Non regge la tregua in Ucraina. Il complice silenzio dell’occidente


di Eugenio Cipolla

Sui media occidentali negli ultimi giorni c’è un silenzio assordante circa quello che sta accadendo in est Ucraina. La versione ufficiale, quella del mainstream per intenderci, è che la tregua decisa a febbraio a Minsk sta reggendo, seppur con qualche sporadico episodio che vede sempre e solo i filorussi colpevoli di infrangere sistematicamente il cessate il fuoco. La realtà, al contrario, ci racconta tutta un’altra storia. Negli ultimi giorni i combattimenti si sono notevolmente intensificati e si è tornati a combattere su tutta la linea del fronte.
Da Luhansk a Donetsk, passando per Mariupol e Shirokino, nei pressi del Mar d’Azov, gli scontri tra l’esercito regolare e i miliziani filorussi proseguono senza sosta da una settimana abbondante. Solo nelle ultime 24 ore Kiev ha denunciato di aver perso cinque soldati, mentre i separatisti accusano l’esercito ucraino di aver infranto il cessate il fuoco almeno 55 volte, sparando colpi di mortaio e di artiglieria pesante sulle proprie postazioni.
Anche l’altro ieri a Donetsk è stata una notte di “passione”, con pesanti bombardamenti da parte dell’esercito regolare sui quartieri residenziali di Kievski e Kubyshev, che hanno causato diversi danno ad alcuni edifici, compresa una scuola. I filorussi hanno risposto con colpi di mortaio su Adiivka e Pesk, mostrandosi per nulla intimoriti dall’offensiva di Kiev. L’Osce, nel frattempo, continua a fare il proprio lavoro con fatica e imparzialità. Nelle scorse settimane gli osservatori della missione di monitoraggio non hanno solo avuto difficoltà ad accedere ad alcune zone controllate dai filorussi, ma si sono visti rimproverare dal governo ucraino per aver semplicemente reso noto che alcuni bombardamenti sulla linea del fronte erano stati compiuti dall’esercito regolare.
Ieri a Minsk si è riunito il gruppo di contatto sulla crisi ucraina. Il confronto, molto serrato e a porte chiuse, si è concluso dopo diverse ore di intensi colloqui. «Si sono compiuti notevoli progressi nel processo di riconciliazione», ha fatto sapere l’inviato russo. Mentre per Heidi Tagliavini, rappresentate dell’Osce al tavolo di confronto, «l’incontro è stato molto costruttivo. Abbiamo gettato le basi per una soluzione dei problemi». Della stessa idea sono anche i filorussi, con il premier dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk, Denis Pushilin, che ha parlato di «una nuova fase», auspicando che «il dialogo tra l’Ucraina, Donetsk e Luhansk continui ancora a lungo».
Le divergenze tra Russia e Ucraina, però, sembrano essere ormai incolmabili. Stamattina c’è stato un altro duello a distanza tra Petro Poroshenko e il capo della diplomazia russa, Serghei Lavrov. «L’Ucraina – ha detto il presidente ucraino durante un colloquio con il nostro ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni – non consentirà alcuna modifica agli accordi di Minsk», aggiungendo che «le sanzioni alla Russia dovranno essere rimosse solo quando saranno interamente rispettati i tredici punti dell’accordo di Minsk». La risposta di Lavrov non si è fatta attendere. Il ministro degli Estero russo, che già l’altro giorno aveva parlato di una volontà da parte dell’Ue di far sì che Kiev non rispetti gli accordi di Minsk, ha detto che sarebbe «un colossale e tragico errore da parte di Kiev tentare di riaccendere il conflitto in Donbass».
La situazione, insomma, non è delle più rosee e nelle ore che precedono il 9 maggio, giorno del 70esimo anniversario della vittoria sovietica sul nazismo, potrebbe esserci una nuova e violenta escalation del conflitto. Il tutto mentre l’Occidente continua a tacere, complice e forse consapevole del suo fallimento in una crisi che sembra non finire mai.

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