Renzi-lavoratori del Colosseo: reato di democrazia "in senso stretto"


La reazione del governo Renzi contro l'assemblea sindacale al Colosseo, regolarmente convocata e autorizzata per discutere dei salari accessori non pagati, della mancata apertura della trattativa per il rinnovo del contratto e di altre questioni inerenti i rapporti di lavoro, ha aperto scenari di un'epoca storica che pensavamo finita. Lo scrive Lidia Undiemi su il Fatto Quotidiano.
“Quanto accaduto non va sottovalutato, e devono pesare come un macigno le assurde dichiarazioni della sottosegretaria di Stato ai Beni culturali e al turismo Francesca Barracciu che in un tweet ha ricondotto l’agire dei lavoratori ad una ipotesi reato, salvo poi improvvisare un maldestro tentativo di ridimensionamento della portata dell’affermazione con “reato in senso lato”, scatenando giustamente le reazioni degli utenti di twitter (è stato immediatamente creato l’hashtag #reatoinsensolato). Che figuraccia per il Paese.
Ricordiamo al governo che il reato di sciopero è lo strumento fascista attraverso cui il Regime, anche attraverso l’imposizione di un sindacato unico, ha legittimato la repressione della libera manifestazione del conflitto in un’ottica anticlassista.”, conclude Lidia Undiemi.

“Reato in senso lato” un po' come “giocatore di cavallo in senso lato” nel famoso film di Steno “Febbre da Cavallo” in questo duetto memorabile tra Montesano e Proietti. Se non fosse che stanno distruggendo il nostro futuro, il nostro paese e i diritti sociali conquistati dopo decenni di lotte, ci sarebbe da ridere a immaginare alla Barracciu pensare in parallelo a Montesano. Ma è sottosegretaria di Stato ai Beni culturali e non c'è nulla da ridere.



Ovviamente non mi soffermo sulla pretesa di Renzi – che oscilla fra il comico e il grottesco – di far credere che la cultura italiana rischi di essere messa in ginocchio da qualche ora di fila davanti al Colosseo per una protesta dei lavoratori.
Quello che su cui bisogna seriamente riflettere è l’idea di immagine e di difesa del Paese che viene trasmessa dalle dichiarazioni del presidente del Consiglio e di altri importanti esponenti politici, ossia che in gioco non vi è un confronto fra lavoratori e datore di lavoro ma un attacco dei lavoratori agli interessi del Paese.
I lavoratori non hanno mica agito contro lo Stato, questo deve essere chiarito senza alcun equivoco. Essi hanno utilizzato strumenti legittimi per rivendicare dei diritti nei confronti del proprio datore di lavoro. Si è trattato di una manifestazione del conflitto di classe riconosciuto dalla Costituzione, dalle leggi e dalla contrattazione collettiva che ne sanciscono poteri e limiti. Negare la natura intrinsecamente conflittuale di tale rapporto significa ragionare fuori dai binari costituzionali, entro cui, invece, la libertà sindacale (art. 39 Cost.) rappresenta un pilastro del nostro modello democratico di relazioni sociali, con un forte riconoscimento dello sciopero (art. 40 Cost.) come principale strumento di rivendicazione.
Semmai è il disconoscimento del conflitto di classe ad andare contro il Paese.
Per tutte queste ragioni, l’attacco politico all’esercizio dei diritti dei lavoratori costituzionalmente garantiti e legittimamente esercitati è inammissibile.

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