Putin deve prendere il controllo della Banca centrale russa per sconfiggere la speculazione dei mercati


di Cesare Sacchetti

Le guerre contemporanee si combattono con strumenti non convenzionali. Non appare più necessario per uno stato che abbia intenzioni bellicose verso un altro stato utilizzare strumenti simili alle armi di distruzioni di massa, in particolare quando queste non hanno la capacità destabilizzante di cui invece sono dotate gli attacchi valutari. Il recente caso dell’attacco valutario che è stato indirizzato alla Russia da la cifra di come gli speculatori, senza una bandiera o un paese al quale essere fedele, possano destabilizzare l’economia interna di uno stato, che a dar retta alla voce ufficiale dei media è più pericoloso della Germania Nazista. Non è solo questo ciò che interessa nel nostro ragionamento, ma per comprendere meglio le cause e gli effetti dell’attacco dei mercati internazionali alla Russia, occorre innanzitutto analizzare il tipo di attacco speculativo che è stato mosso alla valuta russa, il rublo.
Il rublo è la valuta ufficiale della Federazione Russa e la sua emissione è di monopolio esclusivo della banca centrale russa. Secondo l’art.75 della Costituzione della Federazione Russa la “Banca di Russia, ha il diritto esclusivo di emettere moneta, proteggere il rublo e garantire la sua stabilità.” La Banca centrale russa, secondo il suo statuto, gode di autonomia e di indipendenza dal potere esecutivo ed è libera di determinare la politica monetaria senza particolari influenze governative. Una struttura che ricalca abbastanza fedelmente l’indipendenza delle banche centrali dei paesi occidentali (dogma della dottrina neoliberista), che mettono al primo posto la stabilità dei prezzi e non il raggiungimento della piena occupazione tra i propri obbiettivi. Si è assistito nei mesi scorsi ad un massiccio attacco valutario da parte dei mercati nei confronti del rublo, che ha un cambio flessibile. Sostanzialmente gli speculatori hanno iniziato a vendere massicce quantità di rubli sul mercato dei cambi e questo ha comportato la svalutazione del rublo rispetto al dollaro.
Quando avvengono questo tipo di attacchi valutari ci sono due alternative a disposizione della banca centrale: o si difende il cambio sui mercati internazionali ricomprando massicce quantità della propria valuta attingendo alle riserve in valuta estera (dollari USA o euro) della banca centrale; oppure si lascia che il cambio fluttui liberamente e si svaluti nei confronti della valute estere. Nel caso di uno stato che ancori la propria valuta ad un’altra valuta estera – come avvenne per la lira e la sterlina nello SME legate ad una banda di cambi fissi con le altre valute europee e l’ECU, che non consentiva di fluttuare oltre il 6% rispetto alle altre valute, oppure come nel caso del peso argentino agganciato al dollaro USA negli anni’90 – la banca centrale sarà costretta a difendere il cambio fino a quando non prosciugherà le proprie riserve di valuta estera, con gravi effetti di destabilizzazione sui livelli occupazionali interni e sui tassi di interesse. Il rublo non è legato ad alcun cambio fisso, ma osserva un regime di cambi flessibili, e quindi questa condizione lo metterebbe al riparo da speculazioni come quelle di cui furono vittime la Gran Bretagna nel 1992, vittima degli attacchi di George Soros che iniziò a vendere tonnellate di sterline sui mercati e costrinse la banca centrale inglese a prosciugare le proprie riserve di valuta estera.
