Fulvio Scaglione: "Non c’è stata, finora, alcuna guerra occidentale all’Isis. I cosiddetti ribelli moderati non esistono"


di Alessandro Bianchi


Una decina di giorni dopo gli attentati di Parigi, L'AntiDiplomatico intervista Fulvio Scaglione, Vicedirettore di Famiglia Cristiana.


L'intervista:

Dopo gli attentati di Parigi, a mente più fredda, secondo Lei era possibile prevenire la strage da parte dei servizi francesi?
Credo sia molto difficile per qualunque servizio segreto, soprattutto in una democrazia occidentale che non ha rinunciato al proprio patrimonio di diritti civili, tenere sotto stretto controllo migliaia di persone in un bacino di milioni di persone che potrebbero, almeno in teoria, essere potenziali complici o fiancheggiatori. E cioè, le 5-6 mila persone “attenzionate” dai servizi in Francia, dove ci sono più di 6 milioni di immigrati.
Converrebbe spostare l’attenzione, invece, sui fenomeni di lungo periodo che aiutano la causa e l’azione dei terroristi. Dopo la strage di Parigi è diventato normale segnalare la connessione con il Belgio. Se ne parla, però, come di una cosa nuova mentre già nel 2001, il terrorista kamikaze che si fece saltare insieme con Ahmad Shah Massud, il Leone del Panshir, il capo guerrigliero schierato contro i talebani, aveva studiato in Belgio e aveva passaporto belga. Da molti anni è noto che il Belgio è uno snodo fondamentale, in Europa, per il traffico d’armi. Se c’è una “colpa”, secondo me, va piuttosto ricercata in ciò che non si è fatto (o non si è fatto fino in fondo) su questioni come queste.

Un tempo c'era una collaborazione tra i servizi di sicurezza francesi e siriani riguardo al terrorismo. Secondo lei prima o poi, visti gli scenari attuali, i servizi di sicurezza europei cercheranno, come già hanno tentato timidamente di fare, una collaborazione con i servizi siriani che da 5 anni combattono contro il terrorismo dell’Isis per evitare altre stragi?
Per rispondere a questa domanda bisogna affrontare la grande sciocchezza occidentale a proposito della Siria. che è stata duplice. Da un lato, si è dato, troppo presto e troppo facilmente, per finito Assad. Invece, il suo esercito non si è sbandato e molti siriani continuano a combattere al suo fianco. E dico al suo fianco non per caso: combattono più contro l’Isis che per Assad ma comunque combattono e resistono. Troppo tardi, invece, e soprattutto noi europei, abbiamo capito che l’Isis è un pericolo molto più grande e insidioso di quanto fosse Assad. Di fatto abbiamo regalato tempo e spazio all’Isis, e costretto i siriani a inutili e atroci sofferenze. Quindi, la mancata collaborazione tra servizi segreti occidentali e siriani rientra in questo quadro di debolezza politica somma dell’Europa.
Il presidente Hollande ha dichiarato che la Francia risponderà duramente a questi massacri, e nei giorni successivi all'attentato ha lanciato un'offensiva contro la città di Raqqa, senza colpire apparentemente obiettivi sensibili dell'ISIS. L'Occidente sembra continuare a voler ignorare il ruolo della Russia in Siria, che agisce di concerto con Assad per smantellare le postazioni dell'ISIS. Crede che sia possibile sconfiggere la minaccia del terrorismo senza il supporto della Russia?
Come dicevo prima, il "piano russo” è il più realistico e realizzabile. E pian piano quasi tutti, con le dovute cautele e ipocrisie, se ne stanno rendendo conto. La questione non è tanto se si può sconfiggere il terrorismo senza la Russia, ma se si vuole sconfiggere il terrorismo, e in particolare l’Isis. Da un anno e mezzo la politica Usa è chiarissima: contenere l’Isis in Iraq, per non mandare in frantumi il Paese e regalarlo all’Iran, e lasciargli invece mano libera in Siria perché butti giù Assad e favorisca la nascita di uno Stato a guida sunnita legato all’Arabia Saudita. Il tema vero è accettare o respingere questo schema, che costa sofferenze enormi ai mediorientali e, come vediamo dalla Francia al Mali all’Egitto alla Tunisia, anche a noi.
Gli Stati Uniti hanno deciso nelle settimane scorse di inviare nuovi aiuti e truppe a sostegno dei famigerati ribelli “moderati”, che molto spesso vanno poi a unirsi con Al-Nosra. Così come i bombardamenti francesi, sembrano palesi, senza un accordo previo con il legittimo governo siriano, le violazioni del diritto internazionale. Dopo un anno e mezzo di sterili combattimenti della faticente coalizione internazionale a guida Usa, quale giudizio sulla guerra dell'occidente all'Isis si può dare? Quanta responsabilità hanno Stati Uniti e Francia nella creazione, espansione e oggi finanziamento dell’Isis?

