L'Intervista ad Alessandro di Battista

di Alessandro Bianchi

Alessandro di Battista, deputato del Movimento cinque Stelle e membro della Commissione affari esteri
- La peggior crisi sistemica dell'Europa dal secondo dopo guerra è multidimensionale: sociale, rispetto al tradizionale modello di Welfare, finanziaria, dell'euro come moneta unica, e di legittimità democratica delle istituzioni di Bruxelles. Quale aspetto ritieni più significativo?
"Tutti questi aspetti hanno secondo me un punto di contatto in quello che è oggi il problema principale dell'Europa: la partecipazione attiva dei cittadini. Questo anche in paesi tradizionalmente legati alla res publica come la Francia. La grave crisi demografica in atto - siamo il continente più anziano del mondo – acuisce poi il problema e determina quella predazione che stiamo subendo da un'oligarchia di tecnocrati e dal grande capitale. Se manca informazione e partecipazione ed i popoli si disinteressano dell'attività dei governanti, quest'ultimi subiscono il fascino dell'ingerenza altrui. Più si riduce il ventaglio delle persone che prendono decisioni, più aumenta la possibilità di corruzione e collusione con il sistema. Il governo Letta ne è l'esempio più emblematico, suddito com'è delle politiche nord americane e centro europee".
- Al momento però è la situazione del debito fuori controllo la principale preoccupazione.
"Bisogna capire che il debito non può strozzare la vita dei cittadini. Bisogna sedersi intorno al tavolo e chiarire come noi giovani spagnoli, portoghesi, italiani non abbiamo responsabilità sulle decine di miliardi di debito contratto e come non possa essere smantellato lo stato sociale per colpa della corruzione e dell'inettidune degli ultimi trent'anni. Bisogna avere il coraggio di dire che o si ridiscute il debito o noi non paghiamo, anche facendo riferimento ad una forma di cartellizzazione dell'Europa del sud. Del resto si tratta di un debito immorale e molto probabilemente anche criminale, perché è stato contratto da criminali come Berlusconi".
- Partita come una battaglia "eversiva" in pochi circoli, la discussione sull'uscita dell'euro ha assunto una consistenza politica sempre maggiore tra i paesi membri dell'eurozona. Nel suo ultimo post l'economista francese Jacque Sapir considera la fine dell'euro inevitabile e propone un nuovo Sme per gestire senza grandi traumi il periodo di transizione. Che ne pensi?
"Il Movimento cinque stelle propone il referendum sulla permanenza nell'euro. E' importante ricordare come il referendum non sia solo uno strumento decisionale, ma anche e soprattutto informativo e consente la creazione di un dibattito prima di prendere una decisione così importante. Devo essere sincero e dopo aver letto diversi contributi da parte di autori ed economisti con diverse opinioni non ho ancora maturato una mia personale convinzione, ma è giusto che la decisione sia affidata ad il popolo in piena autonomia. Del resto, ti sembra possibile che siamo entrati nell'euro senza chiedere il permesso al popolo italiano?"
- Nel novembre del 2011 l'ex primo ministro greco Papandreou aveva presentato l'idea di un referendum popolare sulla permanenza nell'euro prima dell'accettazione delle lacrime e del sangue imposte dalla troika. E non è durato molti giorni di più al potere. Ritieni che il Movimento cinque stelle avrebbe una forza maggiore verso Bruxelles in un suo eventuale governo e quanta sovranità è effettivamente rimasta ai governi nazionali della zona euro?
"La mia esperienza personale, guardando da vicino l'attività del governo Letta, mi porta a rispondere che di sovranità non è rimasta nulla: né sovranità energetica, per via delle politiche adottate negli ultimi anni, nè alimentare, né monetaria e nè decisionale. Del resto, nel momento in cui Letta disattende al Consiglio europeo tutto quello che viene chiesto dal Parlamento anche dagli stessi deputati del Pd non posso pensare altrimenti.
Io credo che rispetto ad un premier greco o irlandese, il M5s porti avanti un'immensa novità: nel momento in cui ci definiamo portavoce, non soltanto proviamo a fare gli interessi della collettività ma ci togliamo il rischio di sudditanza. Pensa ad esempio ad una nuova legge sul crimine organizzato: se a proporla è Alessandro di Battista, ci sono diversi modi per eliminarlo; ma se a portarla avanti è un portale di cittadini che partecipano attivamente, la rete, io sarei solo un garante, dipendente a realizzare un programma. E non si potrebbero eliminare tutti i suoi fautori.
- La democrazia diretta: il futuro inevitabile dell'occidente?
"E' evidente. Oggi si è ancora scettici di questo cambiamento epocale in corso. Ma come si era scettici nel 1789 che la democrazia rappresentativa potesse sostituire la monarchia assoluta. Poi due anni dopo a Varenne due contadini hanno intimato a Luigi XVI di tornare a Parigi e l'Europa non è più stata la stessa. Dei contadini che fermano il re, un momento storico che ha fatto cambiare l'Europa. Ecco un giorno vedremo la democrazia rappresentativa come oggi si vede la monarchia assoluta".
- Però la realtà attuale di Bruxelles sembra indicarci l'opposto. Prodi, Padoa-Schioppa e Monti non hanno nascosto come le crisi siano necessarie all'Europa per far accettare perdite di sovranità (e diritti sociali acquisiti si potrebbe aggiungere) non tollerabili dalle popolazioni in periodi normali. L'ex presidente dell'eurogruppo Juncker è arrivato addirittura ad affermare nel 1999 su Der Spiegel che l'iter decisionale a Bruxelles funziona così. Testuale. "Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo. Se non provoca proteste, nè rivolte, perchè la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti fino al punto di non ritorno". La strada è molto lunga per la democrazia diretta con questa classe dirigente in Europa.

"Quella di Juncker è una dichiarazione criminale. Storicamente le crisi economiche sono state risolte con una guerra o una colonizzazione. Oggi la guerra è estremamente complessa da portare avanti e la forza militare non basta più, come ha dimostrato la diplomazia di Putin con il caso della Siria. La forma di colonizzazione tradizionale, presente in alcune regioni del mondo attraverso l'azione delle multinazionali, è sempre minore per il controllo della rete e di diverse organizzazioni umanitarie.
Quella che si sta creando in Europa è però una nuova forma di colonizzazione ed i nuovi schiavi sono i cervelli del sud europa che vanno a migliorare la qualità del nord creando un circolo vizioso che distrugge i loro paesi di appartenenza: il debito si alza per il minor peso contributivo e la conseguente crisi demografica; per coprirlo poi quei paesi sono contretti a svendere i gioielli di famiglia. Non sono un complottista, anzi, ma credo che questo disegno non sia causale: delle menti si sono messe ad un tavolino e abbiano pensato al miglior modo per continuare ad arricchirsi sfruttando l'asservimento dei mezzi d'informazione.

La seconda parte dell'Intervista: http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=6&pg=5361

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