Un’operazione che fruttò un miliardo di sterline al magnate americano che molti ricordano come il “mercoledì nero” per la Gran Bretagna. La banca centrale russa, nonostante non sia vincolata ad un cambio fisso, ha deciso di difendere il rublo sui mercati internazionali e ha prosciugato le proprie riserve lo scorso anno per un importo pari a 100 miliardi di dollari, di cui 27 solo nel mese di ottobre. Una strategia che è servita a ben poco, se non a destabilizzare l’economia russa, che, nonostante gli interventi della banca centrale russa a sostegno del rublo, non ha potuto evitare una svalutazione della moneta russa che nel mese di ottobre scorso era scambiata a 40 rubli contro un dollaro e nel dicembre successivo era già arrivato a 56 rubli contro un dollaro. Chi scrive non prova particolare simpatia per gli speculatori, ma non può non riconoscere che questi sanno fare indubbiamente bene il loro mestiere. Se gli speculatori praticano un attacco di questa portata sui mercati valutari debbono essere a conoscenza delle reazioni e delle strategie che intraprenderà la banca centrale di quel paese - nel nostro caso la Russia - per poter essere certi di avere probabilità di riuscita. Uno speculatore raramente scommette contro una banca centrale e contro un paese che osservi un regime di cambi flessibili, in quanto potrebbe incorrere nel rischio concreto di gravi perdite.
Come ha osservato puntualmente il deputato della Duma Oksana Dmitrieva “la Banca centrale interviene spesso in modo caotico, cercando di difendere il tasso di cambio, proprio nel momento in cui non vi è alcuna possibilità di farlo. A volte , la BC cerca di intraprendere una politica di rafforzamento del rublo , così come è accaduto nel marzo-aprile 2014. Se guardiamo ai casi di speculazioni monetarie allora possiamo vedere che alcuni giocatori hanno accesso ad informazioni privilegiate. E’ chiaro che se si tenta di rafforzare il rublo e spendere riserve auree e valutarie nel tentativo di difesa della valuta , come è avvenuto nel 1998 e poi nel 2008 , allora questo può portare al crollo inevitabile del rublo ". Dunque qualcosa di più che una semplice allusione, ma una lucida analisi; qualcuno sui mercati internazionali ha avuto accesso a informazioni in merito al comportamento che poi avrebbe tenuto la Banca centrale russa, la quale attraverso la sua politica monetaria ha arrecato un grave danno all’economia russa. Non solo la difesa suicida sui mercati del rublo, ma un incremento eccessivo del tasso di interesse che rimane intorno al 14%. Ciò comporta un inevitabile aggravio per le imprese che vedono lievitare il costo del denaro a livelli troppo alti, e conseguentemente l’economia reale paga un pesante dazio alle manovre di politica monetaria della BC russa.
Il Presidente Putin segue da vicino le vicende della banca centrale e la sostituzione del numero due della massima autorità monetaria russa Ksenia Yudayeva, formatasi al MIT ( Massacchussets Institute of Technology) con Dmitry Tulin, economista del Moscow Financial Institute, potrebbe essere un segnale in questo senso, anche se il principio di indipendenza presente nello statuto impedisce interferenze del potere esecutivo nella gestione e nell’indirizzo della banca. E’ alquanto complicato stabilire se ci sia stato effettivamente del dolo da parte dell’amministrazione della BC nella gestione della crisi valutaria, ma per mettersi al riparo da attacchi di questo tipo in futuro, al Presidente Putin non rimane altra via che la gestione diretta da parte delle autorità governative della banca, così da poter indirizzare e gestire nella maniera più conforme alle strategie dell’esecutivo la politica monetaria della Russia.
Se Putin adotterà il modello di gestione della banca partecipata direttamente dal Ministero del Tesoro potrà essere più sicuro che in futuro non si svuotino le riserve della banca centrale inutilmente. La Russia in questo momento è sotto fortissime pressioni internazionali e le elite transnazionali che progettano e architettano i colpi di stato nel mondo, stanno cercando disperatamente di destabilizzare il clima politico della Federazione. L’abbandono del principio neoliberista di separazione tra banca centrale ed esecutivo potrebbe essere l’inizio per respingere gli attacchi speculativi. Non è mai conveniente imitare i modelli occidentali, non solo sotto l’aspetto della politica estera ma anche di quella monetaria ed economica.

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