Il ricatto del FMI all’Ucraina:«Riforme o smettiamo di aiutarvi»


di Eugenio Cipolla

Dei rischi che l’Ucraina sta correndo, sul fronte degli aiuti economici da parte del Fondo Monetario Internazionale e dei suoi partner, ne avevamo già parlato ieri, citando fonti bene informate dell’organismo presieduto da Cristine Largarde. Oggi la conferma di quanto avevamo scritto è arrivata proprio dalla diretta interessata, che in comunicato diffuso alla stampa ha messo in guardia le autorità ucraine sullo stallo politico-istituzionale che sta bloccando il Paese.
«Senza un nuovo sostanziale sforzo per rinvigorire le riforme della governance e combattere la corruzione – si legge nella nota diffusa da Washington - è difficile immaginare come il programma sostenuto dal Fmi possa continuare e avere successo. L'Ucraina – ha continuato Lagarde - rischia un ritorno al modello di politiche economiche fallimentari che ha afflitto la sua storia recente. E' fondamentale che la sua leadership agisca ora per mettere il paese su un percorso promettente di riforma».
Parole dure e dirette, che a molti sono suonate come un ultimatum a Petro Poroshenko e tutto il gruppo dirigente post-Maidan. Ora per la leadership ucraina la strada si fa veramente in salita, perché Poroshenko&co., oltre a quanto già descritto, devono affrontare altri due scenari economici piuttosto complessi. Il primo riguarda il debito di tre miliardi che Kiev ha nei confronti della Russia, per il prestito concesso poco prima della caduta di Viktor Yanukovich. Mosca per adesso ha evitato il ricorso a un Tribunale internazionale (che sancirebbe il default dell’Ucraina), aprendo al dialogo. Così la Germania di Angela Merkel, fiutando l’apertura di uno spazio, si sta pian piano ritagliando il ruolo di mediatore nella vicenda e sta facendo pressioni sull’Ucraina affinché saldi il suo oneroso debito.
«La Germania – ha scritto Bloomberg stamattina, citando fonti vicine ai negoziati tra i due paesi – ha chiesto all’Ucraina di avanzare una nuova proposta alla Russia su come risolvere la controversia legata al debito di tre miliardi di dollari». Diversi analisti, interpellati dall’agenzia stampa ucraina Unian, hanno fatto notare che un accordo sarebbe vantaggioso per entrambe le parti: sia per la Russia, che non perderebbe 3 miliardi di dollari, sia per l’Ucraina, che conquisterebbe una certa credibilità sui mercati internazionali. Ieri il tasso di interesse delle obbligazioni ucraine in scadenza nel 2019, emesse nell’ambito del processo di ristrutturazione, è balzato sopra il 12% subito dopo l’apertura (a un tasso base del 7,75%). Un costo eccessivo per un paese che mira a risanare il più in fretta possibile i propri conti disastrati.
E siccome piove sul bagnato, a peggiorare ancor di più la situazione, per l’Ucraina potrebbero esserci gli effetti nefasti della guerra commerciale con la Russia. Secondo alcuni analisti di UniCredit Bank, infatti, ammonteranno a circa 1 miliardi di dollari le perdite derivate dai mancati proventi nel settore dell’export a causa della crisi diplomatica con Mosca. In un rapporto dell’istituto di credito, si legge che questo è dovuto sia allo stop del commercio con la Russia, sia alla caduta dei prezzi per le materie prime. In particolar modo, a causa del calo delle fiducia nei consumatori della CSI, i ricavi ucraini sono scesi da 16 miliardi di dollari nel 2013 ad appena 7,6 miliardi nel 2015. Un dimezzamento davvero significativo, che sicuramente non ha fatto a un’economia ormai in crisi irreversibile.

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