Piegando la Grecia, l'Ue cerca di rimuovere il desiderio dei popoli di ribellarsi ai suoi diktat attraverso le elezioni. Jacques Sapir


La notizia della rottura dei negoziati tra la Grecia e i suoi creditori questo giovedì 11 giugno non è né una sorpresa, né una novità, scrive Jacques Sapir sul sul blog RussEurope. Da un lato, si può pensare che questa sia più una sospensione dei negoziati che poi riprenderanno in pochi giorni ma, d'altra parte, è chiaro che vi è un disaccordo fondamentale sulla natura politica di tali negoziati.
La natura del disaccordo
Ciò che l'Unione europea sta cercando, attraverso l'Eurogruppo, è cauterizzare il precedente inaugurato dalle elezioni greche del gennaio 2015. Questo per dimostrare non solo alla Grecia, ma alla Spagna, all'Italia e alla Francia, che non si può "uscire dal quadro di austerità", come è stato organizzato dai trattati. Così l'importante non è tanto piegare la Grecia, o umiliare i suoi dirigenti (anche se alcuni leader europei sono di questa idea), ma rimuovere il desiderio dei popoli d'Europa a ribellarsi attraverso elezioni contro i diktat di Bruxelles e Francoforte.
Quello che cerca il governo greco è imporre una soluzione politica alla questione del debito, seguendo un percorso diverso rispetto all'austerità. Con una tale accordo e un programma di investimenti per la Grecia, il governo sarebbe disposto a fare concessioni di sorta sulle privatizzazioni e sulle pensioni. Ma affinchè queste concessioni abbiano un significato c'è bisogno di un accordo politico globale.
L'atteggiamento dell'Eurogruppo è ampiamente evoluto verso una trattativa che Yanis Varoufakis chiama una "guerra".
Accordi e disaccordi
Inoltre, si può essere tecnicamente molto vicini ad un accordo e politicamente molto lontani. I vari leader europei (Jean-Claude Juncker in primo luogo), i dirigenti tedeschi, chiaramente capiscono il problema. Essi non conoscono pienamente la determinazione del governo greco e di Tsipras. Questa determinazione si basa su diversi fattori:
La situazione in Grecia è drammatica, e il sostegno goduto dal primo ministro e il suo partito è così forte da incoraggiarlo a non indietreggiare. Se lo facesse, sarebbe un suicidio politico. Tsipras è giovane, sa di essere n simbolo, in Grecia o in Europa. Potrebbe fare concessioni in cambio di concessioni. Ma non ha alcun incentivo a rinunciare.
La Grecia ha molto meno da perdere dalla rottura rispetto agli oligarchi di Bruxelles, Parigi o Berlino. Un fallimento delle trattative porterebbe ad un default, e questo default comporterebbe probabilmente l'uscita dall'euro. Lo shock sarebbe importante per la Grecia, ma quest'ultima ritroverebbe rapidamente un percorso di crescita. Per contro, la zona euro molto probabilmente non resisterebbe. In queste condizioni, e a misura di tutto ciò che è stato investito politicamente e simbolicamente nell'euro, è chiaro che l'ipotesi di un default è più insopportabile per Francois Hollande, Pierre Moscovici, Matteo Renzi, anche Angela Merkel che per Alexis Tsipras.
Se consideriamo la questione da un'angolazione geopolitica è anche chiaro che gli Stati Uniti e l'Unione europea hanno molto più da perdere della Grecia. Una rottura tra la Grecia e l'Eurogruppo getterebbe il paese nelle braccia della Russia. La Grecia si potrebbe opporre al mantenimento delle sanzioni nel mese di luglio e potrebbe rivolgersi al duo russo-cinese per gli investimenti di cui ha bisogno. Le farneticazioni dei diplomatici europei a Bruxelles promettono di "fare la pelle" alla Grecia o Cipro, se questi paesi hanno modificato i loro campi sono solo declamazioni.
Il fallimento della strategia dell'Eurogruppo.
In realtà, è l'Eurogruppo, e la Germania al suo interno, che è alla ricerca di una strategia. Se desse ragione alla Grecia, accettasse una rinegoziazione globale del debito, con la cancellazione di una parte di questo, subito vedrebbe la Spagna, il Portogallo, l'Italia e forse anche l'Irlanda cercare condizioni simili a quelle che sono state concesse alla Grecia. Quindi mantiene la sua posizione intransigente e questo potrebbe portare ad un default greco e alla rottura della zona euro. Questo è ciò che spiega la natura caotica dei negoziati. In realtà è difficile per i negoziatori greci negoziare con persone senza strategia. Il problema è esaltato dalla situazione della Germania. Se il Cancelliere è consapevole del rischio di una politica intransigente, deve anche considerare il suo ministro delle Finanze, fortemente contrario all'idea di un accordo perché misura il prezzo sia in termini di perdita di credibilità della Germania nel campo della politica economica, ma anche - e forse più direttamente - in materia di bilancio. E' chiaro che, se l'Eurozona dovesse voltare le spalle alla politica dell'austerità, contribuire al finanziamento dei paesi dell'Europa meridionale esporrebbe la Germania a notevoli pressioni.
La negoziazione è più che mai incerta. Occorre capire che in questa trattativa intervengono sia motivazioni politiche che economico. Vi è anche la dimensione geopolitica e vediamo qui che gli Stati Uniti, a causa della logica della guerra fredda che cercano di imporre nei confronti della Russia. hanno interesse a mantenere la zona euro e l'Unione europea.

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