I cosiddetti “ribelli moderati” non esistono. Chi sono? Dove sono? Come si chiamano? Chi lo comanda? Non esistono. Se domani la guerra si fermasse, avremmo due terzi della Siria sotto il controllo dell’Isis e di Al Nusra, che è pur sempre l’erede diretto di Al Qaeda. Il resto sono frottole americane che i nostri media hanno ripetuto senza vergogna e che l’Europa, come dicevo, ha assunto per debolezza. Anche la Francia, oggi così duramente provata, ha le sue responsabilità: pochissimi mesi fa, cercando di sedersi al tavolo della futura spartizione della Siria, ha lanciato una serie di bombardamenti spot privi di senso e di efficacia. E ai tempi di Sarkozy, con la guerra colonialista del 2011, ha regalato mezza Libia all’Isis: un’ottima base per fare fund raising sulla pelle dei migranti, infiltrare i Paesi più a Sud e colpire quali vicini. La verità è che non c’è stata, finora, alcuna guerra occidentale all’Isis: semmai, una guerra a bassa intensità contro Assad, nella convinzione che, cacciato lui e spartita la Siria, l’Isis sarebbe stato facilmente regolato.
E’ stato giustamente osservato come la Francia si sia consegnata ai suoi neocon interni, il primo ministro Valls in particolare. Così come l’11 settembre statunitense segnò la fine delle libertà interne in nome della sicurezza e una guerra indistinta e perenne, in Francia si rischia lo stesso tragico percorso che potrebbe gettare nel burrone tutta l’Unione Europea. Parigi (e l’UE) secondo Lei sarà chiamata nei prossimi anni a fare il gioco sporco che gli Stati Uniti non possono più fare?
No, non credo. E non credo che i Paesi europei potranno limare più di tanto le libertà civili. Non perché non ci sia in giro che lo vorrebbe fare, ma perché le nostre sono società dei diritti e non tollerano limitazioni oltre un certo limite. Anche la nostra economia è basata sulla libertà di movimento e più di tanto non la si può fermare.

Gli attentati di Parigi secondo alcuni potrebbero essere un'opportunità per la realizzazione degli Stati Uniti d'Europa. Il processo di integrazione europeo a questo punto sembra avere bisogno di shock esogeni, per indurre gli stati nazionali a cedere porzioni di sovranità ad una struttura priva di legittimità democratica. Lei crede che sarà questo il prossimo passo che compirà l'Europa?
E’ palese da molto tempo che l’Europa avrebbe bisogno, per tutte le grandi sfide che l’attendono, dall’economia alle migrazioni alla sicurezza, di più integrazione. quel che abbiamo avuto, al contrario, è più divisioni e più frammentazione. Credo purtroppo che questo sia un processo irreversibile e che il grande fattore disgregante sia stato imbarcare tutti i Paesi dell’ex impero sovietico. Questi hanno usato l’Europa come un tram: finché è servita per raddrizzare le sorti delle loro società, bene, poi si sono rivolti a quello che considerano l’interlocutore naturale, oltre che il vero padrone della politica internazionale: gli Usa. Sono stati bravi, hanno lavorato molto bene. E sono molto cinici.

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