Il ricatto di Erdogan e l'ipocrisia dell'Occidente


di Mara Carro

Per ogni migrante irregolare arrivato in Grecia e respinto in Turchia, i paesi dell’Unione Europea accettano un rifugiato siriano attualmente residente in Turchia. I paesi membri si impegnano a fornire altri 3 miliardi di euro alla Turchia entro il 2018, oltre a quelli promessi dall’Europa ad Ankara al vertice di ottobre e ad accelerare la liberalizzazione dei visti per rimuovere l'obbligo del visto per i 75 milioni di cittadini turchi che viaggiano nello spazio Schengen "al più tardi alla fine di giugno 2016” . Infine l’Ue accetta di aprire “immediatamente” nuovi capitoli per il processo di adesione di Ankara all’UE.

È questo l’accordo in principio raggiunto nel vertice tra Ue e Turchia tenuto il 7 marzo a Bruxelles per trovare una soluzione comune al flusso di migranti verso l’Ue e basato sulle “nuove proposte” presentate dal primo ministro turco, Davutoğlu.
Per un accordo definitivo si dovrà però attendere il vertice europeo del 17-18 marzo.
Negoziando in una posizione di forza a fronte di un’Europa indebolita e divisa, Ankara sembra in ogni caso destinata ad ottenere importanti concessioni in cambio del suo impegno per fermare l'afflusso di migranti in Europa.
Ancora una volta, invece, l'Occidente agisce ignorando la repressione dei diritti umani e della libertà di espressione in corso in Turchia.
Non importa se in Turchia le violazioni dei diritti umani sono diffuse. L’Europa la considera un paese sicuro e le affida il compito del rimpatrio dei migranti che non riusciranno a ottenere un visto umanitario. Il ritorno dei profughi dalla Grecia alla Turchia è reso possibile dagli accordi tra i due paesi e dal fatto che la Grecia ha recentemente riconosciuto la Turchia come un paese terzo sicuro . "Gli articoli 33 e 38 della direttiva europea in materia di asilo rendono possibili i rinvii dal momento che il paese che ospita i rifugiati è un paese terzo sicuro", ha insistito Jean - Claude Juncker, Presidente della Commissione europea. Cosa importa allora se anche l’Alto Commissario Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, si è detto profondamente preoccupato "per qualsiasi accordo che possa prevedere un respingimento indiscriminato da un paese all'altro e senza le garanzie per la protezione dei rifugiati stabilite dal diritto internazionale". O se gli alleati turchi sono i primi responsabili del sostegno fornito ai ribelli jihadisti siriani e che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è stato il più esplicito, tra i leader mondiali, nel volere la deposizione del presidente siriano Bashar al-Assad e che il ruolo della Turchia nel destabilizzare la Repubblica Araba di Siria è una concausa del massiccio afflusso di rifugiati siriani verso l’Europa. E se il coinvolgimento della Turchia nel traffico illecito di petrolio dell’ISIS è stato confermato dalle prove satellitari presentate dalla Federazione Russa e che anche il vicepresidente americano Joe Biden ha accusato Ankara di non prendere adeguate misure di contrasto ai movimenti jihadisti e di facilitare il passaggio di armi e miliziani attraverso il confine con la Siria. Cosa importa se la Turchia sta essenzialmente usando una finta campagna contro lo Stato islamico per giustificare un nuovo conflitto con il PKK e le milizie curde, la più efficace forza di terra che sta combattendo contro lo Stato islamico in Iraq e Siria. Cosa importa se la decisione del governo turco di abbattere un caccia Su-24 russo che transitava sui cieli siriani di rientro alla base dopo una missione contro alcuni obiettivi dell’Esercito della Conquista ha impresso una nuova drammatica spinta all’escalation della guerra per procura in Siria e che il comportamento irrazionale e spregiudicato di un membro della NATO – la Turchia – ha esposto la regione, l’intero pianeta e quindi anche il nostro Paese al rischio di un nuovo conflitto mondiale. Cosa importa, infine, se la Turchia è una democrazia illiberale, uno stato che celebra elezioni periodiche, ma dove non c’è spazio per il dissenso e il processo politico è truccato a favore del regime in carica. La dimensione autoritaria del partito attualmente al potere in Turchia viene tralasciata in favore di infinite riflessioni sui problemi posti dal terrorismo dello Stato Islamico e la migrazione verso l’Europa.
Se c'è qualcosa che abbiamo imparato nel corso degli ultimi dodici mesi,è che il presidente è pronto ad impiegare ogni tipo di tattica scellerata al fine di preservare la sua presa su Ankara.
A seguito di risultati elettorali sfavorevoli nel giugno scorso, Erdogan ha fatto spinto il paese verso la guerra civile riavviando una battaglia con il PKK e ha condotto un giro di vite sui giornalisti e chiunque altro criticasse le azioni dell'AKP. Nuove elezioni sono state indette e l'AKP ha ottenuto un risultato migliore che potrebbe spianare ad Erdogan la strada per riscrivere la costituzione della Turchia
Ma il bullismo di Erdogan non si limita alla sua agenda di politica interna.
Media greci hanno ottenuto una nota interna che suggerisce che l'uomo forte turco ha efficacemente ricattato l'UE chiedendo pagamenti in contanti in cambio degli sforzi per ridurre il flusso di migranti verso l'Europa occidentale. "Siamo in grado di aprire le porte verso la Grecia e la Bulgaria in qualsiasi momento e possiamo mettere i profughi sugli autobus", avrebbe detto Erdogan all'indomani del G20 di Antalya del 15 novembre in un incontro con Juncker e Tusk.

Questo è il nostro alleato. Erdogan è il leader sul quale Angela Merkel fa affidamento per controllare il flusso di migranti. Un leader che utilizza i migranti come un’arma, una moneta di scambio per rompere il suo isolamento internazionale.

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