L’Ucraina è quasi in default ma il reddito di Poroshenko è cresciuto di sette volte


di Eugenio Cipolla

Quando la scorsa settimana la Rada ucraina ha approvato una legge che consentirà a Poroshenko di attuare una moratoria sul pagamento dei debiti esteri, in molti sono rimasti sorpresi. Questo nonostante Kiev sia notoriamente in una situazione economico-finanziaria prossima al default. Nelle casse dello Stato è rimasto poco o nulla. Un paio di giorni fa il gruppo di hacker filorusso “Cyber-Berkut” ha bypassato i server del ministero delle Finanze ucraino, pubblicando documenti delicati sullo stato in cui versano i conti del paese.

La situazione è seria, per non dire drammatica. Già nelle prossime settimane Kiev potrebbe ricevere la prima tranche di aiuti dall’Unione Europa (circa 600 milioni su 1,8 miliardi di prestito totale), mentre entro domani finirà di piazzare 1 miliardo di dollari in obbligazioni garantiti dagli Stati Uniti. Piccole boccate di ossigeno che, però, non basteranno al paese per risollevarsi. La guerra in Donbass costa tra i 5 e i 7 milioni di dollari al giorno e buona parte dell’industria carbonifera, che contribuiva per circa il 20% del Pil, è ormai sotto controllo dei filorussi.

Eppure in tutto questo, in un quadro che peggiora ora dopo ora, giorno dopo giorno, il presidente Petro Poroshenko nell’ultimo anno ha aumentato il suo reddito. «Ciò – secondo la Bbc, che ieri ha pubblicato un’interessante inchiesta – è avvenuto in un contesto di declino economico generale, causato dal conflitto in Donbass e dalle gravi difficoltà incontrate dalle aziende di Poroshenko in Russia e in Crimea». L’emittente del Regno Unito ha messo a confronto le dichiarazioni dei redditi del 2013 e del 2014 del presidente ucraino, avanzando più di un’ipotesi sui motivi di questo improvviso arricchimento.

Se nel 2013 Poroshenko aveva dichiarato un reddito pari a 51 milioni di grivne (2 milioni di dollari), nell’anno appena passato ha guadagnato quasi 369 milioni (poco meno di 17 milioni di dollari), arrivati dalla vendita di titoli, interessi su depositi e dividendi azionari. «Il confronto con il reddito assoluto – scrive Bbc nella sua edizione online – non è del tutto corretto, però, perché la grvina, a differenza della maggior parte delle valute mondiali, ha continuato a cadere per tutto lo scorso anno, stabilizzandosi solo di recente. Tuttavia questo non può spiegare il forte aumento dei ricavi del presidente ucraino».
Interpellato dalla Bbc, il servizio stampa di Poroshenko ha riferito che il presidente ucraino devolve interamente il suo stipendio in beneficenza. Vero o no che sia, questo aspetto potrebbe avere impatti negativi sul suo già calante consenso. Prima delle elezioni, infatti, il proprietario della Roshen, la diciottesima fabbrica dolciaria al mondo, aveva promesso di vendere le sue aziende. Cosa che ad oggi non ha ancora fatto e che potrebbe indurre gli ucraini ad aver beneficiato del suo ruolo per i suoi interessi personali.

«Poroshenko è e rimane uno dei più grandi oligarchi del paese e rischia di essere percepito come tale, come un presidente che favorisce gli oligarchi», ha detto Victor Nebozhenko, politologo e direttore di servizio sociologico “Barometro ucraino”. «L’economia è caduta a causa della guerra, il benessere della gente è diminuito e la sua condizione è cresciuta? La cosa potrebbe avere gravi conseguenze politiche», ha pronosticato l’analista.

La versione degli uomini vicini a Poroshenko è ovviamente opposta. «Il presidente non è impegnato negli affari delle sue aziende, anzi sta cercando di vendere tutto, in particolar modo la sua attività principale, cioè la Roshen. Tuttavia ci sono molte difficoltà: gli investitori non vogliono venire qui per le condizioni del mercato», ha detto il mese scorso Boris Lozhin, capo dell’amministrazione presidenziale, parlando con i giornalisti. In realtà qualche mese fa un’offerta per la Roshen era arrivata dalla Nestlé, colosso francese che in Ucraina possiede già la Svitoch, altro storico marchio ucraino dell’industria dolciaria. La cifra avanzata, però, circa un miliardo di dollari non ha soddisfatto Poroshenko, che inizialmente ne aveva chiesti 3. Così l’affare è andato in stallo e non se n’è più parlato.

Come non si è più parlato del suo impero mediatico-commerciale. Perché Poroshenko non si occupa solo di cioccolatini, ma ha importanti partecipazioni in numerose aziende alimentari, società automobilistiche, banche d’investimenti, compagnie di assicurazioni e in aziende che producono vetro e amido. Senza contare la proprietà di “Kanal 5”, una delle emittenti televisive più seguite nel paese, ed altre tv regionali a Kiev, Odessa e Drohobyc.

«Quando stavo cercando di vendere le mie attività in Russia – ha detto Poroshenko qualche settimana fa in un’intervista alla Bbc – i miei beni sono stati sequestrati dal governo russo. Non mi danno questa opportunità. Hanno confiscato le mie proprietà, cercando di mettermi pressione». Nel frattempo che lui prova a vendere, le sue aziende continuano a lavorare. Nella sola Kiev, la Roshen ha aumentato nove volte i suoi ricavi e ciò, scrive la Bbc, «si può vedere anche a occhio nudo, perché nelle strade della capitale i negozi di dolciumi Roshen sono aumentati». Più in generale, l’azienda dolciaria di Poroshenko nei primi quattro mesi del 2015 ha aperto 20 negozi, 14 dei quali nella capitale. E su un binario parallelo, hanno ricordato molti media, si muove anche la sempre crescente capacità finanziaria dell’International Invest Bank di Kiev, di suo padre Alexei e del suo socio Igor Kononenko. Insomma, niente male per uno che dice di non interessarsi alle sue aziende.

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