Tre questioni per capire meglio la crisi in Crimea e le sanzioni contro la Federazione Russa


di Achille Lollo

A partire dal 16 marzo del 2014, quando nella Crimea fu realizzato il referendum popolare per regolamentare l’annessione della Repubblica Autonoma di Crimea alla Federazione Russa, gli Stati Uniti e i rispettivi paesi membri dell’Unione Europea, hanno iniziato una campagna politica e mediatica per il non riconoscimento del risultato del suddetto referendum popolare.

Un referendum che, nonostante il boicottaggio di una parte della minoranza tatara rappresentata dal partito Meilis, è stato votato dall'83,1% della popolazione della Crimea, che con 96,77% si manifestò a favore del ritorno istituzionale della Crimea allo status del 1921, quando fu costituita la Repubblica Autonoma di Crimea. Il risultato del referendum implicava l’immediata separazione dall’Ucraina e l’annessione alla Federazione Russa. Atto che fu legittimato il 20 marzo del 2014 con la creazione del Distretto Federale della Crimea comprendente la Repubblica Autonoma di Crimea e la citta federale di Sebastopoli.

L’annessione alla Federazione Russa, omologata con un documento giuridico firmato da Sergei V. Aksenov, primo ministro della Crimea, Vladimir Konstantiunov, presidente del Consiglio Supremo della Crimea, Aleksej Calvi, sindaco di Sebastopoli e Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa, fu il movente giuridico delle sanzioni economiche che il Presidente degli USA, Barak Obama, in combutta con il primo-ministro tedesco, Angela Merkel, imposero alla Federazione Russa penalizzando soprattutto i paesi europei. Per esempio, gli esportatori italiani, fino ad oggi hanno perso più di 3 miliardi di Euro tra esportazioni proibite e l’annullazione di contratti (già firmati) e annullati a causa delle sanzioni.

Bisogna ricordare che il problema della Crimea nasce nel novembre del 2013 con il cosiddetto “Euro Maiden-Rivolta di Kiev”, che in realtà fu un il colpo di stato manovrato dalla CIA e dai servizi di intelligenza della NATO per cacciare il presidente Viktor Yanukóvich, eletto democraticamente il 25 febbraio 2010. A febbraio del 2014 questa operazione ha avuto successo con la destituzione di Yanukóvich e l'ascesa dei neo-nazisti dichiarati di Settore Destro in posizione chiave di potere.

1ª Questione: Evoluzione degli effetti giuridici Istituzionali del 1920, 1921, 1937, 1954 e 1995

Nel 1920 si realizzava la definiva vittoria del governo bolscevico che proclamava l’URSS (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa), che in seguito sarà riconosciuta a livello internazionale.
Nel 1921, i responsabili politici della Repubblica Autonoma di Crimea richiedevano l’annessione all’URSS e a partire da quella data la Crimea ha fatto parte a pieno diritto lo stato sovietico.
Nel 1927 il Plenum del Soviet Supremo redigeva la legge costituzionale nº 33, secondo cui: “…qualsiasi modificazione territoriale all’interno dell’URSS o per eventuale adesione sarà considerata valida soltanto con la realizzazione di un referendum popolare…”.
Nel 1954, l’ex Segretario generale del PCUS, Nikita Sergeevič Chruščёv, per consolidare il nuovo gruppo di potere dopo l’epopea stalinista, “offri” la Crimea al presidente della nuova Repubblica Socialista Sovietica di Ucraina. Ufficialmente questa donazione - che contrariava l’articolo 33 della Costituzione - fu giustificata dal Presidium del Soviet Supremo dell’URSS “…per commemorare il 300º anniversario del trattato di Perejaslav con il quale la Riva sinistra ucraina, cioè il territorio ucraino a oriente del fiume Dnepr, scelse di unirsi alla Russia….”

Nel 1992, con la definitiva dissoluzione dell’URSS e la creazione della repubblica di Ucraina si riapre il problema della penisola di Crimea che rivendicava il suo antico status di Repubblica Autonoma, conquistato nel 1921 dal momento che la “donazione” realizzata da Nikita Chruščёv, non aveva più valore giuridico poiché l’URSS e la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina erano state dissolte. Cioè con la nuova Repubblica di Ucraina non esistevano più presupposti politici e giuridici dell’URSS.
Nel 1995, il contenzioso giuridico e diplomatico che opponeva la penisola di Crimea, l’Ucraina e la nuova Federazione Russa fu parzialmente risolto permettendo che la storica Repubblica Autonoma di Crimea tornasse a esercitare il suo ruolo istituzionale nella penisola della Crimea, lasciando al governo uraniano di Kiev il ruolo di rappresentanza. Infatti, il governo di Kiev, pur non accettando una soluzione di federalista, permetteva che la Crimea continuasse ad essere politicamente autonoma, mentre dal punto di vista linguistico e culturale continuava russa. Le uniche esigenze dell’Ucraina furono il bilinguismo per i nomi delle strade e delle piazze!
Comunque il punto principale di questo accordo fu di ambito militare e geostrategico, secondo cui l’Ucraina garantiva che:” …le basi militari della Crimea, in particolare il porto di Sebastopoli, non sarebbero “mai” state usate per minacciare o attaccare la Federazione Russa…”.

