E' davvero pace in Mali?


di Mara Carro
Martedì 18 giugno a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, è stato firmato l’Accordo-quadro fra i gruppi ribelli del Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad e dell’Alto Consiglio per l’Unità dell’Azawad e il governo del Mali.
L'Accordo quadro. L’intesa, articolata su due fasi, prevede un cessate il fuoco nel nord del paese che dovrebbe facilitare il ritorno delle truppe governative e degli amministratori civili nella città settentrionale di Kidal, in vista delle elezioni presidenziali previste il prossimo 28 luglio. Il rispetto del cessate il fuoco e il disarmo dei combattenti tuareg sarà monitorato da una Commissione Tecnica mista, composta da quattro rappresentanti delle Forze Armate maliane e quattro esponenti dei gruppi tuareg, un rappresentate della Minusma, la missione dell’Onu che, a luglio, riceverà le consegne dalla Missione di supporto internazionale a guida africana, Misma, un rappresentante delle Forze dell’Operazione Serval, un rappresentate del mediatore Blaise Compaoré e un rappresentate dell’Unione Africana
Dopo le elezioni presidenziali e entro 60 giorni dalla formazione di un nuovo governo, il nuovo esecutivo dovrà intavolare colloqui inclusivi con le comunità del nord, definire lo status istituzionale e amministrativo del Mali e dell’Azawad, riorganizzare le Forze Armate, elaborare strategie per lo sviluppo delle regioni settentrionali, promuovere la riconciliazione nazionale, il ritorno dei rifugiati e il rispetto dei diritti fondamentali. Nel testo dell’Accordo si fa esplicito riferimento all’Azawad, un’area di 80mila km2 la cui porzione maliana ingloba le regioni settentrionali di Kidal, Gao e Timbuktù
Dalla proclamazione di indipendenza nel 1960, la storia recente del Mali è stata segnata dall’irredentismo tuareg che ha dato vita a rivolte contro il governo di Bamako (1963, 1990 – 1995, 2006-2008) lamentando la marginalizzazione delle regioni settentrionali e rivendicando una maggiore rappresentatività politica, amministrazione decentrata, interventi volti a favorire lo sviluppo delle regioni del Nord e la smilitarizzazione del nord. Il 6 aprile 2012, il Movimento Nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) ha proclamato l‘indipendenza dello Stato dell’Azawad e ha preso progressivamente il controllo dei principali centri della regione, prima di essere sopraffatto dalle milizie islamiste. L’offensiva dei tuareg ha potuto avvantaggiarsi del ritorno dei combattenti che avevano servito per Gheddafi e del flusso di armi in uscita dalla Libia e della confusione istituzionale e politica causata dal colpo di stato militare che, guidato dal Capitano Sanogo, nel marzo 2012, ha destituito il Presidente in carica, Amadou Toumani Tourè e, dopo una breve parentesi di impasse politica di governo dei militari, ha portato alla designazione di Dioncounda Traorè come Presidente ad interim.
La minaccia di un’avanzata islamista in direzione di Bamako ha indotto le autorità maliane a chiedere l’intervento militare francese, concretizzatosi nel gennaio 2013 con l’avvio dell’Operazione Serval che in breve tempo ha portato a termine la riconquista delle tre regioni settentrionali di Timbuctu, Gao e Kidal.
Con il ritiro delle prime truppe francesi, le priorità della Comunità Internazionale sono divenute:
- la stabilizzazione della situazione sul territorio. Da qui la Risoluzione 2100 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha approvato la creazione di una forza di pace di 12600 uomini, la UN Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali, Minusma, da dispiegare in Mali entro il 1° luglio;
- il reperimento di fondi per rilancio dell’economia maliana con la Conferenza internazionale per il Mali tenuta a Bruxelles il 15 maggio dove i donatori hanno sottoscritto impegni per tre miliardi e 250 milioni di euro;
- il ripristino dell’autorità centrale sull’intero territorio maliano mediante elezioni legislative e presidenziali da tenersi su tutto il territorio nazionale il 28 luglio con eventuale ballottaggio previsto per l’11 agosto.
Da qui il nodo Kidal, riconquistata dai francesi a fine gennaio e tutt’ora amministrata dal Mnla. Per mesi, il Mnla, che considera Kidal come la capitale dell’Azawad, si è opposto al ritorno nel capoluogo dell’Esercito maliano, ufficialmente per timore di repressioni dei soldati per lo più neri e originari del sud ai danni della comunità tuareg. Un’accusa simile a quella lanciata dal governo di Bamako che ha denunciato “una pulizia razziale” contro le popolazioni nere condotta da elementi tuareg.
L’accordo raggiunto in Burkina Faso consentirà di tenere elezioni anche a Kidal ma una soluzione alla crisi maliana, e il successo dell’Accordo quadro, non può prescindere dall’affrontare temi quali la marginalizzazione e il sottosviluppo delle regioni settentrionali, lontane sia fisicamente che politicamente da Bamako, alla base delle croniche insurrezioni tuareg.

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