La guerra delle sanzioni dà i suoi frutti: per l'Italia persi 1,2 miliardi di euro di export verso la Russia


di Eugenio Cipolla
E’ pesante il bilancio delle sanzioni alla Russia per l’Italia. Nel 2014, infatti, è calato del 17% l’interscambio commerciale tra Italia e Russia, con una perdita pari a 5,3 miliardi di euro rispetto al 2013 e con una contrazione del nostro export dell’11,6%, che tradotto in euro fanno 1,2 miliardi. I dati sono emersi oggi durante un incontro bilaterale dedicato alle relazioni commerciali tra Italia e Russia, organizzato a Napoli dall'associazione “Conoscere Eurasia” e dal “Forum economico internazionale di San Pietroburgo”.
Secondo la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, si è visto un crollo nel settore del tessile e abbigliamento (-16,4%), oltre che dei prodotti alimentari oggetto delle sanzioni (-38%). Un trend confermato anche all'inizio di quest’anno. A gennaio, infatti, le vendite italiane in Russia sono scese del 36,7%, mentre a febbraio si registra un -28,5%. «In poco tempo abbiamo bruciato anni di lavoro delle imprese italiane – ha sottolineato Antonio Fallico, presidente di Conoscere Eurasia e di Banca Intesa Russia - che aveva portato a un picco del +327% dal 2000 al 2013».
La perdita è determinata dalle sanzioni Ue e dalle controsanzioni russe dovute alla crisi Ucraina, oltre che dalla crisi economica e dalla caduta del rublo. «Le sanzioni contro la Russia hanno perso da tempo la relazione causa-effetto con l'Ucraina che oggi si trova vicino al default», ha detto, intervenendo all’incontro, l’ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov. «Chi pensava che il sistema sanzionatorio portasse benefici all'Ucraina e alla sua economia si deve ricredere. Le sanzioni devono essere annullate. Il loro proseguimento è frutto di un'inerzia politica che non ha più nulla a che vedere con la crisi ucraina».
Secondo il diplomatico russo, «le sanzioni hanno congelato o addirittura bloccato molti progetti importanti che avrebbero visto consolidare e aumentare i rapporti anche con l'Italia, come nel caso del South Stream. Ma questo non ci ha indeboliti. L'economia russa è robusta, anche se in Occidente si dice il contrario. Chi pensava di destabilizzare il Governo russo si è sbagliato, ed è giusto che si sappia. L'80% della società russa lo sostiene e condivide la sua politica anche economica».
Ma non c’è solo questo, perché proseguendo su questa strada l’Italia rischia di perdere quote di mercato consistenti a vantaggio di altre economie. A lanciare l’allarme ci ha pensato Sergey Belyakov, amministratore delegato del Forum economico internazionale di San Pietroburgo. «Le aziende italiane – ha detto - devono continuare ad investire e ad essere presenti in Russia. Il posizionamento acquisito da anni di relazioni commerciali e industriali deve essere mantenuto perché ci sono altri mercati pronti a subentrare nelle quote italiane eventualmente lasciate libere».
Per questo, è l’opinione di Belyakov, serve una nuova spinta al dialogo, «utile non solo per dare nuovo impulso ai rapporti commerciali, ma anche per far fronte all'immobilismo che si è creato a seguito della crisi globale che ha investito tutti i settori delle relazioni economiche, quelli colpiti dalle sanzioni ma soprattutto quelli non inglobati nelle misure restrittive».

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