2ª Questione: Rottura degli accordi sulle fornitore di gas russo

Nel 2006 e 2007, con la cosiddetta “Rivoluzione Arancione” i leader della destra Viktor Yushchenko e Yulia Timoshenko, abbindolati dagli intermediari delle multinazionali americane e tedesche cominciano a mettere in dubbio l’efficienza del gasdotto della Gazprom e la necessità delle forniture di gas russo, aprendo, in questo modo una grave crisi con la Federazione Russa. il compito del nuovo governo presieduto da Viktor Yushchenko e controllato dal clan dell’oligarca Yulia Timoshenko, fu quello di annullare i tre presupposti (istituzionale, economico e geostrategico) che nel 1995 avevano permesso la permanenza della Repubblica Autonoma di Crimea all’interno della repubblica di Ucraina.
In seguito, la crisi si aggraverà con il non pagamento da parte del nuovo governo ucraniano di Yulia Timoshenko e poi con quello di Viktor Yushchenko, che nel 2014, che si rifiutò di rinegoziare con la Russia il debito accumulato, minacciando di cancellare anche il “diritto di transito” del gasdotto che trasportava il gas russo ai paesi europei.
Non fu una semplice casualità ma il presidente degli USA, Barack Obama, con l’aggravamento della crisi tra il governo ucraniano e quello russo sbarcava a Bruxelles proponendo all’Unione Europea di sostituire il gas russo con quello americano (cracking gas) nell’ambito dell’implementazione del TTIP (Trattato di libero scambio tra USA e Europa), nonostante quest’ultimo costasse cinque volte di più!
I negoziati tra Ucraina e Russia ricominciarono solo quando i paesi europei promisero a Viktor Yushchenkoch speciali” aiuti finanziari compensatori”.

3ª Questione: La questione geostrategica

Nel novembre del 2013, il clan di Yulia Timoshenko, coordinato con Victoria Nuland, vice-segretaria di Stato con l’incarico speciale delle relazione tra gli USA e l’Europa, facevano esplodere la Rivolta di Kiev (Euro Maiden), ricorrendo a moderne tecniche golpiste con l ‘uso di gruppi paramilitari nazi-fascisti, appoggiati dalla “grande stampa” e, soprattutto dalle strutture di intelligence della CIA e della NATO.

Di conseguenza il nuovo governo ucraniano di “salvazione nazionale”, rimuoveva tutti i comandanti e gli alti ufficiali considerati filo-russi dalle unità speciali, dai posti di comando delle basi navali e dai centri di comunicazioni localizzati nella penisola di Crimea. Un’operazione che si realizzava nel momento in cui il generale Philip Breedlove, capo del contingente degli Stati Uniti nella NATO, in occasione del German Marshall Fund (21 marzo 2014) dichiarava ufficialmente che “…la Russia si preparava a invadere l’Ucraina con 100.000 soldati…”. Con questo clima di conflittualità latente, le “eccellenze della NATO iniziavano conversazioni segrete con il nuovo governo di Kiev sull’uso delle basi militari in Crimea da parte della NATO, quando l’Ucraina sarebbe divenuta membro dell’Unione Europea.
Per cui la promessa fatta dagli emissari dell’Unione Europea al nuovo governo ucraino – e poi riconfermata dalla nuova responsabile per le relazioni internazionali dell’Unione Europea, l’italiana Federica Mogherini, in pratica si muoveva su due vertenti: a) quella economica che nell’ambito del TTIP prevedeva favorire la vendita del gas degli Stati Uniti ai paesi Europei al posto del gas russo (nonostante questo costasse molto meno); b) quella strategica che dava alla NATO l’opportunità di occupare le basi navali e i centri di comunicazione della Crimea, collocando, in rischio tutto il sistema di difesa strategica della Federazione Russa.
Poi per incendiare ancor più questo scenario nel 2014, Yulia Timoshenko, la storica leader della destra ucraniana, in una telefonata a Nestor Shufrych, all’epoca vice-segretario del Consiglio di Difesa, gli dava la seguente direttiva” …gli ucraniani devono prendere le armi e uccidere questi maledetti russi…- sottolineando – questi otto milioni di russi che stanno in Ucraina dovrebbero essere morti con le armi nucleari…”
Dopo questa telefonata — che fu registrata e pubblicata su Twitter — la crisi divenne definitivamente irreparabile con la Crimea che decise di realizzare il referendum popolare, mentre nel Donbass scoppiò la guerra civile che tuttora continua.

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