I giornalisti de l'Unità iniziano a conoscere la verità sulla crisi. Peccato solo che non possano più raccontarla


C'è un giornale, in Italia, che più di tutti non ha compreso, nel suo racconto quotidiano, le dinamiche della crisi attuale o, forse, le ha volutamente mistificate. C'è un giornale nato, in teoria, per difendere le istanze del lavoro e dei lavoratori e non ha mai speso una parola di critica sulla deflazione salariale che la partecipazione alla zona euro, un sistema monetario unico senza meccanismi federali interni, impone ai paesi della periferia come l'Italia. C'è un giornale che, nato, in teoria, per essere la voce delle fasce più deboli della popolazione si è trasformato nell'alleato più prezioso della finanza internazionale che sta stravincendo la sua lotta di classe con il lavoro nazionale. C'è un giornale, infine, che il giorno in cui in Italia si compiva il colpo di stato imposto dalla Bce e l'arrivo a Palazzo Chigi del macellaio dei macellai Mario Monti titolava:

Quel giornale, l'Unità, è oggi chiamato a rispondere della sua cattiva gestione economica e di un fallimento totale, nonostante i milioni e milioni di euro che ha depredato negli anni in finanziamenti pubblici da parte dei contribuenti (56 milioni di euro in 11 anni). A dover pagare i creditori - perché i cittadini non verranno rimborsati chiaramente - saranno anche i singoli giornalisti e gli ex direttori, che si vedranno pignorati beni e casa. Usciranno quest'ultimi, quindi, dal mondo ovattato in cui vivevano quando scrivevano ed entreranno in quello con cui si confrontano milioni di italiani costretti alla povertà, disoccupazione e privazione di diritti acquisiti negli anni per la partecipazione ad un sistema di unione monetaria ed economica fallita e fallimentare. Da domani, forse, gli articoli dell'Unità avrebbero cambiato registro con i giornalisti catapultati nel disastro sociale del paese. Da domani, quindi, il giornale avrebbe iniziato a raccontare la verità sulla crisi, sulla Troika, l'euro, il vassallaggio di Renzi, l'azione mistificatice dei media per alimentare quella guerra tra poveri che lascia al riparo i soliti vincitori. Da domani, gli ex giornalisti de l'Unità l'avrebbero fatto. Peccato solo che sia troppo tardi e il loro giornale fallito sia sotto commissariamento. Esattamente come la democrazia italiana da Monti a Renzi.
La situazione è seria, perché in questi giorni l'ex direttore De Gregorio e altri giornalisti stanno ricevendo da parte delle autorità giudiziarie il pignoramento di casa e redditi, per una cifra che supera i 400mila euro. Com'è possibile? Al momento del fallimento, la società editrice Nie ha portato i libri in Tribunale dichiarando debiti per 32 milioni di euro. Il che significa che non è più in grado di pagare i creditori.
Il problema è che tra questi creditori ci sono anche coloro i quali hanno fatto causa alla testata, vincendo. In questi casi, le responsabilità economiche vengono ripartite per l'80% alla società editrice, per il 10% al direttore e per il 10% al giornalista che ha scritto il pezzo. Ma se uno dei tre non è in grado di pagare, allora spetta agli altri due sobbarcarsi la parte mancante.
In questo caso, a non poter pagare è però la società editrice, che lascia così un peso enorme sulle spalle di direttore e giornalisti, che si sono visti pignorare la casa e hanno ricevuto ingiunzioni di pagamento. Concita De Gregorio, che è stata direttore de L'Unità dal 2008 al 2011, spiega: "Questo comporta che io dovrò pagare ai creditori non la mia quota di responsabilità, ma la mia più quella di Nie, che naturalmente è molto più grande”.
C'è di più, perché i giornalisti sostengono di non essere mai stati aggiornati su come stessero procedendo le cause in corso (cosa però smentita dall'avvocato della testata). L'ex direttore deve pagare 400mila euro di risarcimenti. La giornalista Natalia Lombardo, invece, deve pagare 18mila euro e, pure lei, ha ricevuto il pignoramento.

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