essere schierati con o contro di lui, così come non è semplice giudicare realmente la fondatezza delle migliaia di denunce che l’occidente ha mosso nei suoi confronti. L’ultima è quella di aver ordinato l’assassino di Boris Nemtsov, figura ormai sbiadita del panorama politico russo. Tuttavia, come ha raccontato l’Antidiplomatico, sono tante le congetture che i media occidentali hanno messo in piedi su questo caso per alimentare l’evergreen “Putin cattivo dittatore, assassino di oppositori”.

Certo, magari il presidente russo non è il fulgido esempio di democrazia che tutto vorremmo, ma la differenza tra lui e i burocrati europei che hanno ridotto la Grecia a un pugno di macerie è così lieve che nemmeno la si percepisce. Con il piccolo particolare che almeno Putin non deve sforzarsi di fingersi democratico agli occhi del mondo intero.

Su una cosa, però, non si può discutere ed è lo straordinario cambiamento economico della Russia negli ultimi quindici anni. Quando Putin ha preso in mano le redini del suo Paese, si è trovato di fronte un quadro economico-finanziario disastroso. L’Unione Sovietica era finita da dieci anni e la Russia, non riuscendo a ripartire, era capitolata sotto le riforme sbagliate del duo Eltsin-Gajdar, fallendo. Oggi, invece, è una delle maggiori potenze mondiali, e non solo in campo economico.

Nell’infografica che potete vedere sotto, i numeri, che si riferiscono al periodo 1999-2013 (in attesa di quelli del 2014), parlano chiaro: il Pil è passato da 195 miliardi di dollari a 2.113, il pil pro-capite da 1.320 a 14.800 dollari, le riserve valutarie e aurifere da 12,6 a 511 miliardi di dollari, il debito pubblico dal 78% del Pil all’8%, le pensioni da una media di 499 rubli a 10.000, mentre gli stipendi da 1.522 rubli a 29.940.

E’ ovvio che la Russia non rappresenti un eldorado (la forbice tra ricchi e poveri è ancora molto ampia e ben 18 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà), ma questi numeri hanno permesso al Paese di resistere al doppio stress causato dalle sanzioni occidentali e dal calo del prezzo del petrolio (quest’ultimo ha influito certamente di più). Viene da chiedersi cosa ne sarebbe oggi della Russia senza tutto questo, come avrebbe reagito di fronte alle pressioni economiche dell’occidente. E’ difficile fornire una risposta certa, molto meno immaginarsela.

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