Due pesi e due misure, Gentiloni e le “questioni interne” degli altri paesi. Il caso Catalogna e quello del Venezuela



di Fabrizio Verde e Alessandro Bianchi

Interrogato dalla stampa circa la recente crisi scoppiata in Spagna tra il governo centrale di Madrid e le autorità locali della Catalogna decise a tenere un referendum, previsto il 1 ottobre, per sancire il distacco definitivo della regione autonoma dalla Spagna, il Presidente del Consiglio italiano, Paolo Gentiloni ha dichiarato: «Penso che sia una questione interna alla Spagna, spero non abbia evoluzioni preoccupanti».

Una risposta ineccepibile da parte di un esponente di governo deciso a rispettare la sovranità di uno Stato.

Nulla da dire.

Ma proprio da questa risposta che vi riportiamo una seconda volta perché vi sia bene in mentre tra poco - «Penso che sia una questione interna alla Spagna, spero non abbia evoluzioni preoccupanti» - che si evince ancora una volta la doppia morale dell’attuale capo del governo italiano.

Il buon Gentiloni è lo stesso, non il fratello gemello, che insieme allo spagnolo Mariano Rajoy – sì è lo stesso che adesso vieta manu militari lo svolgimento del referendum per l’indipendenza della Catalogna e non un suo omonimo o il fratello gemello - lo scorso mese di giugno indirizzava una “lettera appello” al governo venezuelano, dove in sostanza condannava la decisione di dare voce e potere al popolo attraverso l’elezione dell’Assemblea Nazionale Costituente - mossa che poi darà ragione a Maduro - e dove la strana coppia ‘Genitloni-Rajoy’ cercava di difendere l’indifendibile: ossia la violenta, golpista, rissosa e squalificata opposizione venezuelana che poco prima aveva organizzato la farsa illegale del plebiscito anti Maduro.

Il massimo dell’interferenza nella sovranità di un altro paese. Durissima è stata la risposta di Caracas contro la lettera di Gentiloni, uno dei punti più bassi nella storia recente di politica estera.

All’indomani della votazione popolare che consentì la nascita dell’Assemblea Nazionale Costituente, l’esponente del Partito Democratico, non pago, dichiarava poi ai microfoni del Tg5: «In Venezuela c’è una situazione al limite della guerra civile e di un regime dittatoriale. Una realtà che l’Italia non riconoscerà, così come non riconoscerà l’Assemblea Costituente voluta da Maduro». Il primo ministro italiano non ha riconosciuto così la volontà di oltre 8 milioni di venezuelani che il passato 31 di luglio si recarono in massa alle urne - nonostante il clima da guerra civile imposto dalle forze di opposizione - per la pace, la sovranità e difendere le conquiste ottenute grazie alla Rivoluzione Bolivariana.

Gentiloni è lo stesso che non ha mai preso le distanze dalle manifestazioni violente e dal terrorismo organizzato dalla destra venezuelana per giocare la carta golpista contro il legittimo governo guidato da Maduro, né tantomeno dal plebiscito organizzato dall’opposizione venezuelana, che il governo di Caracas ha comunque deciso di non vietare, nonostante la sua assoluta illegalità.

La consultazione illegale ha ottenuto il pieno sostegno di esponenti del Partito Democratico come Lia Quartapelle e Fabio Porta, così come di un esponente del governo italiano, il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, come da noi immediatamente denunciato in questo articolo. Questi esponenti politici e di governo si sono addirittura recati alle urna truffa create in Italia. Il massimo dell’interferenza nella sovranità di un altro paese, insomma, targato PD e Governo Gentiloni.

E quindi mentre la destra venezuelana continua a girare il mondo alla ricerca di sanzioni e interventi militari contro il proprio paese, mentre gli Stati Uniti continuano a minacciare il mondo con “guerre umanitarie” a tutte le latitudini, anche Gentiloni continua a fare quello che gli è più consono: il lacchè dei potenti. Pronto a condannare o a rispettare il diritto internazionale a paesi e giorni alterni. A seconda di quello che il padrone ordina, Catalogna o Venezuela che sia.

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