Tutto quello che devi temere con il TTIP è già stato sperimentato attraverso il NAFTA


di Mariangela Cirrincione
«L'accordo di libero scambio UE-Usa ancora non esiste, per questo la Commissione non ha le competenze per agire e l'iniziativa cittadina non può dunque sussistere» scrive l'ANSA il 15 settembre annunciando il respingimento, per motivi giuridici, dell'iniziativa di 148 organizzazioni di ben 18 Stati membri dell'UE per chiedere alla Commissione l'immediata interruzione dei negoziati che 'passo dopo passo'(!) costruiscono le basi solide del TTIP.

Per comprendere cosa si intenda in linee generali per Transatlantic Trade and Investment Partnership, per comprendere dunque perché organizzazioni delle più varie e di più Stati abbiano posto in essere tale richiesta, si rimanda all'articolo introduttivo del percorso di approfondimento che prosegue in questa sede occupandosi del 'programma' di ricomposizione delle controversie internazionali previsto dal TTIP.
A svolgere la parte del leone nell'ambito di quello che si configurerebbe come un “ordinamento esclusivo” ad uso di lobbies e multinazionali, è certamente la clausola ISDS (Investor state Dispute Settlemen). Essa garantirebbe ai colossi stranieri il diritto di ricorrere a tribunali commerciali privati, scavalcando dunque le corti nazionali, per contestare quelle azioni politiche poste in essere negli Stati ritenute 'colpevoli' – a loro giudizio – di limitare fortemente i potenziali profitti, anche quando tali azioni riservino ai cittadini solo maggiori tutele. A venir meno Bene Comune e benessere collettivo, declinabili nella cura della salute pubblica, dell'ambiente, nella buona gestione dell'energia, nella regolamentazione della finanza, nel buon governo del territorio...
Il “mancato guadagno”, conseguentemente, comporterebbe lauti legittimi risarcimenti che gli Stati dovranno esborsare ai cartelli prelevandoli dalle tasche dei contribuenti. Invero, poco di nuovo sul fronte: il meccanismo è già stato bell'e sperimentato nell'ambito di quello che appare oggi un neonato TTIP, il nordamericano NAFTA. È ad esempio fondata sull'appena citato accordo di libero scambio tra USA, Canada e Messico, la pretesa di risarcimento di 191 milioni di dollari della ditta Americana Lone Pine danneggiata dalla moratoria sul “fracking”, decisa dal Canada per evitare gravi rischi ambientali derivabili dalla tecnica di estrazione.
L'ingranaggio funziona anche in terra pan-europea, cosicché, ammonta a 3,7 miliardi di euro il risarcimento per mancati profitti richiesto nel 2012 dalla multinazionale svedese dell’energia Vattenfall al governo tedesco colpevole di avere fatto più di un passo in dietro sul nucleare dopo il disastro di Fukushima. L'ingranaggio funziona ancora in terre latine, cosicché, decidendo di congelare le tariffe dei servizi pubblici (energia, acqua ecc.) e di svalutare la moneta in risposta alla crisi finanziaria degli anni 2001-2002, anche la martoriata Argentina si è vista pervenire «ben 40 denunce di grandi imprese tra le quali: CMS Energy (US), Suez e Vivendi (Francia), Anglian Water (UK) e Aguas de Barcelona (Spagna). Alla fine del 2008 i risarcimenti da pagare ammontavano a 1,15 miliardi di dollari»(BIZZARRI).
Gran favor per gli investitori, un ordinamento parallelo ad uso esclusivo dei potentati, diritti (forse sì 'fondamentali'!) livellati “al minimo”, il minimo di 'civiltà' consentita dalla 'religione' superiore del denaro.

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